Giorno: 25 Settembre 2012

"Cina chiuso per rivolta", di Giampaolo Visetti

“Chiuso”. Questo avviso, in Cina, è incomprensibile. All’alba di oggi però la direzione Foxconn l’ha fatto affiggere, un francobollo rosso, sull’immenso cancello grigio dello stabilimento di Taiyuan, città-industria modello tra le montagne dello Shanxi. Una fabbrica sbarrata e inaccessibile, improvvisamente alla deriva nel silenzio e circondata dalla polizia privata del signor Terry Gou, magnate di Taiwan. Un evento economicamente inconcepibile: perché il cartello “chiuso” campeggia, come un vecchio certificato di malattia, sullo stabilimento- simbolo del successo di Pechino, icona della modernità globale. All’esterno solo gli agenti in divisa nera, armati e muti. Dentro, 80 mila operai nelle loro tute blu, consegnati nei dormitori e isolati dal mondo. Questo blindato carcere-fortezza, anonimo tra centinaia di altri capannoni senza insegne, è la fabbrica che produce l’oggetto più desiderato del pianeta: l’iPhone 5, l’ultimo telefono-gioiello a marchio Apple, capace di fondere Oriente e Occidente nell’attesa notturna davanti a uno “store”. Nessuno si sognerebbe mai, in Cina meno che ovunque, di fermare nemmeno per un secondo la catena di montaggio che muove ciò che resta del consumo sul pianeta. …

"Cina chiuso per rivolta", di Giampaolo Visetti

“Chiuso”. Questo avviso, in Cina, è incomprensibile. All’alba di oggi però la direzione Foxconn l’ha fatto affiggere, un francobollo rosso, sull’immenso cancello grigio dello stabilimento di Taiyuan, città-industria modello tra le montagne dello Shanxi. Una fabbrica sbarrata e inaccessibile, improvvisamente alla deriva nel silenzio e circondata dalla polizia privata del signor Terry Gou, magnate di Taiwan. Un evento economicamente inconcepibile: perché il cartello “chiuso” campeggia, come un vecchio certificato di malattia, sullo stabilimento- simbolo del successo di Pechino, icona della modernità globale. All’esterno solo gli agenti in divisa nera, armati e muti. Dentro, 80 mila operai nelle loro tute blu, consegnati nei dormitori e isolati dal mondo. Questo blindato carcere-fortezza, anonimo tra centinaia di altri capannoni senza insegne, è la fabbrica che produce l’oggetto più desiderato del pianeta: l’iPhone 5, l’ultimo telefono-gioiello a marchio Apple, capace di fondere Oriente e Occidente nell’attesa notturna davanti a uno “store”. Nessuno si sognerebbe mai, in Cina meno che ovunque, di fermare nemmeno per un secondo la catena di montaggio che muove ciò che resta del consumo sul pianeta. …

"L'accusa di Monti: sull'anticorruzione inerzie non scusabili", di Dino Martirano

Di lotta alla corruzione il presidente del Consiglio ne aveva già parlato il 16 aprile davanti all’emiro del Qatar: «Ho chiesto a sua altezza quale fattore, in passato, avesse ostacolato di più gli investimenti stranieri nel nostro Paese… La corruzione, appunto». Poi ci era tornato su a Cernobbio e ieri, alla Conferenza internazionale sulle riforme strutturali, Mario Monti ha dato una stilettata al Pdl che sta facendo melina intorno al ddl anticorruzione: «Si va in salita, non in discesa, data una certa inerzia comprensibile ma non scusabile da parte di certe forze politiche», ma il governo «intende portare avanti» il ddl contro la corruzione inserito «dentro un pacchetto equilibrato» sulla giustizia. Così ha parlato Monti quando mancano tre giorni alla scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti al ddl Alfano che — riveduto alla Camera dove passò con la fiducia, inasprisce le pene e rende più stringenti le regole per la prevenzione della corruzione — è fermo da mesi in commissione al Senato. Il Pdl vuole cambiare, ammorbidendolo, il maxiemendamento imposto alla Camera dal …

"L'accusa di Monti: sull'anticorruzione inerzie non scusabili", di Dino Martirano

Di lotta alla corruzione il presidente del Consiglio ne aveva già parlato il 16 aprile davanti all’emiro del Qatar: «Ho chiesto a sua altezza quale fattore, in passato, avesse ostacolato di più gli investimenti stranieri nel nostro Paese… La corruzione, appunto». Poi ci era tornato su a Cernobbio e ieri, alla Conferenza internazionale sulle riforme strutturali, Mario Monti ha dato una stilettata al Pdl che sta facendo melina intorno al ddl anticorruzione: «Si va in salita, non in discesa, data una certa inerzia comprensibile ma non scusabile da parte di certe forze politiche», ma il governo «intende portare avanti» il ddl contro la corruzione inserito «dentro un pacchetto equilibrato» sulla giustizia. Così ha parlato Monti quando mancano tre giorni alla scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti al ddl Alfano che — riveduto alla Camera dove passò con la fiducia, inasprisce le pene e rende più stringenti le regole per la prevenzione della corruzione — è fermo da mesi in commissione al Senato. Il Pdl vuole cambiare, ammorbidendolo, il maxiemendamento imposto alla Camera dal …

"La grande baruffa del capitale", di Roberto Mania

«Diego, ma chi sei? Charles Bronson, il giustiziere delle notte?». Raccontano che Luca di Montezemolo, presidente Ferrari controllata dalla Fiat, abbia cercato di convincere l’amico per frenare la sua ira contro «i furbetti cosmopoliti», i due italiani con accento straniero, Sergio Marchionne e John Elkann, che guidano la Fiat diventata americana. Lui, il provinciale, residente in quel di Casette d’Ete, terra di ciabattini, diventati imprenditori globali, contro quel che resta del capitalismo aristocratico sabaudo. Che, persa la erre moscia, è rimasto con la voce roca, di chi dorme poco e fuma tanto, e che, al patron di Tod’s, dice: «Non mi rompere le scatole! ». Questo non era mai successo. Diego Della Valle gliel’ha giurata al «ragazzino» (John Elkann detto Jaki, erede degli Agnelli) che poi tanto ragazzino non è più essendo ormai passati 36 anni da quando nacque in quel di New York. Se n’è andato sbattendo la porta dal patto di sindacato di Rcs, che controlla il Corriere della sera, proprio contro il «ragazzino» il «funzionario » (Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca), e …

"La grande baruffa del capitale", di Roberto Mania

«Diego, ma chi sei? Charles Bronson, il giustiziere delle notte?». Raccontano che Luca di Montezemolo, presidente Ferrari controllata dalla Fiat, abbia cercato di convincere l’amico per frenare la sua ira contro «i furbetti cosmopoliti», i due italiani con accento straniero, Sergio Marchionne e John Elkann, che guidano la Fiat diventata americana. Lui, il provinciale, residente in quel di Casette d’Ete, terra di ciabattini, diventati imprenditori globali, contro quel che resta del capitalismo aristocratico sabaudo. Che, persa la erre moscia, è rimasto con la voce roca, di chi dorme poco e fuma tanto, e che, al patron di Tod’s, dice: «Non mi rompere le scatole! ». Questo non era mai successo. Diego Della Valle gliel’ha giurata al «ragazzino» (John Elkann detto Jaki, erede degli Agnelli) che poi tanto ragazzino non è più essendo ormai passati 36 anni da quando nacque in quel di New York. Se n’è andato sbattendo la porta dal patto di sindacato di Rcs, che controlla il Corriere della sera, proprio contro il «ragazzino» il «funzionario » (Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca), e …

"Le macerie della destra", di Massimo Giannini

Le dimissioni di Renata Polverini, forse le più lunghe della storia repubblicana, non sono solo l’ultimo atto di una gigantesca ruberia regionale. Nell’uscita di scena della governatrice c’è il tramonto di una carriera personale. C’è il tracollo di un sistema di potere fondato sul saccheggio del denaro pubblico. C’è la tragedia di una destra italiana che consuma la fase terminale della sua balcanizzazione, e di un Pdl che di fatto cessa di esistere come soggetto politico. Sono tutti colpevoli, in questo pecoreccio lupanare romano, metafora solo più rozza e plebea di un verminaio che è anche italiano. Colpevole è la Polverini. Se non sul piano giudiziario (almeno fino a prova contraria) sicuramente sul piano politico. Ha avuto bisogno di una settimana per capire ciò che era chiaro fin dall’inizio. Di fronte all’enormità dello scandalo che ha travolto la sua Regione, il suo partito e la sua lista, resistere non era solo impossibile. Era prima di tutto irresponsabile. Lei l’ha fatto. Per sette giorni ha tentato di difendere l’indifendibile. La Grande Abbuffata della Pisana e i …