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“La politica è bella”, di Sara Ventroni

Benigni accende i puri di cuore e manda in subbuglio la bile degli atei devoti. Saltimbanco senza padroni, sarto senza fettuccia e senza gesso, Benigni ha cucito un abito semplice e solenne, uno scampolo di parole sgargianti per la nostra nuda Costituzione. La sua eresia è questa: la politica è bella come la vita. Roberto l’ha vestita con la discrezione che si deve alla più bella del mondo. Non ha voluto esagerare con i fronzoli. Ce l’ha presentata senza trucco, scarna ed essenziale, così come si è svegliata, il 22 dicembre del 1947. Il testo dei padri e delle madri costituenti non suona le note trionfali di Beethoven ma ha la cadenza popolare di una laus semplice, frugale, potente come il verbo fatto carne. Un inno alla gioia. Una lode al creato intelligente. Un canto alle donne e agli uomini che hanno intelletto d’amore.
Benigni, questa volta, invece di strizzare l’occhio ai milioni di cittadini che già lo amano, si è asciugato le labbra disidratate, ha tamponato la fronte madida di sudore per parlare, guardando dritto nella telecamera, all’angelo più bello e ribelle, Lucifero, il dèmone dell’individualismo triste, lo spettro che ammicca, anima in vendita per un pungo di rabbia, angelo caduto nel pozzo della solitudine, affamato di rancore e di vendetta, Narciso che si mira e naufraga, direbbe Napolitano, nel «corso limaccioso dell’antipolitica», nel «qualunquismo istituzionale». In armonia con il patrono d’Italia, Francesco D’Assisi, giullare di Dio, innamorato del Creatore non meno che delle sue creature, Benigni indossa il saio minimalista perché sa bene che la Costituzione, come il Vangelo, si mostra ai semplici e ai bambini. Forza venite gente. Non è mai troppo tardi per dirlo, non è mai scandaloso cantare, come avrebbero detto i Pink Floyd, davanti al muro delle rovine del 900, «together we stand, divided we fall». Insieme ce la facciamo, divisi, cadiamo. Per uscire dall’eterno presente della farsa (domenica c’è stato lo show off di Berlusconi da Barbara D’Urso, lunedì i proclami anticostituzionali del Cavaliere a Quinta Colonna) Benigni ha risparmiato le energie, concedendogli solo un epitaffio, un centone senza più passione e senza convincimento, un pedaggio da pagare per la fine di questo ventennio, un omaggio postremo al Cavaliere Pazzo, che ha perso il senno sulla Luna, piccolo dittatore al quale si vuole bene anche perché non è normale.
Ma il meglio è venuto dopo: sconfitti i Voldemort in doppioppetto, messi da parte i Mangiamorte, anestetizzati i vampiri attaccati al collo del popolo, ci siamo consolati con la lettura del testo sacro nazionale, la Costituzione, l’I-Ching di noi popolari, noi socialisti, noi democratici, noi postcomunisti, noi azionisti, noi buddisti, noi cristiani, noi socialdemocratci, noi ebrei, noi donne, noi popolo, noi cittadini, noi non credenti, noi tutti. Tredici milioni di italiani, bambini compresi, hanno ascoltato i versi minimalisti dei padri della patria. Benigni è stato chiaro. I nemici della democrazia hanno due nomi: Signora Indifferenza e Singorina Astensione. Il poeta De André avrebbe scritto una canzone in ottave, se solo fosse ancora qui con noi.
Schioccando ogni parola come un Mosé alle prese con i comandamenti, Roberto Benigni, ripercorrendo i 12 articoli, sacri come il corpo e il sangue di cui siamo fatti, arrotolati nella bandiera, ha confezionato un pacchetto-regalo per l’Europa. Non è affatto piccolo il dono che portiamo: l’Italia ha fiducia, in nome degli articoli 1, 2, 3, 4, 11, nel dovere appassionato della partecipazione, nell’imperativo morale della solidarietà, nel principio inderogabile dell’uguaglianza, nell’identità di una Repubblica fondata sul lavoro, nel comandamento dell’uguaglianza e nel ripudio della guerra. L’architettura morale, perfetta, dell’articolo 3, ripresa in copia carbone dalla Carta Dell’Onu, è una poesia in cui ogni parola è perfetta, sta bene al suo posto, e nessuno può spostarla.
Scanditi come comandamenti, consacrati come una poesia di Brecht, avvolti nella bandiera tricolore e benedetti da uno sputo scaramantico di fiducia e di speranza, i dodici articoli della Costituzione sono il nostro regalo all’Europa. Buon Natale.
L’Unità 19.12.12