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"Ecco perché la crisi va spiegata ai ragazzi", di Gustavo Pietropolli Charmet

Fra poche settimane i ragazzi tornano a scuola. Non sarà un inizio d’anno come gli altri. La crisi ha coinvolto molte famiglie. I padri di alcuni di loro hanno perduto il posto di lavoro; molti hanno dovuto ridurre il tempo e i consumi delle vacanze. A tutti è giunta notizia che il governo e il Parlamento stanno occupandosi del loro futuro perché la crisi potrebbe compromettere la possibilità di creare nuovi posti di lavoro. Il futuro dell’intera Europa è incerto. E la scuola cosa dirà? Parlerà di ciò che sta succedendo? Li aiuterà a capire e a studiare i possibili scenari futuri?
I giovani attuali, a conclusione del periodo di formazione, si inseriranno in una società chiamata ad assumere decisioni importanti per la salvezza non solo dell’economia ma dell’intero pianeta. Sta diventando cruciale la diffusione della consapevolezza che i grandi problemi della condizione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, la distribuzione ineguale delle risorse, la salute e le malattie, i dilemmi bioetici, il confronto fra politiche e religioni, la ricerca di una nuova qualità di vita e di un nuovo modello di sviluppo) saranno affrontati nel corso dei prossimi anni proprio dai giovani che frequentano ora la scuola.
È evidente la necessità di mettere a loro disposizione competenze e strumenti di indagine all’altezza del compito che li attende. Bisogna che dispongano delle coordinate spaziali e temporali necessarie per comprendere la loro collocazione rispetto agli spazi e ai tempi della storia e della geografia umana, come suggeriscono le indicazioni per il curriculo, del 2006.
È indispensabile che la scuola li aiuti a capire che non si apprestano a essere le vittime di una regressione globale della qualità di vita e delle possibilità di esprimersi socialmente attraverso il lavoro, ma stanno per assumersi il compito di trovare la soluzione che renda compatibile lo sviluppo con l’ambiente in cui vivranno.
È indispensabile che la scuola li prepari a diventare membri competenti e solidali di una società in profondissima trasformazione alla ricerca di un modello che garantisca la sopravvivenza.
Per ottenere questo obiettivo bisogna che la scuola metta al centro della propria azione educativa lo studente che vive qui e ora e che solleva precise domande esistenziali e che individui delle aree tematiche da affrontare con un approccio multidisciplinare.
Aiutare i giovani a studiare il futuro per imparare a gestirlo è diverso dall’insegnare loro la storia della cultura e dello sviluppo della nostra specie. Per capire quanto sia essenziale che sentano di avere un comune destino europeo e planetario è necessario che le singole discipline che attualmente dominano la scena della scuola con i loro programmi indipendenti riconoscano la necessità di ricomporre la conoscenza, superino la frammentazione dell’attuale didattica e si integrino in un nuovo quadro di insieme.
L’attuale gravissima crisi deve essere presentata dalla scuola ai propri studenti anche come una grande occasione di cambiamento e di realizzazione individuale e collettiva.
I docenti devono riuscire a garantire ai giovani che affollano l’aula che non è possibile rubare loro il futuro, che le grandi crisi sociali comportano sofferenza e confusione ma sono anche il segno della necessità assoluta di un radicale cambiamento. Tocca loro attuarlo, individuando le linee essenziali del nuovo modello di sviluppo di cui diventare protagonisti. Pertanto occorre studiare ciò che sta succedendo e le sue intrinseche contraddizioni utilizzando gli strumenti di tutte le discipline distraendole dalla loro devozione al passato.
Sarebbe grave che la scuola tacesse e non dimostrasse interesse attivo per ciò che sta succedendo ai propri studenti. Non può lasciarli alle prese con le nere profezie di chi annuncia che lo sforzo di studiare è inutile poiché non c’è più lavoro, denaro, pensioni, sicurezza sociale. Per i giovani non credere che esista un tempo in cui si realizzerà il progetto e la vocazione personale è fonte di intenso dolore: chi annuncia loro che il futuro è morto compie un’azione antieducativa gravissima. Chi, avendo la possibilità e il compito di aiutare i giovani a costruire futuro e a riorganizzare la speranza che esista il tempo della realizzazione, omette di farlo, rischia di essere complice di chi mortifica il valore primario della giovinezza, la crescita e lo sviluppo del sé.
Nel corso di questa crisi la scuola darebbe un contributo inestimabile se riuscisse — oltre che a insegnare agli studenti il passato — ad aiutarli anche a studiare il futuro per esserne i protagonisti e non le vittime innocenti e inconsapevoli.

Il Corriere della Sera 01.09.12