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«Nessun uomo cederà senza una regola che glielo imponga», di Maria Grazia Gerina

La platea apprezza l’impegno del segretario. «Nessuna pietà per i maschi: se gli toglieremo il posto sarà per il loro bene» Dopo la manifestazione del 13 «alleanza tra politica e società» La leadership, quel «passo avanti» che tutte, soprattutto le più autorevoli, sentono di dover fare è il grande tema che, a pochi giorni dalla piazza delle donne, aleggia nella platea delle democratiche riunite per la loro prima conferenza nazionale. E su quello, per ora, mettono alla prova il “loro” segretario, Pier Luigi Bersani. «Ha fatto un buon discorso», commenta Rosy Bindi, rimasta
tutto il tempo al tavolo della presidenza. «Purtroppo sulla possibilità che Berlusconi ascolti il suo monito e faccia una legge perché ci sia un governo per metà di donne non mi faccio illusioni. Perciò mi interessa di più che Bersani si sia impegnato a rispettare questa regola in un futuro governo di centrosinistra», lo incalza. Apprezzano ma non fanno sconti le donne del Pd. «Caro segretario, volevo dirti che tu stai facendo bene, però non accetto il linguaggio che usi quando dici che ci darai spazio perché noi gli spazi ce li stiamo già prendendo, siamo il cinquanta per cento del partito, anche se finora ci hanno gettato le briciole, siamo il vero potenziale del Pd, siamo la tua forza contro gli indebolimento che viene dalle correnti», scandisce tutto d’un fiato Valentina Sanna, 42 anni, presidente del Pd sardo. Quando finisce, con quel suo «vogliamo essere noi le leader», si prende l’abbraccio delle tante compiaciute di quel piglio “generazionale” (e anche molto “geografico”). Le giovani donne in platea sono parecchie. Quelle che hanno qualche esperienza sanno che non sarà facile. Barbara Pollastrini, ex ministro delle Pari Opportunità nel governo Prodi, la dice così: «Nessun uomo cederà mai se non ci sono regole che glielo impongono, ma soprattutto non cederà senza unconflitto.
E per quel conflitto c’è bisogno di tutte noi». Alessandra Bocchetti, femminista storica, aggiunge come viatico che: «Un posto preso da una donna sarà tolto ad un uomo, non vi impietosite, se riuscirete a toglierglielo sarà anche per il suo bene». In ogni caso – scandisce sempre Pollastrini – quelle «piazze in cui noi democratiche c’eravamo con fierezza e riconoscenza sono uno spartiacque».E su questo sono tutte d’accordo. Per questo forse prolungano l’effetto
«13 febbraio» continuando a raccontarsi le loro storie altre da quelle da harem del “Sultano”. Storia di Maria Jose Evora, nata a Capoverde, che per trent’anni in Italia ha lavorato «in casa di famiglie italiane», mandando soldi a casa e continuando a studiare fino al dottorato.Storia di Silvia Finzi, fondatrice di un circolo del Pd in Tunisia. Storia di Emilia Vitale, nativa di Boscoreale e cervello in fuga aNewYork. «Le
baronie che ho lasciato vent’anni fa, le ho ritrovate al ritorno, peggiorate». «Viviamo in un paese – dice Emilia – che ci vorrebbe tutte meteorine e farfalline». Che parla sempre di famiglia. Ma poi – ricorda da cattolica Silvia Costa – «mentre in Francia se hai più figli sei più sostenuta, in Italia sei solo più povera». «Eravate in tante in piazza e non possiamo che ringraziarvi per questo», dice Sonia De Bernardo, che interviene a nome del comitato organizzatore del 13 febbraio. «Se le donne della società civile e quelle della politica – risponde Marina Sereni – non creeranno una alleanza quel movimento si esaurirà e questo non possiamo permettercelo».

L’Unità 20.02.11