attualità, politica italiana

"La misura è colma", di Ezio Mauro

Ci sono elementi di prova sufficienti per mandare subito Silvio Berlusconi a processo. Questa la decisione del gip, ieri, dopo aver vagliato le fonti di prova dei procuratori, in 15 pagine. Dunque l´inchiesta è chiusa e si apre il processo, dal 6 aprile. L´atto d´accusa, che ha già fatto il giro del mondo, riguarda due reati gravissimi per un Primo Ministro: concussione e prostituzione minorile.
Secondo l´accusa si tratta di reati collegati tra loro. Il Capo del governo ha esercitato una pressione illecita sulla questura di Milano per far liberare nottetempo la giovane Ruby, proprio perché voleva impedire che la ragazza parlasse delle notti ad Arcore da minorenne, compreso il bunga bunga di Stato. La vera cifra di questa vicenda è l´abuso di potere. Una concezione di sé e del mondo all´insegna della dismisura sia nel privato che nel pubblico, un potere che non riconosce limiti, sproporzionato e dunque abusivo nella sua pretesa di essere impudente e impunito, fuori da ogni regola, ogni legge e ogni controllo.
Ieri la “struttura Delta” (che si muove sul confine tra azienda e Stato, politica e marketing) aveva organizzato per il Premier una missione di Stato in Sicilia, tra la propaganda e la paura davanti alla nuova ondata migratoria. Ma il Presidente del Consiglio, dopo la decisione del gip, è tornato d´urgenza a Roma dai suoi avvocati annullando tutti gli impegni, e soprattutto la conferenza stampa già fissata. Perché – ecco il punto capitale – non è in condizione di dire agli italiani la verità sui suoi scandali, e non sa assumersene la responsabilità davanti al Paese.
Ora il suo istinto populista lo spingerà a incendiare il Palazzo, attaccando i magistrati e travolgendo le istituzioni, fino alla distruzione del tempio. La politica che lo circonda non ha l´autonomia per distinguere il suo futuro dal destino del Premier, ma è condannata a seguirlo nel pozzo della sua ossessione. Ecco perché la strada maestra, a questo punto, è una sola: il voto, col giudizio dei cittadini. I quali hanno definitivamente capito che la misura è ormai colma.

La Repubblica 16.02.11

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“In qualunque altro Paese democratico Berlusconi era costretto a dimettersi”, di Enrico Franceschini

Se le diplomazie occidentali tacciono è anche perché l´Italia è diventata una pedina meno importante
«In nessun paese democratico un primo ministro processato per reati simili sarebbe ancora al suo posto», dice John Kampfner, ex direttore del settimanale laburista New Statesman, columnist del Guardian e buon conoscitore del nostro Paese, a cui ha dedicato un lungo capitolo nel suo ultimo libro, Libertà in vendita (pubblicato in Italia da Laterza).
Questa è la fine per Berlusconi?
«Io sarei portato a pensare di sì, ma lo pensavo già prima, non c´era bisogno di questo scandalo e questo processo per ritenerlo inadatto e incapace di governare l´Italia. Ma la risposta alla domanda non spetta a me, né ad altri osservatori o anche leader politici stranieri, spetta agli italiani».
La manifestazione di un milione di persone, domenica, è il segnale che anche gli italiani ne hanno abbastanza?
«È sicuramente un segnale che l´opinione pubblica si mobilita e che gli umori stanno cambiando. Ce ne sono altri, come i sempre più forti mormorii di disapprovazione da parte della Chiesa, delle altre istituzioni pubbliche, del mondo degli affari. E anche i sondaggi, mi pare, segnalano che la sua era sta declinando. Berlusconi avrà anche sette vite, come sostengono alcuni, ma qualsiasi corda, anche la più resistente, a forza di tirarla si strappa».
Riesce a immaginare un premier britannico o di un altro paese europeo che rimane al suo posto in queste condizioni?
«In nessun paese democratico un primo ministro processato per reati simili potrebbe conservare l´incarico. In effetti basterebbe molto meno per costringerlo a dimettersi. Pur sapendo tutto quello che sappiamo su come Berlusconi opera, come condiziona i media e gli alleati, pur ammettendo la debolezza e le divisioni dell´opposizione, è stupefacente che stasera sia ancora lì, a Palazzo Chigi. Rappresenta un´anomalia per l´Europa, per l´Occidente democratico».
Eppure i leader europei e occidentali non intervengono, almeno per ora.
«Non lo fanno per due ragioni. La prima è che la diplomazia impone un minimo di rispetto nei confronti del premier di un Paese alleato e amico, membro della Ue e della Nato: attaccare lui significherebbe attaccare anche gli italiani. E la seconda ragione è che l´Italia non è una pedina importante: se qualcosa di simile accadesse in Francia o in Germania, credo che le reazioni dei leader politici stranieri sarebbero più forti. Che poi l´Italia sia diventata meno importante a causa di Berlusconi, è un´opinione diffusa che io condivido. Però, anche se i leader stranieri tacciono, l´imbarazzo si avverte. Nessuno in questo momento avrà piacere di farsi riprendere al suo fianco e scommetto che Blair, se potesse, farebbe scomparire quelle foto in Sardegna vicino a Silvio con la bandana in testa».
Vista da Londra, è una farsa o una tragedia quella che si sta consumando a Roma?
«È sembrata a lungo una farsa, perché Berlusconi fa di tutto per incarnare il protagonista di una telenovela da quattro soldi, di un´opera buffa. Ma non c´è niente da ridere. È in realtà una storia molto triste, per lui e per il suo Paese. Credo che col passare dei giorni sempre più gente si convinca che assistiamo a una tragedia».

La Repubblica 16.02.11