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Bersani incassa il sì del Pd «Non c’è un piano B», di Simone Collini

Incassa il sì all’unanimità dai membri della Direzione Pd (con un’astensione) e poi telefona a Giorgio Napolitano per illustrargli di persona gli otto punti che intende realizzare guidando un «governo di combattimento». Pier Luigi Bersani inizia a realizzare il piano che aveva illustrato all’indomani del risultato elettorale. Il primo passo era un mandato pieno del suo partito per andare a chiedere l’incarico al Quirinale. E questo, anche grazie all’assenza di riferimenti alle urne anticipate e a toni ultimativi, è arrivato puntuale (nonostante delle assenze che si sono fatte notare, come quelle di Matteo Renzi e di Walter Veltroni).
Ora la partita entra nel vivo, ma anche Bersani muove il primo passo ribadendo la «fiducia» nell’operato del Capo dello Stato, torna a più riprese anche sull’indisponibilità a qualunque operazione che coinvolga il Pdl. «Non sono praticabili accordi di governo con la destra berlusconiana», sottolinea il leader Pd aprendo i lavori della Direzione: «No a una soluzione al di sotto dell’esigenza di cambiamento che il Paese invoca, e il cambiamento non possiamo cercarlo con chi lo ha ostruito fin qui». E poi, nelle conclusioni dopo otto ore di dibattito, prendendo atto del via libera alla sua proposta per un «governo di combattimento», dice partendo dagli otto punti illustrati che «va sfidato» Grillo, e aggiunge: «Di ipotesi B non ne sono venute fuori».
LA PARTITA DELLE PRESIDENZE
Bersani è il primo a rendersi conto che la strada è stretta e in salita, ma è determinato a percorrerla fino in fondo. La prima condizione per portare a casa il risultato, nel caso Napolitano gli dia l’incarico, è incassare la fiducia al Senato. Sulla carta il leader Pd parte dal sì di 124 senatori, a cui dovrebbe aggiungersi il via libera dei 22 parlamentari di Scelta civica. L’obiettivo può essere raggiunto soltanto se i senatori Cinquestelle si moveranno a favore. E come si può indurli a farlo? Anche se Bersani ribadisce che il Pd è aperto a soluzioni di «corresponsabilità istituzionali», che riguardino anche i vertici delle commissioni parlamentari, in queste ore sembra perdere quota l’ipotesi che possa essere eletto alla presidenza della Camera un esponente del Movimento 5 Stelle. Dovesse perdurare l’indisponibilità da parte dei parlamentari grillini, potrebbe essere eletto per quell’incarico Dario Franceschi, mentre allo scranno più alto di Palazzo Madama potrebbe andare un senatore di Scelta civica. Bersani non intende «corteggiare» Grillo, ma sfidarlo sul suo stesso terreno, sulla richiesta di cambiamento che è arrivata da queste elezioni. Da qui gli otto punti, che costituiscono una serie di proposte di legge che già da oggi saranno pubblicate on-line, sottoposte a questionari, discussione pubblica e poi portate al centro di una mobilitazione che nei prossimi giorni verrà avviata in tutte le regioni italiane.
SFIDA A GRILLO IN OTTO PUNTI
Per Bersani questi otto punti costituiscono non solo un programma di governo, in caso arrivi la fiducia, ma anche la base di un programma elettorale nel caso si vada a elezioni anticipate. Perché è chiaro che se il Pd vuole approvare quel programma qualificato, nessun accordo di governo con Berlusconi potrà essere siglato. Basta leggerle quelle otto proposte di governo, che hanno al primo posto la necessità di uscire dalla «gabbia dell’austerità», che propongono misure per il fronte sociale e del lavoro, che affrontano il tema dei costi della politica, ma che insistono molto sui temi della moralità pubblica e della legalità. E non è un caso se le prima misure che verranno illustrata nel dettaglio, oggi insieme a Pietro Grasso, sono la legge sull’anticorruzione e quella sul falso in bilancio.
Su questi punti nessun accordo può essere trovato con il Pdl, mentre la sfida è lanciata ai Cinquestelle. «Davanti al Paese ognuno prenderà le sue di responsabilità. In particolare, chi ha avuto il consenso di oltre 8 milioni di elettori deve dire cosa vuol fare di questi voti, per l’Italia. Non ci si può ridurre a una proposta sulla raccolta differenziata. Cinquestelle pensa di scegliere fior da fiore, tenendosene fuori? Aspetta una sorta di autodistruzione del sistema? Spera che noi si stia fermi e muti? Se è così fanno dei conti sbagliati».
Bersani aggiunge nella replica con cui chiude la Direzione la disponibilità ad affrontare anche il «superamento dell’attuale sistema di finanziamento dei partiti», ma «in connessione con il funzionamento democratico dei partiti». E anche questa è una sfida a Grillo, che però risponde a stretto giro pubblicando sul suo blog una lista di dieci punti su cui, a suo dire, convergono Pdl e Pd (che replica sempre via web: «solo falsità, un modo per scappare»).
APPELLO ALL’UNITÀ
Se i niet dei Cinquestelle dovessero essere ribaditi in Parlamento, il tentativo di Bersani finirebbe nel nulla e si aprirebbe una nuova fase. Cosa succederebbe a quel punto? Il leader del Pd chiude la relazione con cui avvia i lavori della Direzione con un appello all’unità del partito: «Continueremo a decidere negli organismi ma chiedo che il Pd, pur nel vivo della sua dialettica, garantisca unità. Un Pd che discute come sempre ma che è unito è una risorsa di cui l’Italia non può fare a meno. Il Pd è l’unica forza che può portare l’esigenza di cambiamento e novità a una dimensione di governo e che può sottrarre il cambiamento all’avventura. Questa è la generosità che deve avere ciascuno di noi, a partire da me, a fare quello che si deve e non quello che si vuole».
L’appello viene raccolto, con un voto che chiude la Direzione all’unanimità. Ma se il «cambiamento di combattimento» non dovesse nascere, bisognerà vedere come reagirà il partito di fronte a nuovi scenari. Bersani, in ogni caso, non abbandona la strategia del passo dopo passo, e registra con soddisfazione il via libera che è stato dato non solo alla sua richiesta di andare a chiedere l’incarico al Colle per il governo di scopo, ma anche alla sottolineatura che non ci sono «ipotesi B» e che «accordi di governo con la destra berlusconiana non sono praticabili». E poi chiude i lavori con questa frase: «Appena sarà chiaro l’andamento dei calendari dovremo fissare l’assemblea anche per la convocazione del congresso».

L’Unità 07.03.13