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"La Protezione civile affondata come il Titanic", di Corrado Zunino

Gabrielli scrive a Berlusconi: “Prima di ogni intervento servirà il sì di Tremonti, così si blocca tutto”. Il successore di Bertolaso contro le nuove norme previste dal Milleproroghe. La nuova Protezione civile affonderà come il Titanic. Lo dice, impotente più che furioso, il prefetto Franco Gabrielli, che dallo scorso novembre ha preso in mano il ricco carrozzone di Guido Bertolaso scoprendo, da subito, che la Protezione era nel frattempo diventata un dipartimento spoglio e indebitato. Ora Gabrielli si è reso conto che con il prossimo decreto Milleproroghe, pronto all´ultimo passaggio alla Camera, il Dipartimento sarà costretto ad attendere i “visto di intervenga” del ministero delle Finanze prima di poter muovere caterpillar e tende sul prossimo disastro naturale.
«Diventeremo la ex Protezione civile migliore al mondo», ha detto al Villaggio solidale di Lucca il prefetto, che di emergenze s´intende essendo stato commissario alla ricostruzione dell´Aquila. «Nel più assoluto silenzio il decreto Milleproroghe ha messo mano alla legge 225 del 1992 con riforme che, così come sono enunciate, ci affonderanno come il Titanic». Al suo fianco c´era il fondatore della Protezione civile moderna, Giuseppe Zamberletti, oggi presidente dei volontari. Gabrielli ha usato toni diretti per spiegare come il Dipartimento che si muoveva in assoluta libertà rispondendo solo e direttamente a Silvio Berlusconi oggi, per ogni singolo atto, dovrà accettare un controllo da parte del ministero delle Finanze e ottenerne il via libera.
«Per essere efficaci sulle emergenze più importanti dobbiamo muoverci entro 36 ore dall´evento. L´ho fatto presente ai funzionari del ministero dell´Economia e loro mi hanno risposto che se il disastro accadrà di venerdì bisognerà riparlarne la settimana successiva: sabato e domenica gli uffici sono chiusi». In questo momento, ha ricordato ancora Gabrielli, in Italia sono aperti «oltre 70 stati emergenziali». Certo, «si deve tornare a mettere ordine nei conti della Protezione civile, specie dopo aver usato le ordinanze per scopi non propri, ma lasciateci il suo core business, gli interventi sui disastri».
Giulio Tremonti, da sempre avversario di Guido Bertolaso e delle sue spese senza controllo (560 ordinanze in otto anni per un costo conosciuto di 10,7 miliardi), quando il “medico tropicalista” è andato in pensione è riuscito a portare sotto il suo controllo anche il Dipartimento delle emergenze. C´è di più. Il decreto Milleproroghe, tentando di mettere un argine a una Protezione sregolata che la scorsa primavera rischiò di essere trasformata in spa e che ha alimentato inchieste giudiziarie in tutto il territorio italiano, affiderà un controllo preventivo alle Corti dei conti, che abbisognano di almeno 37 giorni di indagini prima di dare un´indicazione sulla bontà delle spese da affrontare. «Saremo in mano a un pugno di burocrati che si occupano di un mondo che non conoscono e avremo un presidente del Consiglio con la responsabilità di tutti gli interventi, ma senza il potere di intervenire», ha detto Gabrielli. «Lo Stato mette le mani sui nostri fondi regionali e, però, non tocca l´articolo 5 bis comma 5 della legge 401 del 2001». È quello che estende la possibilità di utilizzare le ordinanze di Protezione civile ai grandi eventi: l´inizio della degenerazione.
Il prefetto, che ha lamentato le ingerenze della politica in un dipartimento che dovrebbe essere lasciato in mano ai tecnici, ha scritto una lettera a Silvio Berlusconi (e al ministro Tremonti e a Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni). Fa sapere, però: «Anche se non otterrò di fermare questi passaggi del Milleproroghe continuerò a lavorare. Tutti devono sapere che lo farò in ristrettezze e con tempi dilatati». Già. «Aspetteremo la prossima catastrofe per ottenere un nuovo decreto che ridà alla Protezione civile i poteri che ora ci vengono tolti. In questo modo l´Italia rincorrerà sempre l´emergenza. Non ha senso parlare di volontariato se viene scardinato uno dei sistemi principali della tenuta del paese».

La Repubblica 21.02.11