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“Impopolare anche in Europa, il Cavaliere è solo”, di Pierluigi Castagnetti

Lo sapevamo e l’abbiamo anche detto, Bersani in particolare da settimane sta dicendo che senza di noi al governo l’Italia diventa un problema per tutti, per l’Europa e per il mondo. La reazione del capogruppo Ppe nel parlamento europeo Joseph Daul è di una durezza e una chiarezza esemplari: la sfiducia al governo Monti da parte del Pdl è stato semplicemente un atto di irresponsabilità.
Una posizione condivisa da tutti i capi delegazione nazionali di quel gruppo a partire dall’italiano Mario Mauro. Non c’è da attendersi che nei prossimi giorni venga decisa l’espulsione del partito di Berlusconi dal Ppe, perché i numeri contano e quello del drappello di parlamentari italiani del Pdl è piuttosto consistente, ma è certo che ieri è cominciato il processo di una sua progressiva marginalizzazione politica.
Il fatto che a distanza di poche ore Angela Merkel abbia ribadito lo stesso giudizio esprimendo la fiducia che gli italiani non dissiperanno il lavoro del governo Monti significa che i democristiani tedeschi invitano gli italiani a votare ogni partito fuorché il Pdl. Ciò che Berlusconi ha sottovalutato è che l’Unione europea in questo momento di crisi finanziaria che la investe direttamente richiede una compattezza straordinaria e un’affidabilità senza riserve a tutti i partner.
L’Unione non può tollerare una campagna antieuropea in un paese strategico come l’Italia. In Europa non capiscono come ci possa essere chi in questo momento mette in discussione gli impegni sottoscritti e la necessità di una sostanziale sovranità finanziaria a livello comunitario, quando persino la Grecia e la Spagna, guidate da leader democristiani sfidati da una situazione drammatica con la disoccupazione che supera il 20 per cento continuano a fare ciò che è loro richiesto. In Italia invece oltre a movimenti antisistema come quello “5 Stelle” si sta costituendo una coalizione fra Pdl e la Lega che intende cavalcare gli stessi argomenti.
C’è poco da gridare all’interferenza straniera o alla lesione della nostra autonomia quando le scelte di un paese minacciano di produrre ricadute drammatiche negli altri paesi. La questione è semplicemente questa: nessuno in Italia può ignorare quali possano essere le conseguenze sistemiche di una soluzione di continuità con il lavoro del governo Monti, ancor meno chi si candida a un ruolo politico nazionale importante, fosse anche solo quello del maggior partito di opposizione. È evidente che i nostri partner possono e debbono essere politicamente indifferenti all’esito delle nostre elezioni nazionali, vinca una sinistra democratica o un centro democratico o una destra democratica, ma non possiamo pretendere da loro che siano indifferenti rispetto a una campagna elettorale che tendesse a capovolgere la cosiddetta agenda Monti e, di fatto, a cancellare gli impegni assunti in questo anno.
La presa di posizione del Ppe di ieri ha, dunque, un valore che va oltre una rottura all’interno dello stesso gruppo politico e rivela una volta di più come nell’era della globalizzazione e del predominio dei mercati finanziari il tema delle sovranità nazionali, almeno all’interno dell’Unione europea, va declinato in modo nuovo. Il Pd ne è ben consapevole e, infatti, non dice che le sovranità nazionali si sono ridotte, preferendo dire che si sono dilatate in un perimetro largo che comprende tutti i partner dell’Unione, in cui ognuno è interessato e in parte partecipe delle decisioni dell’altro poiché le decisioni dell’altro avranno ricadute positive o negative a casa propria.
Gli elettori continuano a essere giustamente liberi di scegliere quale partito politico ritengono più adeguato a gestire in modo giusto ed equo i passaggi che portano verso il futuro, ma non hanno la libertà di mettere in discussione unilateralmente le fondamenta di una Unione politica, almeno fino a quando si pretende di farne parte.
da Europa Quotidiano 12.12.12