attualità, politica italiana

"I difensori dei privilegi", di Pietro Spataro

Quando si tratta di difendere i privilegi più assurdi riappare lo «spirito di Arcore». Il voto di ieri alla Camera è un altro cazzotto agli elettori e un colpo all’unità del Parlamento. Per salvare il doppio incarico di sette presidenti di Provincia si istituisce di fatto la figura dell’amministratore (o del deputato) part time. Un po’ l’uno e un po’ l’altro, ognuno dei magnifici sette sicuramente non svolgerà bene nessuna delle due funzioni. Concentrerà nelle proprie mani un doppoio potere (e un doppio stipendio) contro il parere della Corte Costituzionale che aveva stabilito l’incompatibilità. La sentenza della Consulta – riferita a un primo cittadino, guarda caso di Forza Italia – non faceva menzione di presidenti di Provincia anche se era del tutto logico estendere quel vincolo. Ma la scandalosa alleanza tra Pdl e Lega, con l’aggiunta di un deputato Udc, ha spazzato via la proposta «adeguativa» votata da Pd e Api. Ha prevalso l’interesse di partito visto che i presidenti in questione sono appunto tutti del
Pdl, della Lega e dell’Udc. Il danno al Parlamento e alla politica è pesante. Anche perché con il voto di ieri si crea una confusione legislativa inaccettabile. Già a dicembre al Senato l’alleanza Berlusconi-Bossi aveva rifiutato di applicare la sentenza della Consulta rendendo compatibili gli incarichi di sindaco (o presidente di Provincia) e senatore. Alla Camera siamo al paradosso per cui un sindaco non può fare il deputato ma un presidente di Provincia sì. Non c’è dubbio che occorra, al più presto e in modo chiaro, porre riparo a questo indecente doppio canale. È una battaglia di civiltà: vietare il cumulo di due cariche pubbliche, ma anche stabilire che chi viene eletto parlamentare faccia il parlamentare e sospenda il lavoro privato, sono i mattoni di una seria (e vera) riforma della politica. Che può spazzare via i veri privilegi che ancora si annidano nelle istituzioni e ridare la massima centralità al Parlamento. Quelli che sono «scesi in campo» sull’onda dell’antipolitica negli anni di
tangentopoli e quelli che ogni giorno la sparano sempre più grossa contro «Roma ladrona» si è visto di che pasta sono fatti. Massimi difensori degli interessi privati, dei doppi incarichi e delle doppie poltrone. Con loro i «guerrieri dell’antipolitica» possono dormire sonni tranquilli.

L’Unità 16.02.12