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Democrazia, moralità e trasparenza della vita pubblica. Misure per la riduzione dei costi della politica e della burocrazia

I costi eccessivi di politica e burocrazia sono da tempo denunciati, sia nella dimensione del fenomeno che nei suoi dati numerici. La riduzione di tali costi ha un significato non solo economico di riduzione della spesa pubblica, ma anche sociale e morale, di abbattimento di ingiustificati privilegi e di ripristino di una vera parità tra governanti e governati.
Occorre intervenire in parte con legge costituzionale e in parte con legge ordinaria (o decreto legge).

A) LA NOSTRA PROPOSTA SUL FINANZIAMENTO E LA DEMOCRAZIA DEI PARTITI E DEI MOVIMENTI POLITICI

La politica è un bene comune che non può essere lasciato solo nelle mani dei miliardari o dei padroni dei mezzi di comunicazione di massa.
Per questa ragione in Europa esistono forme di finanziamento pubblico attraverso le quali i cittadini, anche meno abbienti, possono partecipare alla vita politica del Paese.
L’attuale sistema di finanziamento della vita politica nazionale è però caratterizzato da incongruenze e opacità tali da giustificare le critiche che l’opinione pubblica rivolge in modo sempre più acuto e crescente.
Dunque è opportuno intervenire, tenendo insieme il tema del finanziamento della vita politica e quello di una legge che regoli la vita interna dei partiti e dei movimenti politici.
Più in particolare, noi proponiamo di lasciare ai cittadini la scelta se finanziare o no i partiti e i movimenti politici. Siamo cioè pronti a superare il finanziamento pubblico e a prevedere un sistema di piccole contribuzioni private di carattere liberale e volontario assistite da parziali detrazioni fiscali.
Nello stesso tempo, siamo pronti a votare un provvedimento che sospenda da subito il flusso dei finanziamenti per il tempo necessario, secondo scadenze da concordare, ad approvare una legge sui partiti e sui movimenti politici che dia piena attuazione all’articolo 49 della Costituzione. Cioè una legge che fissi le regole per la formazione degli organismi dirigenti, i codici etici, la trasparenza per l’accesso alle candidature e le regole per il finanziamento.
Per rendere effettiva questa nuova disciplina sarà necessario anche rafforzare il regime dei controlli sui bilanci e il grado di trasparenza della gestione finanziaria dei partiti, prevedendo la pubblicazione online dei documenti contabili e dei redditi e della situazione patrimoniale dei leader dei partiti e dei movimenti politici, in base al principio che la vita pubblica e la responsabilità che ne consegue devono essere assolutamente visibili per ogni cittadino.

B) LEGGE SUI PARTITI: DEMOCRAZIA INTERNA, CODICE ETICO, ORGANISMI E PARTECIPAZIONE

In materia di partiti politici sono urgenti due interventi, attuabili con legge ordinaria o decreto legge.

Occorre anzitutto disciplinare, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, i principi di democrazia interna di partiti e movimenti politici, prevedendo un onere di adozione di atti costitutivi e statuti rispettosi di tali principi, quale condizione per l’accesso alle competizioni elettorali, alle campagne referendarie, ai finanziamenti pubblici e privati e agli altri benefici pubblici previsti dalle leggi vigenti.

Occorre coerentemente prevedere un organo neutrale e super partes preposto al controllo di atti costitutivi e statuti.

Si può ipotizzare, sulla falsariga del modello Commissione per la trasparenza dei rendiconti dei partiti politici, introdotta dall’art. 9, l. n. 96 del 2012, una Commissione composta di cinque magistrati delle giurisdizioni superiori (tre della Corte di cassazione, un consigliere di Stato e un consigliere della Corte dei conti), con sede presso la Corte di cassazione, che effettui il controllo con un procedimento accelerato. La Commissione non percepirebbe alcun compenso o indennità. Andrebbe anche previsto il regime di tutela giurisdizionale contro gli atti di controllo di tale Commissione.

C) RIFORMA ISTITUZIONALE

1) Riduzione numero parlamentari: sono 945, troppi per poter garantire la qualità del dibattito e delle decisioni: ci impegniamo a ridurli: da 630 a 300 deputati e da 315 a 150 senatori elettivi, da 5 a 2 i senatori a vita nominabili da ciascun Presidente della Repubblica

2) Manca un Senato delle Regioni e delle autonomie, riforma necessaria per far funzionare il federalismo: il Senato della Repubblica diventa il Senato delle Regioni e delle Autonomie. I senatori sono eletti contestualmente alla elezione dei Consigli regionali e decadono in caso di scioglimento anticipato del C.R. della loro regione. Per la prima elezione sono eletti insieme alla Camera e decadono al momento delle prime elezioni regionali generali. Il Senato ha il compito di tenere il raccordo tra Stato, Regioni e Autonomie Locali.

D) COSTI DELLA POLITICA E DELLA BUROCRAZIA: STIPENDIO PARLAMENTARE E DEGLI AMMINISTRATORI REGIONALI PARI AL SINDACO CAPOLUOGO. DISBOSCAMENTO SOCIETÀ ED ENTI PARTECIPATE. RIVISTAZIONE DEI BENEFIT DELLE CARICHE ISTITUZIONALI A OGNI LIVELLO

Occorre intervenire in parte con legge costituzionale e in parte con legge ordinaria (decreto legge).

Alcuni interventi con legge costituzionale sono semplici e rapidamente attuabili se si raggiunge il necessario consenso politico e dunque la maggioranza qualificata richiesta per le leggi costituzionali.
In particolare è possibile:

1) Abolire le Province dalla Costituzione.

2) Ridurre il numero dei Comuni; i Comuni italiani sono attualmente 8.092, di cui oltre 3.000 con meno di cinquemila abitanti; ogni tentativo fatto con legge ordinaria per incentivare la fusione di Comuni è sinora fallito; si può fissare in Costituzione un numero massimo di Comuni fissando un procedimento imperativo per la fusione o incorporazione dei Comuni minori.

3) Quanto agli interventi con legge ordinaria essi attengono alla riduzione del trattamento economico dei parlamentari e dei consiglieri regionali, dei titolari di cariche di governo, dei membri delle Autorità indipendenti, dei Presidenti degli enti pubblici, della dirigenza pubblica, del personale delle Camere, degli amministratori e dirigenti delle società pubbliche, ivi comprese le quotate, nonché sul trattamento economico dei consulenti degli organi costituzionali.
Si può razionalizzare e portare a ulteriore sviluppo il percorso già avviato durante la pregressa legislatura, che ha fissato un tetto massimo dei trattamenti economici erogati da pubbliche amministrazioni, con il parametro dello stipendio annuo lordo onnicomprensivo del primo presidente della Corte di cassazione (attualmente circa 302.000 euro), escludendone però le società pubbliche quotate in borsa.

Esemplificando in generale, la legge potrebbe stabilire che il trattamento annuo lordo onnicomprensivo del parlamentare non sia superiore al 50%-60% del trattamento complessivo annuo lordo del primo presidente della Corte di cassazione, fissando un importo netto comparabile con quello di un sindaco di un comune capoluogo.

4) Per quanto riguarda i compensi per incarichi professionali (conferiti in ambito ministeriale, etc.), va razionalizzato il sistema introdotto dal Governo Monti, vale a dire il tetto del 25% rispetto allo stipendio base del percettore.

Infatti a legislazione vigente tale tetto riguarda solo gli incarichi direttivi, e solo presso amministrazioni statali (dunque non tocca gli incarichi di consigliere giuridico presso ministeri, o gli incarichi di capo di gabinetto o consigliere giuridico presso enti non statali); il sistema va generalizzato.

Tutte le misure dei trattamenti economici sono da intendere come tetti massimi e dunque non comportano incrementi dei trattamenti in godimento.

Altre misure per la riduzione dei costi della burocrazia non afferiscono ai trattamenti economici e sono le seguenti:

a) possibile riduzione del numero massimo vigente dei componenti del governo (oggi 65);

b) interventi sulle società pubbliche, quanto: (i) al controllo interno di gestione; (ii) all’assoggettamento dei dipendenti allo statuto del pubblico impiego (t.u. n. 165/2001), ivi compreso il reclutamento mediante concorso pubblico; (iii) alla previsione di criteri concorsuali, trasparenti, e secondo requisiti di professionalità, per la nomina degli amministratori; (iv) all’impulso per l’attuazione delle riforme già approvate, per la liquidazione delle società pubbliche inutili; (v) se del caso, ma il tema richiede approfondimento, rigorosa delimitazione con legge della possibilità di utilizzo del modello società mista pubblico-privato, che è spesso fonte di inefficienze e fenomeni corruttivi, e di sottrazione di quote di mercato alla concorrenza.

c) intervento soppressivo di enti locali diversi dai Comuni, quali le comunità montane.

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