attualità

"Atene, la protesta torna in piazza ma negli occhi dei lavoratori c’è un anno in più di sacrifici", di Adriano Sofri

La notizia che ha fatto il giro del mondo è che ad Atene ci sono stati violenti scontri fra dimostranti e agenti antisommossa e devastazioni. Le fotografie che hanno fatto il giro del mondo mostrano per lo più le fiammate delle bottiglie molotov lanciate contro la polizia. Nessuna fotografia è “bella” come quella in cui le fiamme, e sembrano ingoiare le persone. Siccome le fiamme che divampano dallo stoppaccio di una bottiglia si assomigliano come, per così dire, gocce d’acqua, scoprirete facilmente su Google che le fotografie dello sciopero generale greco dell’ottobre dell’anno scorso sono pressoché identiche alle fotografie di ieri. Anche le facce delle persone (e gli striscioni e le parole d’ordine) si assomigliano abbastanza, ma non altrettanto, e le loro fotografie, se sono meno “belle” del fuoco, sanno dire che cosa è passato loro addosso in un anno. Un salario ridotto allora di un terzo che ora è più che dimezzato, un posto di lavoro perduto, un’umiliazione e una volontà di riscatto che hanno avuto il tempo di maturare. Le facce però sono eclissate dalle fotografie del fuoco, e anche il micidiale (e indebito) ricorso ai gas lacrimogeni e al “pepper spray” che ancora ieri sera faceva lacrimare e tossire nel centro di Atene, ma che non si lasciano fotografare.
Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, che aspetta di ereditare dalla coalizione di vecchi e nuovi conservatori un Paese prostrato dalle imposizioni finanziarie, è sceso in piazza badando a far risaltare la sua presa sindacale, e disponendo, come non era solito avvenire, il controllo della sua parte di manifestazione attraverso un proprio servizio d’ordine. La stessa cosa è avvenuta per gli altri settori dei lunghissimi cortei, per esempio in quello degli insegnanti e dei lavoratori della scuola, che hanno impedito a dimostranti troppo nervosi di mescolarsi alle loro file. Gli scontri con la polizia sono un fine per poche centinaia di militanti, molto giovani per lo più; sono continuati sporadicamente oltre l’orario, finendo nella piazza Exarchia, ormai incrocio misto del movimento e della movida ateniese. La notizia vera è dunque che l’adesione allo sciopero è stata altissima, e che le manifestazioni di strada sono state delle più imponenti e, nella stessa Atene, delle più pacifiche e controllate.
La partecipazione così ampia e davvero bella alla manifestazione che ha riempito per tante ore il centro della città –piena di donne e ragazze e persone di tutte le età- è un serissimo avvertimento al governo greco, che si è appena impegnato a nuovi tagli per 12 miliardi di euro entro due anni. Si può d’altra parte immaginare che il governo greco, che ha un prestigio bassissimo ed è legato a cappio doppio al dettato internazionale, provi a servirsi della forza non rassegnata dell’opposizione sociale nel negoziato con la “troika”. Che non è affatto un vero negoziato, composto com’è dei diktat politici e delle ispezioni “tecniche” di Fmi, Unione e Banca Centrale, in mezzo ai quali governo e parlamento greco galleggiano senza alcuna autonomia. Nei giorni scorsi, mentre dura l’andirivieni degli ispettori della troika, si sono dati i numeri sul punto dei tagli necessari al debito del prossimo biennio, dagli 11,7 miliardi del piano di Samaras ai 17 o 20 (o 30) di Christine Lagarde o dello Spiegel o dell’ennesimo benintenzionato. Intanto si sono pubblicati i dati secondo cui in Grecia i dipendenti statali e i liberi professionisti, in numero sostanzialmente equivalente, 2 milioni e mezzo, contribuiscono al fisco rispettivamente per 80 miliardi e per 3 miliardi. Una ricerca dell’università di Chicago sui debiti privati dei liberi professionisti greci argomenta che solo per rimborsarli dovrebbero pagare il 120 per cento del reddito dichiarato! E che nel solo anno scorso avrebbero fatto mancare all’erario 23 miliardi di euro. Sui quasi 12 miliardi della nuova manovra di governo, pensionati e dipendenti statali sono destinati a versarne otto.
Questi dati spiegano come, nonostante la disoccupazione altissima, i sindacati greci si mostrino forti, compreso il Pame, emanazione ortodossa del Partito comunista, radicato e combattivo fra i lavoratori metallurgici e delle navi: anche ieri ha manifestato per suo conto. Lo sciopero generale nazionale di ieri, indetto dalla confederazione dei lavoratori privati, GSEE, e dal sindacato dei pubblici, Adedy, con l’adesione di pressoché tutte le sigle di categoria, veniva dopo che erano entrati in sciopero i medici e gli infermieri degli ospedali, i magistrati, gli agenti del fisco e i giornalisti –che l’avevano anticipato per poter informare oggi sullo sciopero generale.
Il visitatore autunnale della Grecia sarà indotto a chiedere che cosa significhino le due parole che legge dappertutto: Enoikiazetai, e Poleitai. Significano “Si affitta” e “Si vende”. E’ probabile che l’Europa delle autorità responsabili continui a giocare col fuoco, quello sì, della sofferenza e della insofferenza sociale, in Grecia o in Spagna e altrove. E con un altro fuoco, altrettanto micidiale, quello che sospinge in Grecia una formazione di nazionalismo razzista e fascista come “Alba dorata”. Nei sondaggi successivi alle elezioni il consenso della sinistra di Syriza è ancora molto alto, ma è restato stazionario o è calato, mentre quello dell’estrema destra di Alba dorata, nonostante la virulenza delle sue aggressioni xenofobe (o piuttosto in grazia sua) cresce, vedremo, in modo allarmante. L’allarme dovrebbe arrivare alle orecchie delle autorità europee, almeno quanto quello suscitato dal debito, cui è del resto così strettamente legato. Le strade di Atene erano piene di ragazzi ieri. Ma una insegnante, guardando magliette e bandiere sulle quali resiste la faccia del Che, mi ha detto amaramente: «Sapessi quanti dei nostri ragazzi ora pensano a quelli di Alba Dorata come ai loro eroi!».

La Repubblica 27.09.12