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Nadia Urbinati, la politologa, tra i firmatari dell’appello per il centrosinistra: «Voto utile? No, voto intelligente e stabile. Con Ingroia nessun patto», di Federica Fantozzi

Nadia Urbinati perché ha firmato l’appello per il voto a favore del centrosinistra? Quali sono le sue preoccupazioni? «Il mio principale timore è la frammentazione del voto a sinistra. Non è un appello al voto utile, visto che ogni voto lo è, bensì al voto intelligente. Strategico. Razionale. Bisogna considerare il nostro sistema elettorale ed evitare la perdita di rappresentatività. Anche dal punto di vista dello scopo: servono un governo e una maggioranza forti».
Se, invece, alla fine il Pd non fosse nelle condizioni di «dirigere il traffico»?
«A mio avviso, ci sono tutte le condizioni per tornare a votare poco dopo. È questo il motivo dell’appello. Bisogna rafforzare il centrosinistra per rendere più stabile l’eventuale alleanza con il centro. Altrimenti saranno più facili rotture, incomprensioni e tensioni a sinistra. Con il rischio concreto di elezioni anticipate».
Al di là della loro consistenza numerica, come giudica le nuove forze in campo, da Grillo a Ingroia a Giannino?
«Sono ovviamente diverse. Il M5S e Rivoluzione Civile sono movimenti demagogici e populisti. Usano uno scontento giustificato e argomenti veri per una proposta che non è né potrà mai essere di governo. E’ irragionevole pensare che Ingroia diventi premier». Però ha appena annunciato la squadra. lui premier con l’Interim alla Giustizia, Travaglio all’Informazione, Giacché all’Economia.
«Certo, non può dire che si presenta per quindici deputati, ma è uno scenario senza fondamento. Irragionevole. Queste piccole formazioni fanno azione di contrasto per non consentire una maggioranza stabile e duratura. Vogliono mantenere sempre i giochi aperti. La democrazia lo consente, ma lo schema deve essere ciclico: ogni cinque anni, non in ogni momento».
Lei esclude, dopo il voto, la possibilità di un’intesa con Ingroia? «Assolutamente sì. Già sarà complicato in queste condizioni fare un accordo con Monti, figurarsi con frammenti radicali che rappresentano scontento popolare e dissociazione rispetto all’establishment politico».
Queste forze potranno avere, nel prossimo Parlamento, una funzione utile di cane da guardia rispetto ad abusi dell’«establishment politico»?
«E’ la funzione dell’opposizione. Ma se è frammentaria e debole non funziona. Nel nostro sistema elettorale troppi cani da guardia finiscono per abbaiare ma non mordere. L’unico effetto è rendere difficile la governabilità. La situazione dell’Italia è molto difficile».
Che pronostico fa per Grillo? Come sarà il nuovo Parlamento contaminato dalla società civile?
«Grillo è un fenomeno ben più grosso di Ingroia. Ed è un’incognita reale. Cosa faranno i grillini in Parlamento? Dove andranno? Che proposte faranno? Nessuno lo sa»
La “salita” in campo di Monti lha migliorato o peggiorato lo scenario italiano?
«Il suo passaggio da tecnico a politico ha significato varie cose. La neutralizzazione del bipolarismo, intanto, che rende la strada del futuro governo più ardua».
La scelta del premier l’ha delusa?
«È un paradosso: alla fine è diventato un fattore destabilizzante anche lui. A modo suo ha contribuito a quell’ingovernabilità che voleva combattere. Poi, per rastrellare più voti, deve attaccare un giorno a destra e un giorno a sinistra».
Al di là della tattica, non crede che l’interlocutore di Monti sia Bersani?
«Se il centrosinistra sarà più forte sì. Altrimenti sarà il centrodestra. Non vuole essere di parte. Vuole fare l’ago della bilancia. E deve prendere peso: con il 10% Monti è un soffio, non potrà imporre i temi della sua agenda». Non crede che la presenza in campo di Monti, come contraltare alla sinistra, porterebbe in un eventuale maggioranza a una condivisione di responsabilità per il Pd in un momento molto complicato in cui è facile fare errori?
«Questo tipo di ombrello funziona fino a un certo punto. Al momento di decisioni forti, positive o negative, non si può delegare ad un alleato. Col senno di poi, tutto parte dal novembre 2011: il voto avrebbe chiarito le cose. È come se l’Italia avesse paura dell’alternanza: fa di tutto per cercare mediazioni e compromessi. Che vanno anche bene: ma dopo, non prima».
Con un Pd forte e un centrosinistra stabile, invece, ci sarebbero le condizioni per una legislatura capace di fronteggiare la crisi e fare le riforme strutturali che servono all’Italia?
«È difficile dirlo. Non credo alle svolte, la democrazia procede in direzione riformista ma non è un sistema rivoluzionario. Certo, in quel modo sarebbero più facili scelte coraggiose come contenere il dogma dello spread e reindirizzare le politiche dell’Unione Europee».
In che direzione dovrebbe andare l’Europa?
«Le decisioni che privilegiano l’austerity e i sacrifici economici non sono le più convincenti per noi. Ma è ovvio che in assenza di un contraltare a Cameron e Merkel si va a finire lì. Un nuovo sistema di alleanze, invece, sarebbe in grado di contenere la frana liberista».

La Repubblica 17.02.13