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"Il Colle, Ruby e Bossi gli incubi di Silvio", di Claudio Tito

«Il destino della legislatura si decide questa settimana». C´è un filo invisibile che lega le parole pronunciate nel weekend da Umberto Bossi e gli avvertimenti di Giorgio Napolitano. Un filo che sta scuotendo l´intera maggioranza e che mette in allarme il presidente del Consiglio. «Si decide tutto questa settimana», avverte il Senatur. E il messaggio è arrivato per direttissima anche a Silvio Berlusconi. Perché le riflessioni del suo «miglior alleato» più che una minaccia rappresentano una constatazione.
Che in queste ora sta prendendo le forme di una delle norme del codice penale: «L´interdizione dai pubblici uffici». Una pena accessoria che trasforma i sogni del Cavaliere in incubi. Che fa materializzare il fantasma delle elezioni anticipate o «peggio di un governo tecnico». I suoi legali e lo stesso presidente del Consiglio si sono ormai fatti la convinzione che se il processo per il “Rubygate” arriverà a sentenza, allora già in primo grado i magistrati la accompagneranno proprio con l´interdizione dei pubblici uffici. Compresa la presidenza del Consiglio. «È chiaro che l´obiettivo dei magistrati è questo – si è sfogato l´altro ieri il premier con un fedelissimo -. In quel caso cosa faremo? Come si comporteranno i leghisti? Cosa accadrà nel gruppo dei Responsabili? Dobbiamo opporci, fare di tutto per impedirlo. Sarebbe un golpe inaccettabile». Alla fine, però, il capo del governo lascia i suoi interrogativi senza risposte. Quesiti che possono aprire un varco verso le elezioni anticipate. La paura che si é fatta largo a Palazzo Chigi, infatti, ora sta condizionando le mosse di tutti. Del Pdl e, soprattutto, della Lega. Per questo la previsione di Bossi è suonata a Via del Plebiscito come un campanello d´allarme. E il filo invisibile che unisce la Lega al Quirinale si presenta agli occhi del premier come un pericolo costante.
Perché al di là delle rassicurazioni ufficiali, il campo del Carroccio è quanto mai in movimento. E il Senatur è deciso a coglierne tutti i segnali. A interpretare i malumori della “pancia” lumbard e a recepire le “prudenze” dei dirigenti. Ma con una certezza: il possibile rinvio a giudizio del premier sul caso Ruby, non potrà risultare indifferente. «Per ora – spiega in queste ore il ministro delle Riforme – io sono in grado di tenere i miei. Se il federalismo va avanti, nessuno si potrà lamentare. Ma se nella palude anche il nostro progetto si blocca allora tutto cambia. E dovrò capire se qualcosa cambia anche nel caso in cui Silvio venisse condannato in tempi brevi».
Berlusconi conosce i dubbi dell´alleato. Con l´amico Umberto ha riparlato anche negli ultimi due giorni. È sicuro che «non ci saranno tradimenti». Ma si è anche reso conto che il feeling maturato tra lo stato maggiore leghista e il Quirinale può provocare sviluppi imprevisti. Soprattutto alla luce di quel che accadrà a Milano nei suoi quattro processi. Senza contare che il successo delle manifestazioni di piazza di ieri costituiscono, a suo giudizio, un tassello dello stesso mosaico cospirativo. «Una protesta senza senso – ha commentato vedendo le immagini di Piazza del Popolo – mi vogliono far passare per un mostro. Tutte falsità, è già campagna elettorale. Fanno i bacchettoni con me e poi sono i primi a combinarne di tutti i colori. Io sono un uomo separato e sono libero di fare quello che voglio a casa mia. Vogliono farmi dimettere e basta».
Mai come in questo momento, dunque, il partito delle elezioni anticipate è stato così forte. Con l´intera opposizione – da Bersani a Fini – pronta a scendere in campo per le urne. Anche la scelta elettorale del leader Fli – che si è tenuto in contatto con Napolitano – sta sortendo l´effetto di modificare gli equilibri tra il partito “del voto” e quello del “non voto”. Anche perché è proprio il presidente della Repubblica a vedere le urne come una possibile soluzione alla «paralisi» che condiziona l´attività del governo. E allora quel «si decide tutto questa settimana», sta riecheggiando nelle orecchie del Cavaliere come un monito. Le difficoltà con cui procede l´iter del decreto Milleproroghe – al cui interno spiccano diverse misure di spesa cui Berlusconi tiene molto – e i “no” di Giulio Tremonti ad allentare i cordoni della borsa hanno assunto nei ragionamenti di Berlusconi tutta un´altra configurazione. Per non parlare dei giudizi taglienti (la cui asprezza è arrivata fino ai piani alti di Palazzo Chigi) del ministro dell´Economia sui provvedimenti per dare una scossa all´economia e per rilanciare il Sud. Fattori che hanno di nuovo illuminato i sospetti sul titolare di Via XX Settembre. Sulla possibilità che faccia parte del ristretto numero di “carte di riserve” pronte all´uso in caso di emergenza.
Quell´emergenza evocata, appunto, per ben due volte tra venerdì e sabato scorso dal capo dello Stato. Il “filo” che unisce il Quirinale, la Lega, il presidente della Camera e l´intero arco delle opposizioni, allora, per Berlusconi è qualcosa di più di una semplice sintonia istituzionale. Così come le conseguenze del rinvio a giudizio per il caso Ruby stanno assumendo tutta un´altra configurazione nelle riflessioni del Cavaliere. In cui lo scioglimento del Parlamento è un´opzione, ma l´altra è la nascita di un nuovo governo. «Qualcuno pensa ancora che si possa formare un esecutivo tecnico. Quella sì sarebbe una porcata».
Non a caso anche ieri i toni con cui il presidente del Consiglio ha in privato commentato le mosse del Colle non sono stati per niente accondiscendenti. «Vuole sciogliere le Camere anche se ho la maggioranza? Ci provi e vediamo come va a finire. Finché ho i numeri, nessuno può imporre le elezioni». La nota con cui ieri i capigruppo del Pdl hanno ricordato e difeso il lavoro dell´esecutivo, del resto, era diretta proprio al presidente della Repubblica. Sebbene sia sotto gli occhi di tutti, la sostanziale inattività dell´esecutivo e del Parlamento. Basti pensare che l´aula di Montecitorio da tempo si riunisce per non più di 2-3 giorni a settimana. E il motivo è piuttosto semplice: l´assenza di provvedimenti da discutere.
Ma i «numeri» invocati dal presidente del Consiglio possono rivelarsi un´incognita. Soprattutto se il “giudizio immediato” della procura di Milano in relazione alle accuse di concussione e prostituzione minorile si chiuderà con una condanna e con «l´interdizione dai pubblici uffici».

La Repubblica 14.02.11