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I giovani democratici della Bassa Modenese intervistano Manuela Ghizzoni sulla scuola pubblica

Il 14 settembre sono ricominciate le scuole; le cifre nella sola
provincia di Modena sono spaventose: 1500 studenti in più e 200 insegnanti in meno. Che possibilità ci sono che i ragazzi ricevano un’istruzione all’altezza delle loro aspettative e che li formi in maniera adeguata, così come è stato per le precedenti generazioni?
«Io credo molto nell’efficienza del nostro sistema territoriale perché regga a quest’onda d’urto che viene dal Ministero che depotenzia il nostro sistema d’istruzione. Tuttavia il rischio di un impoverimento dell’offerta formativa e dei livelli di apprendimento c’è. Dobbiamo quindi continuare a premere contro il Governo affinché faccia un passo indietro perché non è possibile che a Modena, come nel resto d’Italia, si verifichino realtà in cui crescono gli studenti e i docenti invece diminuiscono».
È ormai evidente agli occhi di tutti come la riforma Gelmini abbia
messo in difficoltà tutta la scuola pubblica italiana, dalle Università (alcune Facoltà hanno posticipato l’inizio delle
lezioni a data da destinarsi a causa delle proteste dei ricercatori), passando per le scuole medie superiori e inferiori
(con tagli di personale e dirigenti in grandi difficoltà poiché non trovano i fondi per pagare le cosiddette “supplenze
brevi”), fino a quelle elementari (con la famosa reintroduzione del “maestro unico”). Cosa ne pensi di questi disagi
che la riforma sta causando?
«Sono tutte situazioni che noi contestiamo e denunciamo ormai da due anni perché questa è una storia nota; dal momento in cui nel luglio del 2008 il Governo decise di sottrarre 9,4 miliardi di euro al sistema dell’istruzione era chiaro che saremmo arrivati a queste conseguenze. Credo che questi allarmi concreti ci debbano indurre a continuare con ancora più forza la nostra mobilitazione a vantaggio della scuola pubblica per difendere e soprattutto migliorare il sistema esistente».
Tutti i maggiori paesi europei stanno affrontando questa crisi economica cercando di evitare i tagli al settore della
scuola. A luglio Angela Merkel ha annunciato nuove borse di studio per gli studenti universitari più meritevoli e
simili provvedimenti sono stati presi da altri governi europei. Perché in Italia invece assistiamo al processo inverso
ed è proprio la scuola uno dei primi settori a dover pagare le conseguenze di questa crisi?
«Io ho un’idea; e cioè che non si tratta più soltanto di risparmiare e di contenere il debito pubblico perché questo è un
obiettivo di buon senso, ma lo puoi fare attraverso altre scelte. Per esempio, aver abolito l’ICI per i redditi medio-alti ha
significato per lo Stato investire 3,5 miliardi di euro e contemporaneamente tagliarli alla scuola. Quindi non è vero che
non ci sono i soldi nelle disponibilità dello Stato: ci sono per alcune cose, ma non per la scuola. Io credo che questo
Governo voglia mettere in crisi il sistema della scuola democratica così come noi l’abbiamo conosciuta, che è ancora la
struttura che ti consente di diventare un cittadino consapevole e reponsabile; la destra vuole tornare alla scuola del
passato: per pochi e per chi può, facendola diventare non un motore sociale ma un principio d’ordine.
Quali sono le soluzioni concrete che il Partito Democratico sta proponendo in Parlamento oggi per superare questa
crisi senza però ridurre i fondi alla scuola?
«Quello che chiediamo noi da tempo è investire certamente nelle risorse, ma investire anche in intelligenze, in idee e in
fiducia nei confronti della scuola. Dobbiamo dare una risposta definitiva alla piaga del precariato, che è un problema
per i docenti e gli ATA, ma anche per il livello di apprendimento poiché la precarietà costringe alla discontinuità didattica.
Bisogna inoltre innovare tanto sui modelli educativi e didattici; su questo, che è un elemento strutturale, la Gelmini
tace e non si impegna.
È necessario puntare ad una scuola più equa, più giusta e che accompagni al successo di ciascuno».

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