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“Questa coalizione del Professore è una operazione di centrodestra inopportuno che ci metta il nome”, di Umberto Rosso

Onorevole Franceschini, Monti ha sciolto la riserva e assume il ruolo di capo politico dei centristi. Che effetto fa al Pd?
«Nessuna preoccupazione, se questa è la domanda. E’ un processo interno che riguarda un’altra area, che non incide minimamente sul nostro mondo e i nostri elettori. E’ un’operazione tutta interna al centrodestra. Non temiamo concorrenza».
Solo di centrodestra?
«Certo, basta guardare i nomi dei principali esponenti. Fini, Casini, Montezemolo.
Il campo è quello lì. Sul piano politico può rappresentare una novità, un passo avanti. Dopo un ventennio berlusconian-leghista, finalmente la possibilità di una stagione di confronto e scontro “normale” col centrosinistra. Di certo comunque, nel terremoto politico che si è scatenato (i centristi con Monti, il Pdl spaccato in due, Grillo, gli Arancioni), il Pd è rimasto l’unico punto fermo, la bussola
nel caos».
Monti presenta come «nuova» l’operazione che tiene a battesimo.
«Ci andrei cauto col «nuovo». Intanto perché è una coalizione che mette insieme tante personalità diverse. Tra il laicismo di Della Vedova e il credente Riccardi, per esempio, c’è una bella distanza. Il rischio è quello della eterogeneità. Proprio il problema che noi ci siamo messi alle spalle, tagliando con l’ala sinistra più radicale, Di Pietro, e i tanti gruppetti della fu Unione».
Gli altri dubbi sul tasso di nuovismo del premier?
«Come gli sceglieranno i candidati, un tot a lista? E’ previsto un tetto di mandati parlamentari? Quante donne? Faranno le primarie? Noi le abbiamo lanciate, per la scelta del candidato premier e da oggi anche per deputati e senatori. Questo è il nostro profilo, il partito che porteremo in campagna elettorale. Non basta dirsi nuovi. Aspettiamo le scelte di Monti alla prova dei fatti, e ci confronteremo davanti agli italiani».
C’è anche il nome del cartello, “Agenda Monti per l’Italia”.
«Confido che non sia vero, spero che Monti non metta il suo nome nel simbolo elettorale. E di non ritrovarmi di fronte magari un’ “Agenda” stampata in piccolo piccolo e un “Monti” in caratteri cubitali. L’uomo che meglio di tutti conosce l’Europa, sa bene che in nessun paese oggi c’è una lista col nome del candidato. E’ un brutto lascito berlusconiano, che va rimosso. Il Pd volta pagina, non c’è il nome Bersani in cima alle nostre liste. Che non lo faccia Monti, un senatore a vita, che è stato premier con il consento di tutti, sarebbe proprio inelegante».
Alcuni del Pd con in testa Ichino hanno lasciato il partito per seguire l’avventura politica del Professore.
«Forse perché non hanno ottenuto un posto nel listino, una poltrona garantita in Parlamento. Quei pochissimi che mancano all’appello, tre o quattro, non sarebbero usciti dal Pd. Ma sono le primarie, bellezza».
Monti parla di autosufficienza del suo raggruppamento.
«Serve misura nelle cose. Non credo che pensi di vincere le elezioni e di governare da solo. Adesso, nell’immediato, noi andremo al confronto in campagna elettorale con lo stesso spirito che abbiamo avuto in questi tredici mesi di governo. Dopo il voto, si vedrà. Ma dovrà essere il centrodestra di Monti a dirci che intenzione ha, se e come vuol costruire con noi un’alleanza».
Ma l’agenda Monti per voi che fine farà?
«L’ho già detto, il nostro atteggiamento resta lo stesso. Abbiamo sostenuto il governo ma correggendone sempre la rotta in direzione dell’equità e della difesa delle fasce sociali più deboli. Così è stato sull’indicizzazione delle pensioni, sugli esodati, sull’articolo 18. Senza le nostre correzioni, l’agenda Monti sarebbe stata iniqua. E lo faremo notare in campagna elettorale».
La Repubblica