attualità, politica italiana

“Anche Berlino nella campagna elettorale”, di Luigi La Spina

I tedeschi si devono rassegnare ad essere «coinvolti» nella campagna elettorale italiana. Tutto dipenderà dal modo, dallo stile, dalla validità degli argomenti usati. Da parte loro e da parte nostra. Dopo tutto l’opinione pubblica tedesca, i giornali grandi e piccoli, gli uomini politici tedeschi da oltre un anno (per tacere della lunga agonia dell’ultimo governo Berlusconi) hanno espresso sempre ad alta voce quello che pensavano del paese Italia, degli italiani e del loro governo. E non sempre in toni amichevoli. Sono stati prodighi di consigli, di raccomandazioni, di velate minacce. Si sono presentati spesso come modello da imitare, tout court, a prescindere dalle complesse differenze delle due società. In questo contesto, anche nella discussioni di merito (incisività delle riforme, riduzione del debito pubblico ecc.) si sono insinuati stereotipi negativi sugli italiani che sembravano essersi attenuati con il passare degli anni.
Più complicato è l’atteggiamento da parte italiana. Anche qui inevitabilmente sono ricomparsi gli stereotipi verso la società tedesca – l’ambivalenza tra l’ammirazione per l’efficienza, la coerenza, la capacità di realizzazione dei tedeschi e l’irritazione per il tono talvolta rigido e supponente da essi usato. In questa sede non prendo neppure in considerazione le espressioni volgari, offensive rivolte alla persona della cancelliera, apparse su giornali di destra.
Se si passa alla stampa seria, in Italia si è delineato verso la Germania un fronte di rispetto, per così dire, nei confronti delle sue posizioni. Rispetto accompagnato però dall’attesa di una maggiore elasticità e attenzione verso la difficile situazione italiana e in generale di altri Paesi in difficoltà ancora maggiori. Questa attesa è andata delusa. I tedeschi – i grandi giornali, la classe politica, la cancelliera – non hanno capito questa sottile delusione degli italiani. L’hanno fraintesa.
Gli italiani non si aspettavano «sconti» sottobanco, ma un comportamento più generoso da parte della grande Germania. In nome di quella Europa solidale, che era stato il cavallo di battaglia degli stessi tedeschi. Questa delusione è diventato un sentimento palpabile, che si involgarisce facilmente in populismo anti-tedesco. Come tale sarà usato a piene mani – ahimè – da chi sta cercando la sua rivincita politica.
Tocca ai politici seri – italiani e tedeschi – saper distinguere il dissenso ragionato attorno ad alcuni atteggiamenti del governo tedesco dall’antitedeschismo a buon mercato. Anche se non sarà facile spiegarlo in campagna elettorale. Ma i politici hanno la loro responsabilità. Il successo di Mario Monti in Germania è stato straordinario (sino al grottesco di essere considerato senz’altro «tedesco», il che evidentemente per loro è il massimo complimento), guadagnandosi la stima personale della cancelliera. Paradossalmente questo oggi può diventare un handicap.
In realtà il nostro presidente del Consiglio, nel suo stile riservato, non ha mancato di insistere anche a Berlino per una maggiore elasticità della politica tedesca, appoggiandosi per l’occasione ad altri partner europei. Ma non mi pare che abbia raggiunto il suo scopo. L’abile cancelliera Merkel sembra ottenere quello che vuole, conservando la sua immagine (elettoralmente redditizia) di donna forte d’Europa. Ora sembra preoccupata per ciò che può accadere in Italia.
Se il clima politico dovesse incattivirsi proprio attorno ad una nuova «questione tedesca», tocca a Mario Monti esporsi per chiarire con forza la posizione dell’Italia. Ha gli argomenti di competenza, non soltanto per difendere eventualmente la sua stessa azione politica dall’accusa di sudditanza ai diktat di Berlino, ma per chiarire l’intera questione davanti all’opinione pubblica più consapevole.
I prossimi mesi offriranno la prova della maturità reciproca delle opinioni pubbliche italiane e tedesca, del giornalismo più influente e soprattutto della classe politica dei due Paesi.
La Stampa 12.12.12