attualità, politica italiana

«Quei calci dell´ideologia da La Russa a Lele Mora», di Giovanni Valentini

Se si trattasse di una partita di calcio, la prova televisiva avrebbe condannato il colpevole a tre o quattro giornate di squalifica. E di recente, al termine di una gara di golf a Dubai, sono state proprio le immagini tv a far multare il mitico Tiger Woods per aver sputato sul campo, in forza delle regole di etichetta che in questa disciplina corrispondono all´etica sportiva.
Tant´è che subito dopo lui stesso ha sentito il dovere di scusarsi pubblicamente su Twitter. Non ha ancora fatto altrettanto, invece, il nostro ministro della Difesa Ignazio La Russa che già nelle settimane scorse avevamo ribattezzato qui il ministro dell´Attacco. La sequenza dell´aggressione fisica al collega Corrado Formigli di Annozero, reo soltanto di avergli rivolto un paio di domande incalzanti sul “caso Ruby”, ha invaso le tv e i siti Internet documentando in modo inequivocabile che il ministro ha proditoriamente scalciato il giornalista alle sue spalle, fingendo perfino di non averlo fatto apposta. Per poi invocare l´intervento della scorta, pagata con i soldi dei contribuenti, cercando goffamente di rovesciare la frittata e accusando il cronista di averlo preso a pedate.
Una scena francamente ripugnante e vergognosa. Un comportamento maramaldesco tanto più indegno per un ministro da cui dipendono le Forze armate e in particolare i carabinieri. Quale prova di onore e disciplina, secondo quanto prescrive la Costituzione per chi svolge funzioni pubbliche, offre così La Russa a tanti giovani in divisa che lavorano nell´esercito o combattono per la pace lontano dall´Italia? E quale modello di comportamento propone a tutti coloro che sono chiamati quotidianamente a difendere l´ordine pubblico?
Se non ritenessimo sinceramente che la gran parte dei carabinieri e dei poliziotti sono più responsabili del ministro-scalciatore, ci sarebbe da temere che d´ora in avanti qualcuno di loro si possa sentire autorizzato a comportarsi allo stesso modo: con i giornalisti che fanno il proprio mestiere oppure con gli studenti o con le donne che scendono in piazza. Uno schiaffo oggi, una pedata domani, si fa presto a passare dal legittimo esercizio della forza alla violenza o allo squadrismo. Magari nascondendosi dietro la simulazione o dietro la protezione della scorta, a dispetto della prova televisiva.
Purtroppo, come si sa, i “cattivi maestri” fanno scuola. Così un altro maramaldo del bunga-bunga, quel Lele Mora che si presenta come impresario o agente teatrale ed è indagato dalla magistratura milanese per induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, s´è avventato telefonicamente sullo stesso giornalista di Annozero e sui suoi colleghi di redazione, accusandoli in blocco di essere (testualmente) “comunisti di merda”. E poi, in linea con La Russa, ha aggiunto in tono minaccioso: “Spero che arrivino i fascisti a spaccarvi le gambe a tutti quanti”.
Rincresce constatare che, alla fine del Basso Impero televisivo, questo preoccupante rigurgito d´intolleranza nei confronti dell´informazione – di chi ha il dovere di fornirla e soprattutto di chi ha il diritto di riceverla – accomuna un ministro della Repubblica e un procacciatore di ragazze per i festini di Arcore. Nel primo caso, si tratta evidentemente di un abuso di potere che travalica l´esercizio delle funzioni governative. Nel secondo, di un´ostilità – per così dire – ideologica, unita a un´esplicita intimidazione o addirittura a un´istigazione a delinquere. Ma ancor più rincresce che in entrambi i casi sia mancata un´adeguata reazione a tutela dei giornalisti.
Al di là di qualche cauta e generica dichiarazione di circostanza, né l´Ordine professionale né la Federazione nazionale della Stampa hanno ritenuto di prendere iniziative contro l´aggressione di La Russa. Né tantomeno il vertice della Rai ha sentito il dovere di intervenire, dopo le offese e le minacce di Lele Mora, per esprimere la propria solidarietà ai malcapitati colleghi. Dopo la telefonata di qualche settimana fa per censurare in diretta la trasmissione di Michele Santoro, il direttore generale avrebbe fatto senz´altro bene a chiamare di nuovo lo studio per manifestare questa volta la partecipazione dell´azienda e prendere le difese dei suoi dipendenti.
Ora, di fronte all´emorragia di parlamentari dalle file di Futuro e Libertà, il povero Fini scopre lo “strapotere finanziario e mediatico” di Berlusconi. Ma quante volte e da quanti anni l´abbiamo scritto su questo giornale? È uno strapotere che nasce dal controllo della televisione, prima quella privata e poi anche quella pubblica; prospera sulla concentrazione pubblicitaria; e si sublima quindi nel più macroscopico conflitto di interessi che il mondo civile abbia mai conosciuto.

da la Repubblica