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“Misura e senso di responsabilità” l’appello di Napolitano ai partiti, di Umberto Rosso

Dal Capo dello Stato no a “categoriche determinazioni di parte”

Raccomanda «misura, realismo e senso di responsabilità ». Chiede di evitare «premature categoriche determinazioni di parte». E si riserva «ogni autonoma valutazione» quando dopo la consultazioni si tratterà di affidare l’incarico di governo. Tirate le somme, insomma, deciderà lui in piena libertà. Giorgio Napolitano, appena rientrato dalla difficile missione in Germania, lancia un forte richiamo ai partiti impegnati in uno scontro durissimo alla ricerca di una maggioranza che non si intravede. Si rivolge a tutti, però nel mirino del capo dello Stato sembra esserci da un lato il braccio di ferro dei grillini e dall’altro le parole di Bersani, che si è candidato a guidare il governo con un esecutivo di minoranza e chiudendo la porta a larghe intese col Pdl. Dietro le quinte, il capo dello Stato nei suoi colloqui riservati con tutti i leader politici, condotti al telefono anche durante la visita a Berlino, aveva raccomandato calma e gesso, per evitare di restringere con ipotesi secche ed esclusioni “a tavolino” un sentiero per la nascita del governo che è già strettissimo. Ma visto che l’invito non è stato raccolto da tutti, ecco che il capo dello Stato lancia un avvertimento pubblico, decidendo di intervenire apertamente per fermare la rincorsa a candidature, autocandidature e scenari in libertà.
«Al mio rientro dalla Germania – si legge dunque nella nota ufficiale del Quirinale – ho potuto prendere meglio visione delle prese di posizione apparse sulla stampa italiana in ordine alle prospettive post elettorali». Sono state affacciate, sia da analisti e commentatori sia da esponenti politici, «le ipotesi più disparate circa le soluzioni da perseguire». Napolitano ribadisce «attenzione e rispetto» per ogni libero dibattito. Però, «nel riservarmi ogni autonoma valutazione nella fase delle previste consultazioni formali con le forze politiche rappresentate in Parlamento», ecco la raccomandazione che il capo dello Stato si «permette» di avanzare a tutti i soggetti politici in campo: «Misura, realismo, senso di responsabilità anche in questi giorni dedicati a riflessioni preparatorie ». C’è un dovere sopra ogni altro, che vale per tutti: «Salvaguardare l’interesse generale e l’immagine internazionale del Paese, evitando premature categoriche determinazioni di parte ». E quanto il rischio caos possa minare la credibilità del nostro paese, il capo dello Stato lo ha appena verificato di persona in Germania, con giornali e alcuni leader politici scatenati contro i «due clown» Grillo e Berlusconi. Dunque l’invito di Napolitano è di non andare al muro contro muro, di cercare soluzioni ampie e senza formule precostituite, in questi giorni di trattative che precedono le consultazioni al Quirinale (e che potrebbero essere anticipate di qualche giorno, già lunedì 18 marzo, se le Camere si insedieranno prima). Peraltro, con un rebus “formale” ancora da sciogliere sulla presenza di Grillo nella delegazione del M5S che salirà al Colle, visto che il capo dello Stato ascolta i capigruppo, e il leader del movimento non è nemmeno parlamentare. Ma, a richiesta, il Quirinale non chiuderà la porta al capo del movimento che ha incassato otto milioni di voti.
Parole, quelle del presidente della Repubblica, accolte con soddisfazione dal Pdl. «Un saggio richiamo al realismo», le definisce il capogruppo al Senato Gasparri. Polemico Antonio Ingroia: «Un appello che rischia di essere tradotto dai partiti in un invito al governissimo, ad un ennesimo inciucio».

da la Repubblica

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“I paletti del Colle per l’incarico. Non esistono governi di minoranza. La maggioranza deve essere vera”, di Francesco Bei

Altrimenti un esecutivo del presidente. Bersani: niente inciuci. E di un esecutivo che non si regga sulle assenze o sui voti dati caso per caso.
Rientrato dalla Germania, Giorgio Napolitano ha iniziato a ragionare su come uscire dalla palude del risultato elettorale, con le tre forze principali — M5S, Pd e Pdl — quasi impossibili da coalizzare e l’una contro l’altra armate. L’imperativo comunque è riuscire nell’impresa, senza accedere minimamente all’ipotesi di tornare al voto, perché «un governo bisogna farlo». Così, nelle conversazioni di queste ore, il Presidente sta intanto mettendo nero su bianco i (pochi) punti fermi che guideranno la sua azione nella nuova fase che si apre. Intanto c’è da affrontare la questione Bersani. In quell’invito a evitare «premature categoriche determinazioni di parte», rivolto ieri a tutto l’arco politico, Napolitano in realtà ha voluto farsi intendere soprattutto dal Pd e da Grillo. Il monito era indirizzato al leader di M5S per i suoi anatemi contro tutto e tutti. Ma anche a Bersani, per via della direzione di mercoledì prossimo, che rischia di restringere troppo il perimetro d’azione del Quirinale con un voto che vincolerà il Pd su un no assoluto alla collaborazione con Berlusconi.
Dunque Bersani. Il capo dello Stato non esclude affatto di potergli affidare in prima battuta, in quanto leader della coalizione di maggioranza alla Camera, il compito di formare il governo. Sarebbe in quel caso un «governo di scopo», che per Napolitano dovrebbe avere essenzialmente due obiettivi: 1) garantire gli impegni e la permanenza dell’Italia nell’Unione europea; 2) riformare la legge elettorale. Ma se Bersani, bloccato dal veto di Grillo&Casaleggio e chiuso alla collaborazione con il Cavaliere, non dovesse farcela, cosa accadrebbe? Il segretario del Pd non potrebbe sciogliere la riserva e Napolitano non lo manderebbe a schiantarsi a palazzo Madama a fari spenti. A quel punto l’incarico passerebbe a un altro. Niente nomi naturalmente, ma al Colle si usa una formula precisa: sarebbe «un governo del Presidente a responsabilità parlamentare». È questa la vera carta di riserva.
Se al Quirinale Napolitano si prepara ad affrontare la curva più pericolosa del suo settennato, al quartier generale democratico anche Bersani è consapevole di giocare la partita della vita. «So bene che la strada è stretta — confida agli amici il leader democratico — ma deve essere chiaro che il mio partito con Berlusconi non ci sta. Punto. Un governo sostenuto da noi insieme al Cavaliere sarebbe disastroso per la nostra gente: siamo davanti a una crisi sociale fortissima e servono risposte radicali. L’agenda parlamentare che si apre deve tenerne conto». Insomma non è più il tempo di compromessi al ribasso con il Pdl, come quelli defatiganti che hanno impegnato Monti sul ddl anticorruzione. E proprio la questione morale – con lo scandalo dei tre milioni all’ex senatore Sergio De Gregorio – è l’esempio più eclatante con cui Bersani spiega in queste ore ai suoi interlocutori, fuori e dentro il partito, perché sia «impossibile» trovarsi sulla stessa sponda del Pdl: «Sui giornali è emerso un caso clamoroso di corruzione parlamentare che portò alla caduta del governo Prodi e adesso, in questo Parlamento, c’è una maggioranza per portare a casa una doverosa e severa legge anticorruzione. I CinqueStelle la vogliono fare? O vogliono perdere questa occasione? ». E se la propaganda grillina insiste sul fatto che il Pd poteva pensarci prima, il segretario s’inalbera: «No, la maggioranza prima ce l’aveva Berlusconi! Vogliamo passare dalle parole ai fatti? Questa legge possiamo farla subito». Dunque in direzione, mercoledì prossimo, Bersani presenterà un piano di governo e la legge anticorruzione sarà il punto numero uno. «Tutti — ripete ai collaboratori — si devono togliere dalla testa che noi facciamo l’inciucio. Anche perché comunque si tornerà al voto in tempi brevi e noi la pagheremmo tantissimo ». Anche Napolitano, impegnato a trovare una maggioranza, «dovrà capire che noi con il Pdl comunque non ci andiamo ». E su questa barricata Bersani trova anche Nichi Vendola e Bruno Tabacci a dargli man forte. Intanto non se ne sta con le mani in mano. Circola infatti la voce che sarebbero in campo almeno setto-otto “pontieri” per trovare un dialogo con Grillo.
Se finora tutti hanno dato per scontato un appoggio dei senatori centristi a un governo guidato dal Pd, da ultimo anche Mario Monti ha iniziato a chiarirsi le idee su come procedere. Il leader di Scelta Civica resta in silenzio ed evita accuratamente di mettersi nella linea di tiro di Grillo o di Berlusconi. Ma una cosa il Professore, nell’ultima riunione del gabinetto di Scelta Civica, se l’è lasciata sfuggire: «Non è affatto detto che daremo la fiducia a un governo Pd-Grillo». Insomma, «non c’è nulla di scontato».

da la Repubblica