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"I giovani democratici incontrano i loro candidati e presentano con reti e associazioni le proposte sul lavoro", di Mario Castagna

Si tirano le somme al centro congressi Frentani. I Giovani Democratici si ritrovano, dopo quattro anni di attività politica, per un bilancio insieme alla dozzina di parlamentari che provengono dalla loro organizzazione che verranno eletti nelle liste del Pd alle prossime elezioni. E con le decine di associazioni, reti, coordinamenti di precari e di giovani professionisti con cui hanno costruito la campagna Alta Partecipazione si ritrovano alla fine di questa lunga camminata tra le condizioni di vita dei giovani italiani. Un esperimento, piuttosto riuscito, di nuove relazioni tra partiti e attivismo sociale, che si é concluso ieri con una grande assemblea che ha visto la partecipazione di centinaia di ragazzi.
L’Associazione nazionale archeologi, la rete degli studenti, la Link coordinamento universitario, l’associazione Giosef, la fondazione Benvenuti in Italia, e tante altre associazioni, hanno voluto sottoscrivere, con i giovani candidati alla Camera dei Giovani Democratici, l’elenco delle loro proposte. E tutti hanno voluto mettere la firma sul grande striscione che all’ingresso rassumeva il lungo elenco di proposte. E a siglare questo patto ieri c’erano anche Stefano Fassina, Matteo Orfini e Susanna Camusso, oltre a centinaia di ragazzi venuti da tutta Italia.
Ad aprire la giornata è stato Fausto Raciti, segretario nazionale dei Giovani Democratici, che ha rivendicato con forza i risultati positivi dei Gd alle primarie per i parlamentari: «I tanti giovani che il Pd porterà in Parlamento non costituiscono solo un importante dato di cambiamento anagrafico ma sono anche il simbolo e il risultato di un impegno collettivo costruito in anni di lavoro. Siamo i garanti del cambiamento, quelli che chiuderanno 20 anni di berlusconismo: tra le priorità l’approvazione di uno statuto del lavoro autonomo, il rilancio di vere politiche industriali soprattutto nel Sud e investimenti veri in innovazione e ricerca, che non sono un costo ma una necessità».
Ai tanti che accusano il Pd di aver messo ai margini della campagna elettorale le condizioni di vita delle giovani generazioni, Stefano Fassina ha voluto rispondere con l’orgoglio di chi in questi mesi ha voluto conoscere veramente il disagio dei giovani italiani: «Forse sono stati messi ai margini dai talk-show televisivi, ma non dal Partito democratico. Per ricostruire il Paese servono soluzioni. Noi veniamo da vent’anni di soluzioni improvvisate, affidate a uomini della provvidenza. Questa volta bisogna scegliere il Pd, perché solo i percorsi democratici offrono risposte concrete».
Susanna Camusso invece ha fatto anche autocritica rispetto al ruolo del sindacato nella tutela dei precari. L’ha chiamata contrattazione inclusiva, a dimostrare che nei nuovi contratti che la Cgil firmerà nei prossimi mesi, verranno incluse anche migliori condizioni di lavoro per precari e lavoratori autonomi. E la segretaria generale della Cgil sa bene che la strada è in salita anche per le divisioni che il mondo del lavoro ha al suo interno: «Questo è un paese in cui sono chiare le divisioni ma non é chiaro l’orizzonte e la direzione di marcia. Bisogna trovare un meccanismo di solidarietà dentro il modo del lavoro. É complicato chiedere a chi ha garanzie di tutelare anche chi non le ha. È per questo che é un passaggio essenziale individuare un nuovo modello di contrattazione».
IL PRIMO MATTONE
E ieri da Roma è stato posato il primo mattone di questa nuova costruzione. Ma soprattutto è stata lanciata una sfida a chi conclude ogni decisione con un laconico «non ci sono soldi». Quasi una litania che questi ragazzi sentono da molti anni, più di quanti essi ne abbiamo passati nella politica attiva. Invece non sono pochi coloro che citano gli investimenti in formazione, nell’innovazione e nella ricerca come l’unica soluzione per uscire dalla crisi, un investimento che non può essere tagliato. Molti dei ragazzi che entreranno in parlamento il prossimo mese ci arriveranno direttamente dalle aule universitarie. E faranno un salto nell’età adulta, nonostante qualcuno li considererà poco più che bambini per almeno altri 20 anni.

L’Unità 18.02.13