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"Il Lazio volta pagina, vince Zingaretti", di Alessandro Capponi

Alle sette e trenta della sera, con un spoglio delle schede fermo al trenta per cento dei seggi, lento che più non si potrebbe, Nicola Zingaretti arriva nel Tempio di Adriano, in piazza di Pietra, a due passi dal Pantheon, e parla da governatore del Lazio: la proporzione definitiva della vittoria arriverà in nottata, ma il risultato non è in discussione. È in giacca blu, camicia bianca, senza cravatta. Sorride, con quella faccia un po’ paffuta: «Mi ha appena chiamato Storace per congratularsi, lo ringrazio. Da oggi sarò il governatore di tutti». La dedica, scontata, è «per mia moglie e le due mie figlie». Poi si parla di politica: «In un quadro nazionale di incredibile frammentazione e partendo dal 29,8% della Camera, il risultato che si profila nel Lazio è straordinario, attorno al 39-40 per cento dei consensi. Significa che ci sono stati tanti voti disgiunti». Dallo staff parlano del «10% in più». Di sicuro, a oltre metà scrutinio, Zingaretti ha quasi 200 mila preferenze più dei partiti che arrivano al 41,8%. Su 4.968 sezioni scrutinate su 5.267 — all’una e mezza del mattino, a spoglio quasi finito — Zingaretti ha il 40,6% dei consensi, Storace il 29,4%, il «grillino» Davide Barillari il 20,3%. Molto più staccati Giulia Bongiorno di Scelta civica con Monti (4,6%) e Sandro Ruotolo (2,2%) di Rivoluzione civile. Su Roma città, il distacco si allarga: Zingaretti arriva al 45,4%. E Fiorella Mannoia commenta su Facebook: «Almeno Zingaretti ce l’ha fatta. Ogni tanto una buona notizia». Circolano i primi nomi per la giunta. Per il Bilancio, l’ex ministro Vincenzo Visco. Mentre alla Scuola, il rettore di «Roma Tre» Guido Fabiani.
Non trova una Regione «comoda», Zingaretti: non tanto per la riduzione dei consiglieri a 50 e la maggioranza alla Pisana («sarà ampia», dicono nel Pd), quanto per i problemi legati ai temi «caldi» come la Sanità e i rifiuti. E, poi, c’è l’eredità dello scandalo targato «Batman» Fiorito del Pdl (ad Anagni, sua roccaforte, passa il centrosinistra) e del «bombardiere» Maruccio dell’Idv, e la gestione dei fondi a disposizione dei gruppi politici. In più, c’è l’onda grillina, con Barillari che annuncia ricorsi per l’annullamento di molte schede. Zingaretti apre il dialogo con Cinque Stelle: «La nostra proposta è chiara: taglio dei costi della politica, innovazione, trasparenza, sviluppo e lavoro. Non ci chiuderemo a riccio: sui punti elencati vedo un’affinità col Movimento 5 stelle».
Il centrodestra, invece, medita sulla sconfitta. Che su Roma città, più ancora che nelle province, è cocente: nella Capitale il Pd «doppia» il Pdl (404 mila voti, contro 216 mila, il 32% contro il 17%). Dato che «pesa», in vista delle comunali del 26 maggio. I democratici, ora, devono trovare un candidato sindaco da opporre ad Alemanno ma non è detto che si facciano le primarie, neppure nella forma «aperta» ad outsider come Alfio Marchini. E il centrodestra? Secondo Alemanno «Grillo, nelle amministrative, è il terzo partito e non il secondo. La sfida è aperta». Il sindaco spera nell’appoggio di tutta la coalizione, anche se qualcuno pensa alle primarie: «Su Storace potevamo partire prima: avremmo avuto più voti». Proprio Alemanno, però, era quello dubbioso. Ieri colloquio con Berlusconi: «Mi ha detto: “Peccato, alla Camera potevamo farcela”». Zingaretti annuncia il primo provvedimento: «Taglieremo i costi della politica e investiremo i proventi nello sviluppo». Adesso, nel centrosinistra, sorridono tutti. Ma quando Zingaretti venne dirottato dalla corsa al Campidoglio (dove, ora, crescono le quotazioni di Ignazio Marino) alla Regione, dopo le dimissioni della Polverini, ci furono anche dei malumori: «Allora — dice il neogovernatore — non si erano compresi i motivi, ma i consensi ci dicono che abbiamo fatto bene. Abbiamo agito con discontinuità e siamo stati percepiti come coalizione che vuole cambiare».

Il Corriere della Sera 27.02.13

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Parla il neogovernatore: cambio di passo dopo gli scandali. “Serve voltare subito pagina ai 5Stelle dico: apriamo insieme una fase costituente” di Mauro Favale

«Dal porto delle nebbie a una casa di vetro». La Regione Lazio, Nicola Zingaretti la immagina così: qualcosa di completamente diverso rispetto a quella attraversata da Franco Fiorito e da Vincenzo Maruccio, i due protagonisti dello scandalo che, lo scorso settembre, ha fatto naufragare anzitempo la giunta guidata da Renata Polverini. «La parola d’ordine sarà discontinuità: nel modo di fare politica, di gestire la cosa pubblica e il potere».
Dici Lazio e pensi a sprechi, vitalizi, commissioni, monogruppi, finanziamenti ai gruppi: non sarà facile strappare dalla Regione questa nomea.
«E infatti voltare pagina rispetto agli scandali non basterà: qui bisogna mettere in campo una proposta di governo che deve confrontarsi con tre sfide: la prima riguarda la partecipazione, la seconda, appunto, la trasparenza e la terza lo sviluppo».
Temi, almeno i primi due, cari anche al Movimento 5 Stelle che anche qui ha raggiunto un ottimo risultato. Si rivolgerà anche ai grillini?
«Ci sono tali e tanti problemi che non possiamo chiuderci a riccio: cercheremo di essere aperti al confronto. Durante la campagna elettorale ho parlato della necessità di inaugurare una fase costituente, ora voglio proseguire con coerenza».
E su questi temi pensa di guache l’ascolto e l’appoggio dei 5 Stelle?
«Mi rivolgerò a tutto il Consiglio regionale. Non ci sono pregiudiziali nei confronti di nessuno. La nostra sarà una proposta di governo basata su innovazione, trasparenza taglio dei costi della politica, sviluppo e lavoro. Su questi punti ci sono affinità: se ci sarà anche consenso con il Movimento 5 Stelle lo vedremo in aula. Questi, però, sono temi pieni della proposta che avevamo messo in campo e che i cittadini hanno riconosciuto come nostro patrimonio identitario».
Qui il Pd e il centrosinistra hanno tenuto meglio che altrove, come mai?
«In Lazio c’è stato un risultato straordinario perché in un quadro di incredibile frammentazione, partendo da un risultato sfiorava il 30% alla Camera, in Regione siamo intorno al 40%».
È stato favorito dal voto disgiunto?
«Sicuramente. Sono stati in tanti a scegliere la proposta politica che abbiamo messa in campo per la Regione, pur avendo fatto scelte diverse in campo politico ».
E questo come se lo spiega?
«Probabilmente qui è passato un messaggio diverso, più forte rispetto a rabbia e astensionismo: in Lazio ha vinto la buona politica e credo che questo risultato di affidi una grande responsabilità. Dobbiamo cambiare questa Regione e restituire all’istituzione dignità e autorevolezza».
Eppure anche qui il Movimento 5 Stelle ha fatto incetta di consensi.
«Non deve sfuggire a nessuno che il Lazio, come l’Italia intera, soffre. In questo voto è esplosa una voglia di rigore e trasparenza, un grido di dolore che abbiamo ascoltato in campagna elettorale. In parte è stata intercettata dai grillini, in parte siamo stati noi ad assorbirla. Ma non vogliamo cavalcarla, bensì provare a estirparla col buongoverno».
Quale sarà il suo primo provvedimento da governatore?
«Eredito una Regione in condizioni disastrose. E bisognerà fare i conti con questo. Se fosse un’azienda sarebbe in default, con 22 miliardi di debito, una situazione sociale drammatica, aggravata da nomine volute dalla Polverini fino a pochi giorni dal voto: una storia, francamente, molto triste. Detto ciò, ci concentreremo su una proposta seria per tagliare i costi della politica».
Lei era destinato a correre per il Campidoglio, ora si ritrova alla Regione: rimpianti?
«Nessuno, anzi. Abbiamo visto che è stata la scelta giusta. Alla Pisana sarò il presidente di tutti. E, a proposito del Comune di Roma, per vincere useremo la stessa arma: la buona politica».
Che pensa della situazione nazionale? Da neo governatore auspica un governo di larghe intese?
«Intanto, auspico un governo. In ogni caso, in questa partita, Bersani si è battuto come un leone».

La Repubblica 27.02.13