attualità, università | ricerca

"Università, 70mila iscritti in meno in soli dieci anni. In Italia sono sempre di meno i ragazzi che si iscrivono all’Università", di Mario Castagna

Poche settimane fa era stato il Consiglio Universitario Nazionale a dare l’allarme: le iscrizioni all’università crollano inesorabilmente. Ora arriva anche la conferma del Cineca. Questo consorzio, nato nel 1969 per costituire una struttura dedicata al super calcolo, oggi si occupa anche di quasi tutti i servizi informatici del ministero dell’Istruzione e dell’Università e di molti atenei italiani. Si trova inoltre a gestire l’elaborazione informatica delle immatricolazioni universitarie e dispone quindi della banca dati più aggiornata in materia. Secondo il Cineca, negli ultimi dieci anni le iscrizioni sono diminuite di 70.000 unità mentre, addirittura, negli ultimi tre anni sono 30.000 i ragazzi che hanno deciso di non iscriversi negli atenei italiani. Si è tornati indietro di quasi un quarto di secolo. Nel 1988-1989 gli immatricolati erano 276.249, mentre quest’anno i diplomati iscritti alle varie facoltà sono stati appena 267.076. La notizia data dal Cun qualche settimana fa aveva riempito le pagine dei giornali ma subito il ministro Profumo aveva provato a gettare acqua sul fuoco. In un’intervista sul quotidiano La Stampaaveva provato a minimizzare: «Credo che per dare giudizi si debba partire da dati che abbiano valore statistico reale. In quel caso invece è stato considerato un anno di riferimento in cui c’è stata una bolla di iscrizioni». Il Ministro si riferiva al grande numero di iscrizioni «tardive», spesso lavoratori che ricominciavano il loro percorso universitario, dimenticando però il valore sociale di queste iscrizioni. L’Italia infatti è il paese con il minor numero di lavoratori formati e qualificati durante la loro carriera lavorativa. Secondo Profumo quindi non erano diminuite le iscrizioni dei ragazzi appena diplomati. A confutare questa notizia arrivarono i dati del Cnvsu, che attraverso il proprio rapporto annuale sullo stato dell’università italiana, ha denunciato per anni il crollo, non solo delle iscrizioni universitarie, ma addirittura degli studenti che raggiungevano il traguardo del diploma di maturità. Se nel 1980 solamente un diciannovenne su tre si iscriveva all’università, dopo circa 25 anni si era arrivati al massimo storico. Infatti nell’anno accademico 2003-2004 il 56,5% dei diciannovenni decise di immatricolarsi. Da quel momento in poi è iniziato però un lungo ed inesorabile declino che ha visto crollare questa percentuale del 9%. Nel 2010 solamente il 47,7% dei ragazzi ha deciso di iniziare il lungo percorso verso una laurea, più o meno il livello raggiunto alla fine degli anni 90. Purtroppo sono due anni, da quanto Francesco Profumo si è insediato a viale Trastevere, che il CNVSU non pubblica più il proprio rapporto ed è diventato estremamente difficile avere dei dati ufficiali sullo stato dell’Università italiana. Non proprio la rivoluzione della trasparenza che tutti si aspettavano. Oggi purtroppo si deve fare affidamento ai dati forniti dal Cineca che, seppur non sia l’ufficio statistico ufficiale del ministero, è oggi la migliore fonte disponibile. I corsi di laurea triennali sono stati i più colpiti dalla diminuzione di iscritti. In dieci anni hanno perso poco più di 90.000 iscritti, un terzo del totale. Quest’anno gli iscritti sono stati 226.283, ottomila in meno rispetto ad un anno fa ed il crollo demografico purtroppo non c’entra nulla. Infatti il numero dei diplomati è cresciuto nell’ultimo anno di 11.000 unità. Gli studenti quindi decidono di non iscriversi all’università e di fermarsi al diploma di maturità. Tra le motivazioni sicuramente è l’aumento dei costi da sostenere durante la frequenza dei corsi. «Negli atenei abbiamo assistito a pesanti aumenti delle tasse: ben 283 milioni in più negli ultimi 5 anni», racconta Luca Spadon, portavoce nazionale di Link, Coordinamento universitario. Ma non sono solo i costi a rendere difficile la vita degli studenti italiani. Sempre Luca Spadon accusa il blocco del turnover: «Con la perdita di oltre il 22% dei docenti in 5 anni, molte università hanno ridotto la loro offerta didattica. Questo ha portato ad un aumento sconsiderato dei corsi a numero chiuso». Se non si fa nulla per invertire il trend, l’Italia rischia di precipitare all’ultimo posto nella classifica europea dei giovani laureati. La Norvegia surclassa tutti con il 46,1% di laureati nella fascia d’età tra i 25 ed i 34 anni. L’Italia è penultima, superando solo la Turchia.

L’Unità 10.03.13