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Bindi: le democratiche protagoniste dell’oltre Berlusconi

L’intervento di Rosy Bindi alla Conferenza delle donne democratiche
di Rosy Bindi

Care democratiche e care sorelle d’Italia, benvenute e tutte auguro a ciascuna di noi due giorni di lavoro sereno, serio, fecondo.
Come serio, sereno e fecondo è stato il lavoro che ci ha condotto fin qui e del quale dobbiamo ringraziare tante e soprattutto Roberta Agostini, alla quale formulo i migliori auguri anche per il lavoro futuro che l’attende.
Questa nostra Conferenza non potrebbe celebrarsi in un momento più opportuno. All’indomani di una grandissima e, unica nella storia del nostro paese, manifestazione di partecipazione popolare in nome della dignità della donna.
Una manifestazione che si colloca dentro un lungo cammino delle donne che è ripreso e che non si fermerà. Non siamo emerse dal nulla e non torneremo in una condizione di invisibilità.
Domenica, le donne non sono sbucate in strada e nelle piazze come funghi all’improvviso.
Il malessere è profondo e cova da tempo. Un malessere culturale e sociale vissuto nell’esperienza quotidiana di milioni di donne che non hanno pari diritti, che non sono visibili e quindi non hanno pari dignità, che vedono ignorati i loro problemi, negate le loro potenzialità, mortificati i loro talenti.
In piazza c’erano donne diversissime tra loro ma che avevano ben presenti i mille ostacoli che condizionano la loro vita: il lavoro negato e le discriminazioni sul lavoro, la mancanza di servizi, il lavoro di cura non riconosciuto, i ruoli standardizzati, la mercificazione dell’amore, la creatività invisibile, l’esclusione dalla politica.
Noi non siamo altro, noi siamo parte di questa realtà che si è messa in movimento.
Abbiamo fatto la nostra parte, faremo la nostra parte, quella della politica che sa che la sfida vera è la costruzione del futuro per uscire da questa fase difficile e drammatica per il nostro paese. E noi vogliamo interloquire con questo movimento.
Questa nostra Conferenza non è uno strumento di distribuzione del potere nel partito, è lo strumento con cui parlare alle donne del nostro paese. E perciò non poteva celebrarsi in un giorno più opportuno.
E come tutti ci siamo riconosciuti nella grande manifestazione di domenica scorsa, il Pd si deve riconoscere in questa conferenza.
Ci siamo riunite per parlare della situazione della nostra Italia, della nostra nazione e il 17 marzo, dopo l’8 marzo, sarà un secondo momento di festa delle donne italiane che sono anche un fattore di unità profonda del paese.
Il nostro partito ha richiamato da tempo la drammaticità della situazione economica sociale e a tenere unita questa emergenza con l’emergenza civile ed etica.
Dobbiamo far sentire con forza, anche da questa conferenza la richiesta di dimissioni del presidente del consiglio contenuta nella raccolta di firme avviata dal Pd: Berlusconi se ne deve andare!
Le donne del Pd devono gridarlo forte, con dignità e fermezza. Lo devono fare in continuità e anche in discontinuità, come sempre avviene nella storia, con le lotte di emancipazione e di liberazione delle donne.
Non siamo in contraddizione con noi stesse, cara sottosegretaria! La dignità e libertà femminile, anche la libertà sessuale rivendicata dal femminismo italiano, sono state un motore di autonomia e non di nuova subalternità, nuova dipendenza e mercificazione dei corpi.
E sono ora il fondamento della nostra lotta per affrancarci dalla dipendenza dell’imperatore e del sultano di turno.
A testa alta poniamo il tema dell’etica pubblica. Non perché siamo moraliste e bacchettone! Non abbiamo diviso le donne tra sante e malefemmine e non lo facciamo oggi!
E a Ferrara che ci da delle puritane e che vorrebbe riscattare la città di Milano alla laicità liberale, laidamente gli ricordiamo che il presidente Berlusconi non è imputato per due peccati ma per due gravissimi reati e che solo il giudizio potrà stabilire la verità.
E tanto più respingiamo la logica della doppia morale, camuffata dal diritto di privacy. Non solo perché ha sempre penalizzato le donne ma perché fa male alla democrazia e all’Italia. Peraltro un po’ più di virtù private aiuterebbe la virtù pubblica.
E certo non prendiamo lezioni di laicità da chi si è presentato alle elezioni con una lista che penalizzava e criminalizzava le donne.
Questa Conferenza si apre nel giorno giusto anche per recepire l’invito di Bersani ad essere tutti protagonisti dell’oltre Berlusconi. Le donne collocando al centro della scena pubblica il tema della dignità della persona e dei diritti hanno cominciato a scrivere una nuova agenda della politica. Hanno riempito di contenuti forti la voglia di riscatto e di futuro delle donne e di tutto paese. E sono convinta che protagoniste dell’oltre Berlusconi non potranno che essere le donne.

Questa conferenza non poteva celebrarsi in un giorno più opportuno anche perché coincide con una vicenda che mio malgrado mi ha interessata e non credo ci sia sede più giusta per fare ulteriore chiarezza.
Quale sede più opportuna – non un’intervista in tv o a un giornale – ma un incontro di donne del mio partito? Voglio qui ringraziare tutti coloro che hanno espresso gradimento o comunque apprezzamento per la mia candidatura lanciata da Nichi Vendola ma vorrei anche porre alcuni punti fermi.
Sono Presidente dell’assemblea di un partito che ha una regola che condivido molto e che vorrei fosse rispettata da tutti: il candidato a Palazzo Chigi è il segretario del partito. Mi sono permessa di ricordarlo nei mesi passati quando imperversava il toto candidato e quando in molti erano alla ricerca di un papa straniero.
Condivido questa regola, non in modo astratto o burocratico ma per le sue implicazioni politiche. Il Pd è un partito che ha un suo progetto, è capace di comunicare un programma di governo del paese, con la sua classe dirigente e la sua guida e con questa si presenta davanti agli elettori.
E io sono convinta che il segretario Pierluigi Bersani ha tutte le qualità per guidare questo paese nell’oltre Berlusconi. Non ho mai invocato un papa straniero e men che meno lo faccio oggi.
Altro punto fermo è la nostra proposta per far fronte all’emergenza democratica.
L’Italia ha bisogno di voltare pagina per questo indichiamo la necessità di una alleanza democratica, repubblicana per rendere fecondo l’allargamento dell’opposizione.
E ci dispiace che ancora ci sia chi si ostina a non capire. Ma è chiaro che il candidato migliore sarà chi è capace di tenere insieme e unita questa coalizione.
Ringrazio Vendola che ha capito che bisogna costruire una grande coalizione . Lo ringrazio per il passo avanti che ha fatto in questa direzione e per il passo indietro che ha fatto sulla sua candidatura. Ma quando si compiono passi così importanti è necessario farlo gratuitamente, evitando di trasferire il problema in casa d’altri: il Pd non si lascerà dividere.
E con Pierluigi non abbiamo avuto bisogno di scambiarci molte parole su questo.
E bisognerebbe farlo evitando ogni rischio di strumentalizzazione delle persone, soprattutto delle donne: E di una donna che continua a ripetere di non essere disponibile a essere strumentalizzata.
Spero che queste mie parole sia state chiare e rassicuranti anche per Renzi che potrà dedicarsi con più energie alla sua città. Anche perché abbiamo capito che Renzi è pronto a dire sì solo a Renzi, ma noi forse no!
La chiarezza delle mie parole, che vogliono essere rassicuranti per tutti, e la limpidezza della mie intenzioni, mi impongono però di distinguere e di separare questa vicenda dal messaggio che comunque è venuto dalle piazze di domenica.
Quel “se non ora quando?” pone alla politica una questione che non possiamo elude. Quel “se non ora quando?” interpella anche noi è un messaggio di cambiamento per la politica. Anche in Italia, come è accaduto in Germania, in Brasile, in Cile, in Argentina, in Africa, sta cadendo il tabù di una donna Presidente del Consiglio o Presidente della repubblica. E noi dobbiamo farci i conti. E se c’è bisogno di una spallata bisogna fare in modo che avvenga. Molte delle manifestazioni di stima e di apprezzamento di questi giorni erano accompagnate dalla parola “Magari!” che suonava ancora solo come una possibilità.
Ecco vorrei che lavorassimo perché la nostra parola sia “Finalmente!”

da www.partitodemocratico.it

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La relazione di Roberta Agostini, responsabile Conferenza donne della segreteria nazionale del Pd.

Un saluto a tutte.
Non era scontato oggi ritrovarci insieme. Essere qui è il risultato dell’impegno e della determinazione di tante, dirigenti di partito, parlamentari, amministratrici, iscritte, e di un lavoro lungo un anno, a volte difficile, e sempre pieno della passione politica che ha animato gli incontri, le iniziative e le conferenze che si sono svolte in tutte le regioni italiane, nelle città, nei comuni grandi e piccoli. Dal nord al sud del paese, le donne democratiche si sono messe in movimento perché crediamo che da noi, dalle nostre idee possa venire una risposta alla crisi del paese e che senza una forza femminile non solo le conquiste che sembravano acquisite per sempre possono essere messe in discussione ma nemmeno è possibile un cambiamento e avanzamento futuro.
In queste settimane ho partecipato alle conferenze, altre le ho seguite attraverso il racconto di molte di voi. La prima ad inaugurare il percorso è stata quella della Lombardia, l’ultima in ordine di tempo quella della Puglia. Non in tutte le regioni siamo riuscite a completare il percorso, così come avremmo voluto, però dappertutto abbiamo almeno girato la chiave per far partire il nostro viaggio, dappertutto la discussione a cui ho partecipato è stata ricca di esperienze, punti di vista, generazioni diverse a confronto e deve rappresentare un patrimonio per tutto il partito.
Non tutto è compiuto, è un nuovo inizio, un nuovo spazio per noi ed io invito a considerare anche la nostra prima assemblea qui oggi in questo modo.
Ci siamo messe in ascolto e abbiamo dimostrato di essere in sintonia con tanta parte della società italiana. Non è un caso che la nostra prima conferenza nazionale si svolga una settimana dopo le grandi manifestazioni che hanno occupato centinaia di piazze italiane. Siamo state insieme a tante altre donne e tanti uomini domenica scorsa. Una risposta corale, collettiva e popolare ad un appello semplice “se non ora quando” lanciato da un gruppo di donne trasversale per appartenenza politica che segna qualcosa di molto profondo che è accaduto.
Siamo una parte importante di quella nuova consapevolezza civile che si è manifestata domenica. Prima le donne della segreteria e le parlamentari abbiamo lanciato un appello e manifestato sotto Palazzo Chigi, poi all’assemblea nazionale vorrei ricordare l’emozione e l’applauso con la quale la platea tutta, donne e uomini, ha accolto le parole di Bersani sul rispetto della dignità femminile.
Nello stesso tempo quelle piazze ci pongono un grande tema ed una grande responsabilità politica, non solo a noi, ma a tutto il partito, e abbiamo apprezzato che il segretario abbia dimostrato l’interesse ad incontrare il comitato. Noi dobbiamo al tempo stesso rispettarne l’autonomia e la trasversalità ed essere capaci di un salto di qualità nella nostra proposta politica che faccia i conti con le domande che questo movimento pone.
Le donne hanno capito benissimo che la concezione autoritaria, patriarcale e subalterna delle donne e del loro ruolo nella società implicita nello scambio vergognoso a cui abbiamo assistito tra sesso, potere, denaro è la stessa concezione proprietaria delle istituzioni per la quale il presidente del Consiglio può pensare di fare la telefonata alla questura di Milano che ormai tutto il mondo conosce.
Non c’entra nulla il moralismo: di fronte a quelle piazze gli unici radical-chic arrampicati sugli specchi di una incredibile difesa del capo erano riuniti al teatro Dal Verme sotto la guida di un Ferrara improvvisamente scopertosi libertario, dopo averci abituato alle battaglie in salsa teodem a capo degli atei devoti….
In gioco c’è una grande questione politica e democratica dove la dignità e il ruolo delle donne si trova a coincidere con la dignità ed il futuro del paese, dove la rappresentazione vergognosa che delle donne viene veicolata nel senso comune è diventata una grande questione nazionale.
Nei mesi scorsi erano stati gli studenti e i lavoratori a scendere nelle piazze, contro una riforma dell’università e della scuola, e rivendicando il fatto che sui giovani e sui lavoratori bisogna investire per cambiare il futuro del paese.
Le tante donne che hanno manifestato – giovani, precarie, che devono rinunciare alla maternità o fare i salti mortali per tenere insieme famiglia e lavoro, quelle che rinunciano a cercare un lavoro, le donne più anziane che fanno le nonne – protestavano e nello stesso tempo dicevano: noi siamo una risorsa sprecata, sotto utilizzata, e che però è una forza x il paese.
Nella mobilitazione abbiamo visto l’incontro di tante generazioni diverse, persone con culture e provenienze differenti magari insieme per la prima volta, abbiamo visto l’unità e la forza collettiva delle donne. Un grande movimento popolare che protesta contro una concezione proprietaria, contro l’idea che tutto si possa vendere e comprare e che si possa far carriera servendosi o asservendosi al potente di turno. L’idea di mercato che può applicarsi a tutti gli ambiti della politica e della vita dove niente sfugge alla legge di domanda e offerta. Il senso di quella manifestazione mina alla radice l’essenza del berlusconismo che ha imperversato in Italia per 20 anni.
Siamo immersi una crisi storica, che è economica, sociale, politica. Lo stato della nostra economia è diventato un’emergenza nazionale. Più di un milione di posti di lavoro persi, centinaia di migliaia di lavoratori precari, impiegati spesso in settori cruciali, a casa. Un rischio di povertà tragicamente diventato reale per tantissime famiglie del ceto medio ed imprese col futuro ipotecato. Un debito pubblico che grava sulle spalle delle giovani generazioni, l’occupazione femminile più bassa d’Europa, uno stato sociale che dovrebbe essere profondamente riformato.
Dobbiamo essere consapevoli che la crisi economica e sociale sta avvenendo in un crollo della credibilità delle istituzioni democratiche ed è profondamente connessa con una crisi di funzionamento della nostra democrazia e di ruolo delle classi dirigenti. La fiducia nelle istituzioni e partiti non è mai stata cosi bassa, dalla sfiducia generalizzata si salva solo il presidente della Repubblica, che continua a mantenere un alto livello di consenso.
E’ una crisi che investe l’etica pubblica e il senso che il paese ha di sé e delle proprie relazioni umane e civili.
Non facciamo la Conferenza per un riflesso che guarda indietro con la nostalgia di luoghi del passato, nè per rivendicare quote o strapuntini, neppure per consolarci di luoghi separati…..
Noi facciamo la conferenza perché vogliamo rispondere a questa domanda: chi e sulla base di quale patto potrà metterà mano alle riforme profonde di cui questo paese ha bisogno? Siamo qui con la testa e con i piedi ben piantati in quel che succede oggi in Italia e nel mondo perché vogliamo riprenderci la politica e il partito, perché vogliamo riprendere in mano il nostro destino, perché crediamo che l’Italia meriti di più e che le donne italiane meritino di più. perché davvero rappresentiamo il cuore del cambiamento che vogliamo vedere nel paese.
La destra ha fallito, la responsabilità del governo rispetto allo stato del paese sono immense. I tagli drammatici nelle ultime manovre di finanza pubblica hanno aggravato le condizioni di vita delle famiglie, i redditi come ci dice l’Istat stanno diminuendo in particolare al nord. Lo abbiamo denunciato più volte: si sono aggravate le diseguglianze e si sta impedendo la ripresa economica. Di fronte alla più grande crisi dal dopoguerra le scelte delle classi dirigenti italiane sfociano nelle classiche politiche di austerità che si traducono in compressione delle condizioni di lavoro e di reddito delle parti più deboli della società. Questo è il governo che appena insediato cancella la norma sulle dimissioni in bianco, a fronte dello scandalo di 18 mila donne che chiedono assistenza legale per estorsione di finte dimissioni e mentre si stima che almeno il 25% delle dimissioni sono connesse quasi sempre alla maternità; è il governo che ha cancellato gli interventi fiscali a favore delle donne del mezzogiorno, che non ha stanziato nulla per nuovi asili nido, che ha azzerato il fondo per la non autosufficienza. La discussione sul federalismo avviene solo sul piano della compressione delle risorse e dell’imposizione di nuove tasse, senza tenere conto della definizione dei livelli essenziali di assistenza e quindi della necessità di una rete unificante che tenga insieme il paese, mostrando il carattere secessionista di questo federalismo.
Un cosiddetto piano per l’occupazione femminile privo di risorse, obiettivi, tempi.
In questi giorni alcune esponenti del pdl hanno cercato di difendere il premier sulla base di ipotetici provvedimenti rivolti al sostegno alla maternità, asili, lavoro.
Noi veramente non li abbiamo visti e nemmeno le centinaia di comuni che sono costretti a tagliare sui servizi.
Ma vogliamo rivolgerci al governo e a quelle donne del Pdl che in altri momenti si sono impegnate su alcuni temi. Dove siete? Invece di arrampicarvi sugli specchi di un’imbarazzante difesa del capo, se davvero volete fare qualcosa per le donne italiane, per quell’emergenza nazionale rappresentata dal fatto che una su due non lavora o a rinunciato a cercare lavoro, noi vi proponiamo di dare una corsia preferenziale calendarizzando nelle prossime settimane, ai provvedimenti che in parlamento abbiamo presentato, che riguardano il sostegno alle donne con figli che lavorano, il credito di imposta per le assunzioni di lavoratrici nel mezzogiorno, una maternità che sia davvero un diritto universale e a carico della fiscalità generale, la costruzione di nuovi asili nido.
Questo paese ha bisogno di un grande piano per l’occupazione femminile e giovanile, che sarà la nostra vertenza e la nostra mobilitazione nelle prossime settimane, sul quale – qui lo annuncio – presenteremo una proposta di legge di iniziativa popolare. Vogliamo mettere in pista le risorse migliori del paese, che lo aiuti a crescere e che indichi una via d’uscita dalla crisi, fondata su un’ idea dello sviluppo diversa da quella che ci ha portato fin qui, più giusta, più inclusiva, in cui conti la qualità del lavoro e delle persone, il suo essere non solo valutate sulla base di una metrica giapponese, ma il principio di costruzione dell’autonomia, della dignità, della realizzazione personale. Questo le donne ci hanno insegnato quando hanno parlato del tempo, dei tempi delle città. E sempre dalle donne sappiamo che il welfare, il modello sociale europeo, che pure va innovato perché in molte parti non corrisponde alle esigenze vere, non è una palla al piede o un costo ma un grande fattore per lo sviluppo economico, sociale e civile e che i servizi sono spesso infrastrutture della libertà femminile, dell’autodeterminazione e della scelta.
Siamo a Roma, nel Lazio: guardate come la scelta di chi governa la regione, nonostante un manifesto della governatrice del Lazio dichiari di avere a cuore le donne, sia stata proprio una legge che smantella la rete dei consultori pubblici. Sono i servizi che di più nel loro principio costitutivo proteggono il valore dell’autodeterminazione femminile. Per legge si impone un modello di relazione familiare, si nega alle donne una capacità di giudizio e di scelta, ricacciandole in una sorta di stato di minorità, si torna indietro nell’idea forte di integrazione dei servizi sociali e sanitari. Noi non ci stiamo, ci stiamo battendo fuori e dentro la regione, stiamo raccogliendo le firme e lo stiamo facendo con tante altre donne e fermeremo quella legge.
Lo stiamo facendo nel segno di un’idea più ricca ed inclusiva della società e della cittadinanza, nell’idea di un’alternativa che è di governo, ma è anche di valori, di idea di relazioni umane e sociali, di investimento nella risorsa rappresentate dalle persone e dalla fiducia che nutriamo in loro.
Nel nostro progetto per un’Italia nuova, che vada finalmente oltre il berlusconismo, vogliamo le parole merito, autonomia, rispetto. Nel nostro progetto c’è la parola convivenza, capacità di costruire una cittadinanza nuova con gli immigrati e con tante nuove italiane, che sono “l’anello forte della civile convivenza”, che stanno cambiando in profondità il nostro paese e con le quali dobbiamo stringere un patto, che riconosca loro diritti, oltre che doveri, e per i cui figli chiediamo che chi nasce e cresce in Italia sia italiano
Nel futuro nuovo che vogliamo per il nostro paese c’è bisogno di alzare lo sguardo dai confini nazionali, guardando a quello che accade in Europa ed oltre, nei paesi vicini del Mediterraneo in primo luogo, verso i quali possiamo tornare a svolgere un ruolo di cooperazione e di interlocuzione, incrociando le richiesta di diritti, di libertà e di sviluppo che come sappiamo da quanto sta avvenendo provengono da li e dalle donne del sud del mondo.
Nel futuro del paese che vogliamo c’è il rispetto di un principio di laicità, che l’unica bussola che ci consente di costruire il patto che lega punti di vista e posizione diverse. E nel cuore di questo principio di laicità ci sono le donne che per prime hanno detto che non c’è libertà senza responsabilità e non c’è autodeterminazione senza relazione con l’altro e che insieme, in modo spesso trasversale, hanno fatto battaglie che hanno cambiato il paese e le relazioni tra le persone.
Per mettere mano alle riforme profonde di cui il paese ha bisogno dobbiamo cambiare la politica e le istituzioni. Se guardiamo indietro alla storia del paese, ai 150 anni dell’unità d’Italia, non è da molto che le donne stanno sulla scena pubblica, il diritto di voto lo abbiamo conquistato da poco più di 60 anni e molti passi in avanti in un lasso di tempo che per la storia è breve sono stati fatti. Oggi ci sono molte donne affermate nelle professioni, due donne ai vertici di Cgil e Confindustria cambiano le cose. Ma se ci guardiamo ora, con gli occhi delle donne che faticosamente hanno conquistato autonomia e senso di sé, il panorama di assemblee elettive, consigli, giunte, spesso completamente maschili non è più accettabile. Siamo uno dei paesi più arretrati al mondo per quanto riguarda la presenza delle donne ai vertici della società, nella politica, nelle carriere, nelle professioni.
Ci impegneremo affinché il provvedimento sulla presenza femminile nei consigli di amministrazione passi velocemente al senato cosi come era stato approvato alla camera Noi ci stiamo impegnando fortemente per far approvare un provvedimento che x la prima volta ci mette sullo stesso piano dei paesi europei più avanzati. Chiediamo di approvarlo perché la crisi del nostro paese è anche una crisi di classi dirigenti nel loro complesso e del funzionamento delle istituzioni, spesso interamente maschili.
La nostra parola chiave è democrazia paritaria. Questo è l’orizzonte che dobbiamo assumere, è il nostro obiettivo direi identitario, come ri-costruzione comune delle istituzioni democratiche, come condivisione del potere pubblico e delle responsabilità private e che presuppone una rivoluzione nella mentalità, nella cultura, nel modo in cui oggi il potere è distribuito nel nostro paese, nelle forme in cui oggi il lavoro è organizzato.
Le proposte per una riforma elettorale che attui finalmente l’articolo 51 della costituzione ci sono e sono depositate in Parlamento; molte voci di studiose, costituzionaliste, associazioni hanno proposto regole per la parità che si possono applicare anche in presenza di sistemi elettorali diversi: dalla lista bloccata, al sistema con il collegio, fino alla doppia preferenza di genere per i sistemi regionali con la preferenza.
Dobbiamo farne un grande dibattito pubblico, politico e culturale, nelle istituzioni e fuori da esse, perché sia chiaro che non si tratta di tutelare una “debolezza” femminile, né una rivendicazione corporativa, ma di rendere la democrazia più ricca, più inclusiva e più giusta.
Le donne ci sono e vogliono partecipare sempre di più e a pieno titolo. Noi, donne del Pd ci siamo. Abbiamo dimostrato di avere intelligenze, competenze, grandissime energie, leader che si sono affermate sul campo, riconosciute dalle donne e dagli uomini e che possiamo mettere a disposizione del governo del paese. Non si può costruire un paese moderno senza valorizzare le leadership femminili e se non cambiamo l’immagine di un parlamento troppo maschile.
Dal gruppo di lavoro uscirà la nostra proposta, le parole d’ordine con le quali avvieremo una grande campagna pubblica e sulla quale chiediamo a tutto il partito di impegnarsi.
Ho quasi finito. Nelle prossime settimane partiremo con un viaggio, saremo nelle piazze e nelle scuole, davanti ai luoghi di lavoro e nei mercati con le nostre proposte.
Continueremo a raccogliere le firme per chiedere le dimissioni di Berlusconi, ed incontreremo i cittadini per discutere le nostre proposte: fisco, lavoro, servizi, maternità, democrazia paritaria.
Come sapete, uno dei compiti della Conferenza è quello di eleggere una portavoce, che ha alcuni compiti precisi: presiede e convoca la conferenza stessa e promuove elaborazione ed iniziativa politica, coordina un lavoro di insediamento sui territori. Io che credo in una democrazia partecipata e fatta di persone, penso che questo sia un lavoro utile per il paese, perche nell’assenza di luoghi democratici cresce il populismo e l’antipolitica e nell’assenza di reti forti di donne i rischi di regressione sono sotto gli occhi di tutti. Io metto a disposizione la mia esperienza per proseguire questo percorso e questo lavoro con voi, in un luogo di scambio e di forza reciproca per fare del Pd un partito davvero capace di misurarsi con i cambiamenti del paese. Stare insieme non è una debolezza ma è un modo per costruire la forza e l’autorevolezza di ciascuna di noi, dunque di tante, di una intera classe dirigente femminile. Solo attraverso l’unità le donne possono essere forza di cambiamento e possono esserlo anche praticando la politica in modo diverso, trovando modalità di relazione che rendano questo partito accogliente ed aperto. La politica è anche una grande esperienza umana fatta di amicizia, scambio e condivisione.
Io credo che quello che avvenuto nelle piazze italiane domenica sia un fatto che può cambiare la politica italiana. Sta a noi ora, raccogliere la sfida e trasformarla in alternativa.
Compito del Pd è proporre un’altra idea di società, non solo proposte di governo ma una nuova cultura politica riformatrice, a partire dalle categorie politiche delle donne libertà limite cura responsabilità. La storia italiana ci insegna che il voto femminile è stato determinante per rompere equilibri politici e realizzare svolte e cambiamenti. Anche oggi siamo in questo passaggio. Il voto femminile è stato determinante per Berlusconi, il voto femminile sarà determinante per mandarlo a casa e seppellire il berlusconismo.
Vogliamo tornare a vincere con la forza delle donne. Il Pd potrà vincere solo con la forza delle donne.

da www.partitodemocratico.it