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Pierluigi non molla Vendola “Ma basta attacchi a Monti e contro Grillo serve l’Udc”, di Goffredo De Marchis

«Avevamo visto giusto anche a prendere di punta Grillo…». Al telefono da Arezzo Pier Luigi Bersani ha il tono della vittoria e si lascia andare. «La forza dell’asse progressistimoderati non è una novità. Per me semmai è una conferma, da tre anni siamo a caccia di questo obiettivo». Ma se qualcuno, e Casini lo fa subito spalleggiato da alcuni dirigenti del Pd, gli chiede di abbandonare Nichi Vendola al suo destino, il segretario del Pd risponde picche: «Noi organizziamo i progressisti, Casini i moderati. La Sicilia dimostra che vinciamo alleati col centro, altre realtà dicono che si può governare e bene con Sinistra e libertà». Alla fine la conclusione è sempre la stessa: per arrivare a Palazzo Chigi il Partito democratico vuole tenere insieme i due capi del filo. Dopo le voci della domenica su un boom del Movimento 5 stelle non sorprende l’affondo contro il comico genovese. È come un sospiro di sollievo. Ma quando parla di un vasto schieramento da offrire agli elettori la prossima primavera, Bersani sa che sarà utile anche a creare un «argine» al fenomeno del grillismo. L’importante è che il Pd sia la forza federatrice di un patto di governo largo, seppure difficile da gestire. Perché questo gli darà la forza di esprimere il candidato premier. Le primarie stanno facendo il resto, dando fiato ai democratici e legittimando con un voto popolare la scelta dell’eventuale presidente del Consiglio. Serve, la sfida interna, a rispondere soprattutto a un fenomeno che spaventa anche più di Grillo: l’astensione record. Nei sondaggi di Largo del Nazareno si legge che tutto il Sud, non solo la Sicilia, viaggia intorno a percentuali di non voto vicine al 50 per cento. Solo un’offerta chiara credibile è in grado di fermare la valanga.
Dunque, la richiesta avanzata dall’Udc viene subito respinta. Non ci sarà un Pd senza Sel. Ma il voto siciliano può essere utile per far abbassare i toni di Vendola nei confronti di Mario Monti, di Casini e dell’affidabilità di un’alleanza con i moderati. Andare da soli ha portato la sinistra fuori dall’Assemblea regionale siciliana, lo strappo non ha pagato. Questo è il messaggio che ieri Bersani ha consegnato a Vendola. «Non regaliamo Monti e la sua credibilità ad altri. Visto il Berlusconi di Villa Gernetto? Quella linea è antitetica al governo dei tecnici. È il momento di non fare errori», è il ragionamento del segretario del Pd.
Vendola non verrà mollato, ma non deve più sfidare il mondo dei moderati. Tanto più che i segnali in arrivo dall’Udc, dopo la vittoria in Sicilia, sono chiarissimi. Se rimarrà il Porcellum, com’è probabile, Casini «non esclude» di coalizzarsi con il Partito democratico, ossia di formare una vera alleanza di governo da presentare agli elettori. Portando i propri voti alla candidatura di Bersani per Palazzo Chigi. Ecco perché Monti va salvaguardato dagli attacchi e da giorni il leader Pd ripete a Stefano Fassina che sulla legge di stabilità bisogna evitare gli attacchi frontali al premier. La svolta dell’Udc risente delle esternazioni di Berlusconi rendendo impossibile guardare a un centrodestra rinnovato. E la “grande paura” di non riuscire a tenere l’elettorato centristra in un patto con la sinistra guidato da un candidato di quella parte è svanita ieri davanti agli ottimi risultati siciliani dell’Udc.
Di questo passaggio discutono da giorni Bersani e Casini dando per quasi impossibile la modifica della legge elettorale. A questo tipo di asse si riferisce il leader dell’Udc quando chiede al Pd di rompere con Vendola per attirare la Lista per l’Italia, il Movimento Terza Repubblica, Italia Futura e tutte quelle personalità che ruotano intorno all’agenda Monti. C’è il Professore, magari non fisicamente, nel patto tra progressisti e moderati. Su questo concordano Bersani e Casini. Come fa allora a esserci Vendola? Il segretario del Pd però è convinto che la forza polemica di Sel contro i tecnici sia legato alla campagna delle primarie. Una volta finita quella partita il quadro sarà più chiaro e la propaganda si farà da parte. «In questa fase io capisco Nichi», ripete Bersani. Come se sapesse che sono slogan a termine. E avesse già incassato dal governatore pugliese una non belligeranza per il futuro.
La Repubblica 30.10.12