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«E se il prossimo premier fosse donna?», di Maria Zegherelli

Ci ha pensato a lungo prima di prendere una decisione. «Poi ho capito che devo farlo qui e oggi. Devo parlare della mia candidatura lanciata da Vendola e di come la penso sulla leadership femminile», confessa prima di aprire i lavori della prima Conferenza nazionale delle donne pd.

Un appuntamento pensato mesi fa e dove ora irrompe il Ruby-gate, quello che ha scoperchiato sulle donne secondo il premier, e la questione della leadership femminile alla guida di un governo.

NO ALLE STRUMENTALIZZAZIONI
Sul palco arriva a sorpresa il segretario del pd Pier Luigi Bersani, si abbracciano a lungo, e Rosy Bindi, una «tosta», stavolta ha la voce incrinata quando arriva al punto che più brucia: «Non credo ci sia una sede più giusta di questa, non è la sede di un giornale o di una tv, ma è la sede della famiglia, della ditta, come direbbe Bersani. Sono presidente di un partito che ha una regola e che condivido, il segretario del Pd a Palazzo Chigi è il segretario».

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Parla tra applausi scroscianti, forse liberatori, perché la questione aleggia sulla testa del partito e la discussione delle mille delegate arrivate al Teatro Capranica da tutta Italia. Sulle regole, dice, «non ho mai avuto dubbi in passato, quando si parlava di papa straniero, e men che meno le metto in dubbio oggi». Oggi che è il suo il nome indicato da Nichi Vendola per guidare una grande coalizione.Con i suoi collaboratori si è sfogata, «è stata una mascalzonata », per cercare di spaccare l’asse tra lei e Bersani e creare di nuovo polemica nel Pd.

«Si dà il caso – dice adesso – che Bersani abbia tutte le qualità per guidare questo paese nell’oltre Berlusconi, con Pier Luigi non abbiamo avuto bisogno di dirci molte parole, .il Pd non si lascerà chiudere, noi non ci lasceremo dividere».

Ne ha per tutti. Al governatore della Puglia: «Bisogna evitare di strumentalizzare le persone, soprattutto le donne e soprattutto una donna che ripete che non è disponibile ad essere strumentalizzata». A Matteo Renzi, che ha usato parole come carta vetrata: «Si occupi più della sua città. E comunque abbiamo capito che Renzi direbbe sì solo a Renzi, ma noi no».

Tutto risolto? No. «Vorrei che cadesse il tabù di una donna premier» e che la parola «magari» fosse sostituita da «finalmente». Il lungo abbraccio con Bersani sembra sottolineare che l’asse è saldo. La platea si spella le mani, è finito – per ora – il tormentone, «ma Bindi premier come la vedrebbe? », il confronto si sposta dal nome alla questione: le leadership femminili, in politica, nel partito, nei cda delle aziende quotate, nei ruoli di responsabilità, nei governi futuri.

Livia Turco a sorpresa annuncia che da oggi passa il testimone, «vado ad occuparmi della fondazione Iotti», e aggiunge «ma voglio che una nuova generazione di donne diventi leader di questo partito, altrimenti mi sentirei una sconfitta».

Standing ovation, sala in piedi, «Livia, Livia». Roberta Agostini, che oggi verrà eletta portavoce della Conferenza, frena le polemiche – un gruppo di ex popolari non ha partecipato in segno di protesta – e i timori su una formula in odore di vecchio partito, Pci-pdsds. «Non abbiamo nostalgia del passato, non guardiamo indietro. Questa Conferenza è un nuovo inizio, un nuovo spazio per noi».

Torna alla manifestazione di domenica: «Le donne hanno capito benissimo che la concezione autoritaria, patriarcale e subalterna delle donne e del loro ruolo nella società implicita nello scambio vergognoso a cui abbiamo assistito tra sesso, potere, denaro è la stessa concezione proprietaria delle istituzioni per la quale il premier può pensare di fare la telefonata alla questura di Milano che ormai tutto il mondo conosce».

Alle colleghe Pdl Agostini lancia un appello: «Dove siete? Invece di arrampicarvi sugli specchi di un’imbarazzante difesa del capo», perché non dare una corsia preferenziale calendarizzando da subito i provvedimenti «che in parlamento abbiamo presentato»? Sostegno alle donne con figli che lavorano, credito di imposta per le assunzioni di lavoratrici nel mezzogiorno, maternità che sia davvero un diritto universale e a carico della fiscalità generale, costruzione di nuovi asili nido».

Bersani assicura: d’ora in poi ancora più coinvolgimento delle donne negli organismi politici. Poi, aggiunge, «se tutti i partiti e gli organismi dirigenti del paese fossero come la mia segreteria, staremmo un bel passo avanti».

da www.unita.it