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"Il voto e l'Europa", di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini

Le elezioni politiche di domani e dopodomani sono influenzate dalla recessione in cui si trova l’economia e potrebbero provocare effetti imprevedibili sui futuri rapporti tra l’Italia e l’Europa. Oggi assistiamo ad una situazione paradossale poiché l’euro si sta rivalutando nei confronti del dollaro e dello yen, mentre l’economia continua a ristagnare. Questo fenomeno è la conseguenza delle politiche monetarie nettamente espansive praticate negli Stati Uniti e in Giappone e sta penalizzando i paesi meno competitivi del sud Europa aggravandone le difficoltà.
In Italia è la prima volta che circa la metà della popolazione si trova su posizioni antieuropee. Infatti, se diamo per buoni gli ultimi sondaggi, vediamo che le forze che rappresentano posizioni fortemente critiche verso l’Europa a guida tedesca hanno un consenso paragonabile a quello delle forze europeiste costituite dal Pd e dalla Lista Monti. La coalizione di centrodestra, il Movimento a 5 Stelle e Rivoluzione Civile sono aggregazioni incompatibili le quali, però, riscuotono il favore di un gran numero di cittadini contrari ad un’Europa autolesionista, fonte di povertà e disoccupazione.
Occorre perciò cambiare strada per salvare il progetto della moneta unica e per rilanciare un’Europa integrata e solidale che sia in grado di garantire benessere e giustizia sociale. Ma per far questo è necessario che si formi una larga alleanza di paesi su obiettivi condivisi, che comprenda l’Italia, la Spagna e la Francia, la cui economia è in netto peggioramento. Crediamo che questa alleanza debba avere le seguenti priorità.
1. La modifica dello statuto della Banca centrale europea che permetta in modo automatico l’acquisto dei titoli pubblici dei paesi in difficoltà
e che consenta anche di intervenire sul mercato delle valute.
2. L’aggregazione dei debiti dei paesi europei per proteggere gli stati in difficoltà dagli attacchi della speculazione finanziaria e per porre fine alla concorrenza distruttiva che avvantaggia le aree forti e penalizza quelle meno competitive.
3. L’abolizione del fiscal compact che sancisce l’obbligo del pareggio di bilancio e, inoltre, il lancio degli Eurobond per finanziare un grande piano per la crescita e l’occupazione. Il fiscal compact è un trattato di diritto internazionale che si trova in contrasto con il Trattato di Lisbona del 2009, il quale recepisce alla lettera il Trattato di Maastricht e consente di raggiungere un rapporto tra deficit e Pil pari al 3%. Per questo motivo, al fine di garantire l’applicazione del fiscal compact,
è stata necessaria una frettolosa modifica della Costituzione, in Italia come in altri paesi europei. Ma in tal modo non sarà possibile attuare quelle politiche economiche espansive che oggi sono necessarie per avviare un nuovo ciclo di crescita e per poter risanare le finanze pubbliche.
4. Sarebbe inoltre necessaria la creazione di quattro dipartimenti centrali del Tesoro, della Difesa, degli Affari Esteri e della Giustizia, sull’esempio di quanto fu fatto nella Federazione Americana alla fine del 1700.
Se l’Europa non cambia strada e non esce dalla paralisi che la attanaglia, sarà molto difficile che possa sopravvivere sia alle tensioni interne – oggi la disoccupazione ha superato il 25% in Grecia e in Spagna e continua ad aumentare negli altri paesi – sia agli attacchi della speculazione finanziaria, sia al paradosso di una moneta che si sta rafforzando mentre l’economia non accenna a migliorare.

La repubblica 23.02.13