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Nucleare, obbligatorio il parere delle Regioni", di Antonio Cianciullo

La Corte Costituzionale: bisogna tenere conto degli interessi locali. Il governo non potrà saltare il confronto con i governatori come ha fatto finora. Non si può costruire una centrale nucleare senza aver prima sentito il parere della Regione interessata. Con questo verdetto la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l´articolo 4 del decreto legislativo del 15 febbraio 2010, quello sulla localizzazione degli impianti atomici e dei depositi di scorie radioattive, accogliendo uno dei 26 ricorsi presentati da Toscana, Emilia Romagna e Puglia.
«Un adeguato meccanismo di rappresentazione» che «ragionevolmente bilanci le esigenze di buon andamento dell´azione amministrativa e gli interessi locali», si legge nella sentenza scritta dallo stesso presidente della Corte Suprema Ugo De Siervo, è «costituito dal parere obbligatorio, seppur non vincolante, della Regione stessa». Si riaccende dunque il conflitto istituzionale tra Stato e Regioni su un tema estremamente delicato perché senza consenso si rischia di paralizzare la politica energetica del paese.
Dopo lo strappo dello scorso anno, quando il governo impugnò con successo le leggi anti atomo varate da Puglia, Basilicata e Campania, lo scontro continua ma il quadro si ribalta. Il decreto del 15 febbraio modificava il secondo passaggio decisionale dell´iter per una centrale nucleare. Il primo è il vaglio tecnico: la Regione deve dare un parere sui siti proposti dall´Agenzia nucleare e in questa sede il suo giudizio è decisivo ma limitato al profilo della sicurezza. Il secondo step riguarda invece l´accettazione della centrale sul piano della politica energetica: il governo aveva deciso di saltare il parere delle singole Regioni rivolgendosi direttamente alla conferenza Stato Regioni, ma la procedura è stata ora dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
A questo punto Palazzo Chigi potrà andare avanti nella sua scelta pagando però il prezzo di evidenziare uno scontro che non riguarda gli schieramenti politici ma il conflitto tra governo centrale e governo locale visto che quasi tutte le Regioni si sono schierate in maniera bipartisan contro una centrale atomica sul proprio territorio. «Ci troviamo di fronte a un governo che è il più centralista nella storia d´Italia», ha sottolineato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, rimarcando la differenza tra il federalismo dichiarato e l´avocazione delle decisioni energetiche.
Se il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ostenta ottimismo perché è «ragionevole che la condivisione dei siti vada fatta anche in sede locale, quindi con la condivisione degli enti locali», più preoccupato appare il presidente di Assolettrica, Giuliano Zuccoli, che parla di «sindrome Nimby che ha portato il paese a essere congelato su certe attività».
«Di fatto è uno stop all´arroganza del governo», commenta il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. ««Ad oggi nessun presidente di Regione, tranne Cota in Piemonte e Formigoni che tentenna in Lombardia, si è dichiarato disponibile ad accogliere sul proprio territorio una centrale nucleare. E varie Regioni di centro destra, compreso il Lazio, hanno votato un ordine del giorno per ufficializzare il no all´atomo».
«E´ stata eliminata un´anomalia: eravamo l´unico paese occidentale con una legge che decide la costruzione delle centrali nucleari anche contro il volere delle Regioni», ricorda Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd. «Ora diventa in salita la strada per il nucleare, una scelta che peserebbe gravemente sulle nostre bollette, visto che nessuna industria scommette sull´atomo».

La Repubblica 03.02.11

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Nucleare, Bianchi: “Corte Costituzionale boccia arroganza Governo” di Stella Bianchi

La Corte Costituzionale fa finalmente chiarezza sulla necessità che il governo coinvolga le regioni nella decisioni riguardo all’eventuale costruzioni di una centrale nucleare.

Come al solito, il governo è federalista solo a parole e continua a dimostrare nei fatti un atteggiamento centralista fino a togliere alle Regioni il diritto di partecipare a una scelta irreversibile, come il ritorno al nucleare, che in nessuna parte del mondo viene fatta senza il consenso dei cittadini.

Sorprende la ostentata sicurezza del ministro Romani che prova a sminuire la portata della sentenza della Corte e a propagandare la necessità del ritorno al nucleare. In questo modo il governo sembra non rendersi conto che al momento nessun paese occidentale sta puntando sul nucleare. E prova a impegnare l’Italia in una scelta sbagliata, costosa, e inutile: tra centrali già autorizzate e rispetto degli obblighi comunitari l’eventuale energia nucleare risulterebbe in eccedenza rispetto al fabbisogno del Paese. In più, nei venti anni necessari a avviare concretamente una centrale nucleare con il suo carico di scorie radioattive da smaltire, l’Italia perde tempo fondamentale accumulando ulteriore ritardo nella vera sfida strategica del futuro, che è nell’efficienza energetica e nella produzione da fonti rinnovabili.

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