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"Damiano: errori nelle riforme Fornero, le cambieremo", di Enrico Marro

Mandare in pensione con le vecchie regole tutti gli esodati, anche se fossero altri 260 mila oltre i 130 mila già tutelati. Ripristinare da subito l’indicizzazione ai prezzi delle pensioni superiori a tre volte il minimo. Garantire le attuali durate dell’indennità di mobilità (massimo 48 mesi) finché il Paese non sarà uscito dalla crisi. Cancellare l’articolo 8 della legge Sacconi che consente agli accordi aziendali di derogare alle norme anche in materia di licenziamento. Queste le intenzioni di Cesare Damiano, Pd, ex Fiom-Cgil ma della minoranza riformista, che da ministro del Lavoro del governo Prodi smontò nel 2007 la riforma delle pensioni Maroni, sostituendo lo “scalone” con le più morbide “quote”. Ora ha vinto le primarie a Torino e punta a tornare tra i protagonisti della prossima legislatura. Ma, pur censurando l’operato dell’attuale ministro Elsa Fornero, di cui è stato compagno di banco all’Istituto tecnico commerciale Luigi Einaudi di Torino, assicura: «Se torniamo al governo non butteremo le riforme Fornero nel cestino, ma le correggeremo perché contengono errori fondamentali».
Quali?
«L’abolizione delle pensioni d’anzianità e l’accorciamento della durata degli ammortizzatori sociali, decisi in una crisi economica grave e prolungata, ha prodotto una situazione strutturale in cui le persone finiscono per trovarsi senza lavoro e senza pensione, anche per 4-5 anni».
Gli esodati?
«Sì. Avevamo avvertito il governo, poi abbiamo dovuto rimediare in parte, ma se vinciamo le elezioni dobbiamo gradualmente fare in modo che nessuno resti senza reddito, consentendo a tutti, esodati, contributori volontari e le altre categorie interessate, di poter andare in pensione con le regole precedenti alla riforma Fornero».
Quanti sono oltre ai 130 mila cui questo è già stato concesso?
«L’Inps aveva stimato in 390 mila tutti i lavoratori interessati. In questo caso ne resterebbero 260 mila. Secondo altri sono meno. In ogni caso vanno tutelati».
Dove prenderete i soldi, se per salvaguardare 130 mila sono già stati stanziati 9 miliardi?
«I soldi li troveremo perché gli interventi saranno graduali».
Ma ce la farete, considerando che volete trovare risorse anche per ripristinare l’indicizzazione delle pensioni?
«Certo, il blocco della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo è già previsto che salti nel 2014, ma se andremo al governo dovremo intervenire già per quest’anno, aprendo subito un tavolo di concertazione con i sindacati dei pensionati».
A parte queste modifiche l’impianto della riforma, cioè le nuove età pensionabili, resterà?
«Per ora posso dire che questa riforma ha bisogno di correzioni profonde, a partire dalla questione degli esodati».
E l’altra riforma Fornero, quella del mercato del lavoro?
«Sulla flessibilità in uscita, dico subito che la soluzione trovata sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (licenziamenti, ndr) va bene e che quindi sono contrario al referendum promosso da Sel mentre sono favorevole a cancellare l’articolo 8 introdotto da Sacconi. Sulla flessibilità in entrata bisogna convocare un tavolo imprese-sindacati per trovare soluzioni idonee a rilanciare le assunzioni. Sugli ammortizzatori sociali, invece, bisogna intervenire subito, garantendo la copertura dell’indennità di mobilità fino a quando la crisi non sarà finita».
Il premier Mario Monti dice che voi, riferendosi a Fassina e Vendola in particolare, volete conservare un mondo del lavoro cristallizzato e iperprotetto, impedendo la modernizzazione del Paese.
«Forse è Monti che è arroccato. Non si può andare avanti solo guardando ai mercati finanziari trascurando la realtà del mondo del lavoro».
Col Pd si candida anche Carlo Dell’Aringa, portatore di una linea vicina alla Cisl e alla Confindustria, che la Cgil non volle come ministro del Lavoro del governo Monti. Una Cgil che potrebbe condizionare un eventuale governo Pd. Come farete, in ogni caso, a conciliare Dell’Aringa con la Cgil e con Vendola?
«Quella di Dell’Aringa è un’ottima candidatura: una persona di competenza, di prestigio e di grande equilibrio. Siamo un partito plurale e faremo sintesi tra posizioni diverse. Quando alla Cgil, basta con le favole metropolitane: è finito il tempo della cinghia di trasmissione. Ormai c’è indipendenza, anche se non indifferenza. E comunque il Pd guarda all’insieme del sindacato».

Il Corriere della Sera 03.01.13

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