attualità, lavoro

"Dentro il mercato non c'è più lavoro", di Bruno Ugolini

Non so perchè lo abbiamo chiamato mercato del lavoro. Fa pensare a quei capannoni dove si estendono merci accatastate e
attorno venditori e compratori si accapigliano per fissare i migliori prezzi. Solo che nel nostro caso le merci sono uomini e donne destinati a produrre ricchezza. Si è però di fronte a una novità perché oggi lo sguardo intravede poco o nulla: niente o quasi merci, niente venditori, niente compratori. Lo spunto è dato da un libro di Edizioni Lavoro intitolato appunto: Il mercato senza lavoro. L’autore è Ferruccio Pelos, per 26 anni dirigente della Cisl. Una lunga esperienza proseguita «dall’altra parte» in un decennio di dirigente in C onfcooperative. Ha avuto così modo di guardare all’interno di questo «mercato», attraversato da un imperversare di riforme, da quella di Tiziano Treu a quella, come scrive, «impropriamente chiamata legge Biagi ». Spiega, infatti, che «Biagi non avrebbe accettato una normativa che agisse solo sulla flessibilità in entrata, creando decine di tipologie contrattuali, senza prevedere nulla di nuovo in fatto di ammortizzatori sociali e tutele per i lavoratori». Ed è così che la flessibilità è diventata precarietà. Il libro fotografa minuziosamente questo processo attraverso una miniera di analisi e dati. Uno su tutti spiega come i lavoratori con contratti a tempo indeterminato siano il 49% del totale e quindi meno della metà dei dipendenti complessivi. Commenta Pierre Carniti nella prefazione: «Il capitale è nomade, mentre il lavoro rimane stanziale. Per neutralizzare le conseguenze di questa asimmetria si è fatto strada il convincimento che l’unica possibilità fosse quella di favorire una competizione al ribasso su salari e condizioni di lavoro tra le diverse aree e i diversi Paesi». E le riforme delle pensioni e del mercato del lavoro hanno prodotto «risultati opposti alle attese». Carniti, di fronte a questo mercato che rischia di rimanere vuoto avanza due proposte: il varo di un servizio civile di leva europea obbligatoria per tutti i ragazzi e le ragazze e la distribuzione del lavoro disponibile attraverso la riduzione degli orari. Sono soluzioni e analisi che chiamano in causa il sindacato. Oggi, scrive Ferruccio Pelos, la contrattazione si è ridotta mentre è cresciuto il numero delle leggi sul lavoro. «È stato facile contrattare nelle fasi espansive dell’economia; è sempre più difficile quando giunge il momento di sporcarsi le mani con le ristrutturazioni, i licenziamenti, le chiusure, le esternalizzazioni e le delocalizzazioni». È vitale, afferma, per il sindacato, «mantenere la propria autonomia, le proprie idee e proposte, una propria ricerca ed elaborazione; contrattare fino all’esaurimento, cercando soluzioni equilibrate; non lasciare nulla d’intentato per raggiungere gli obiettivi fissati; non giocare mai da soli ma favorire la condivisione e partecipazione più ampie di tutte le fasi negoziali ». Parole che appaiono rivolte ad atteggiamenti della Cisl e della Cgil. Aggiunge che «Al di là delle questioni di merito certe sentenze giudiziarie, come quelle che hanno interessato la Fiat, sono un campanello d’allarme per la contrattazione e per il sindacato. Soluzioni che vengono da fuori e calano dall’alto sono sempre una sconfitta per le parti del negoziato. Subire una mediazione piuttosto che costruirla cercando una via di ragionevole compromesso, è una strada che si sa quando inizia, ma non si sa quando e come finisce». Tutto ciò richiede però, conclude, «una controparte imprenditoriale che riconosca il ruolo del sindacato e della contrattazione e un sistema di relazioni basato su una partecipazione non subalterna dei lavoratori e del sindacato alla vita e alla strategia dell’impresa». E a questo punto verrebbe però da chiedersi: è stato così con Marchionne? Sembra comunque che oggi nel movimento sindacale si cominci a respirare un aria nuova ad esempio sui temi decisivi della rappresentatività. Pelos a tale proposito lancia un auspicio: «La caduta di rappresentatività, lo sfarinamento, la frammentazione del lavoro e della contrattazione, la perdita di guida e di controllo dei processi sono pericoli incombenti. Richiedono una piattaforma sindacale confederale e unitaria, che comprenda un deciso riposizionamento verso obiettivi più generali di contrasto alla precarietà, per nuovi ammortizzatori sociali e un nuovo governo della mobilità». Sono da segnalare, a questo proposito, alcune annotazioni di Rino Caviglioli, già stimato dirigente dei metalmeccanici e poi dei tessili Cisl, apparse in una recensione al libro di Pelosi pubblicata sul sito di Eguaglianza e Libertà. Non si può continuare a dichiarare il problema – scrive Caviglioli, a proposito delle problematiche presenti nel testo di Pelos – «senza pensare ad una modifica radicale del modo di essere e di fare del sindacato. Non si può continuare con le inutili e dannose sceneggiate tra Cisl-Uil e Cgil nelle quali ciascun sindacato si ritaglia – in alcune vertenze cosiddette emblematiche e particolarmente visibili, perché nel restante universo sindacale si va d’amore e d’accordo – un ruolo di comodo che giustifica ideologie vecchie di un secolo ma che lascia l’iniziativa e dunque le decisioni totalmente nelle mani dell’impresa. Non si deve. Così si accelera solo il declino».

L’Unità 22.04.13