attualità, politica italiana

"Attacco allo Stato", di Massimo Giannini

Gli storici prendano nota. Ieri, per la prima volta, si è riunita in chiaro, alla luce del sole, la Struttura Delta. Le “guardie armate” del presidente del Consiglio nella carta stampata e nella tv.
Che questa sia per lui, con ogni evidenza, la partita finale è chiaro da espressioni estreme come «golpe morale contro di me», come «inchieste degne della Ddr», come «l´ultimo giudice è il popolo». Così, ancora una volta, Berlusconi afferma la propria superiorità carismatica e populistica contro l´ordinamento, contro le leggi. Il Princeps legibus solutus nella sua versione contemporanea gioca il popolo contro lo Stato. Il suo popolo, naturalmente: una potente astrazione, confezionata dal suo potere mediatico, una sua proprietà patrimoniale che non ha nulla a che fare col popolo di una moderna democrazia. Che non è massa ma cittadinanza, che non è visceralità prepolitica ma appartenenza consapevole a un destino comune in una rigorosa forma istituzionale
Del resto, «fare causa allo Stato» è stata un´altra recentissima manifestazione del furore di Berlusconi. C´è in essa un significato tecnico: per i magistrati, la responsabilità civile è indiretta, e chi è da loro ingiustamente danneggiato viene in realtà risarcito non dai singoli responsabili ma dallo Stato. Norma che l´attuale governo vuole modificare, con ovvii intenti intimidatori. Ma che intanto è vigente. Ad essa, in quanto perseguitato, Berlusconi si potrà appellare, come ogni cittadino.
Ma c´è anche un significato simbolico. Da questo punto di vista, non si tratta solo di una strategia processuale, ma, ancora una volta, di una esplicita dichiarazione di guerra contro il vero nemico politico e culturale di Berlusconi: lo Stato. Non questo o quel potere o ordine, non i magistrati comunisti, non i partiti avversari. No. Il nemico è lo Stato in quanto tale, in quanto organizzazione di potere sovrano e rappresentativo, impersonale, fondato sull´uguaglianza davanti e alla legge e internamente articolato attraverso equilibri e limitazioni che hanno lo scopo di evitare il predominio di un potere o di una funzione sulle altre. Il prodotto sofisticato, forte e fragile, di alcuni secoli di sviluppo politico europeo, e del sapere di filosofi e giuristi.
La partita adesso è chiara: un uomo contro lo Stato, un potere personale contro il potere impersonale, la rappresentanza per incorporazione contro la rappresentanza per elezione, il destino di uno contro il destino di un Paese, il dominio contro la legalità. È una guerra civile simbolica, spirituale e morale, che l´Uno – e i suoi numerosi fedeli e seguaci, interessati o estasiati o rassegnati che siano, ma che in ogni caso hanno scritto quel nome sulle loro bandiere – combatte contro i Molti; che un presente desideroso di futuro (sempre più precario) combatte contro la tradizione storica e la legittimità democratica del nostro Paese. È la guerra di un tipo umano contro l´altro: della superba individualità, sprezzante di regole e persone, chiusa in una solitudine affollata di cortigiani e di scaltri profittatori, contro il rispetto delle regole, contro l´interazione nello spazio pubblico condiviso, contro la cittadinanza, contro la decenza come attributo minimo delle relazioni umane e politiche. La guerra dei proclami e delle arringhe furibonde contro i ragionamenti, contro gli argomenti.
È una guerra asimmetrica, in cui c´è chi attacca e chi fa solo il proprio dovere – e per questo è nemico, è eversivo – ; in cui c´è chi ha dalla propria parte il potere – ogni potere: quello politico, quello economico, quello mediatico – , e chi ha solo la legge e un´idea di politica: un´idea che non è un´opinione che ne vale un´altra, perché è quell´idea di uomo, di società, di Stato che è scritta nella Costituzione. Ma è asimmetrica anche perché è dichiarata solo da una parte, che si finge vittima e così può attaccare senza freno l´idea stessa che esista un ordine civile, ovvero che non tutta la collettività sia al servizio di una singola volontà di potenza, sia disponibile per un potere senza limiti. Che esistano ragioni – non metafisiche ma legali, non misteriose ma costituzionali – che trascendono l´individuo. È difficile restare neutrali in questa guerra, cavarsela con un colpo al cerchio e uno alla botte, o con le distinzioni fra pubblico e privato, che sono negate proprio da chi dovrebbe beneficiarne: da Berlusconi, che per primo rifiuta di rispondere da privato davanti alla giustizia e dà alle proprie vicende una ovvia e macroscopica dimensione pubblica.
L´effetto distruttivo di questa guerra è sotto gli occhi di tutti: dal vertice del potere esecutivo giunge un messaggio di rivolta contro lo Stato, una rivendicazione di rabbiosa eccezionalità che si oppone alla normalità istituzionale. Tutto il ribellismo italico, faticosamente arginato dalla nostra recente storia democratica, viene così legittimato; tutto il disprezzo per la legge che alberga nel cuore di tanti italiani trova giustificazione, trionfa platealmente da uno dei più alti seggi della Repubblica; tutto il “particolare” si vendica finalmente dell´universale. Vite intere di insegnanti e di genitori spese a trasmettere ai giovani virtù umane e civiche sono vanificate da questo autorevolissimo e visibilissimo esempio di anarchia istituzionale, da questo aperto rifiuto del potere comune, in nome del potere personale. Da questa guerra civile simbolica non uscirà che un futuro di rovine; tranne che qualche “azionista”, qualche “puritano”, qualche “giacobino”, non riesca a trovare il cuore degli italiani, a spingerli ad avere pietà di se stessi, a convincerli che possono avere davanti a sé un avvenire più degno.

La Repubblica 11.02.11

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“La struttura delta”, di Carlo Galli

È guerra contro lo Stato. Non si può diversamente interpretare l´impressionante escalation di cui ieri Berlusconi si è reso protagonista, alzando il livello dello scontro fino a un punto di non ritorno.
Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, e Claudio Brachino, direttore di Videonews-Mediaset. Convocati direttamente da Silvio Berlusconi, non più nella magione privata di Arcore, a Villa San Martino. Ma nella sede governativa di Roma, a Palazzo Grazioli. Per mettere a fuoco lo “spin” comunicazionale, con il quale il Cavaliere cercherà di riscrivere ancora una volta a suo vantaggio il “palinsesto” politico-mediatico dell´intera nazione. E per mettere a punto la controffensiva violenta, con la quale cercherà di distruggere la magistratura, la libera stampa, l´opposizione parlamentare e sociale.
Dunque, la drammatica torsione democratica del berlusconismo declinante ci consegna l´ennesima, incredibile “epifania”. Politica e giornalismo piegati insieme, nello stesso tempo e nello stesso modo, per sovvertire codici normativi e aziendali. Per propiziare atti “sediziosi” e inquinare fatti incontrovertibili. La Struttura Delta, come questo giornale l´aveva “battezzata” nel novembre 2007 mutuandola da Joseph Conrad, esiste da anni. È stata una delle prime intuizioni del premier-tycoon, che invece di risolvere il suo enorme conflitto di interessi, l´ha ingigantito e sfruttato fino in fondo per mettere in moto la più micidiale e pericolosa macchina di fabbricazione del consenso mai concepita in una normale democrazia europea. Capo del governo (perciò sovrano delle tre reti pubbliche Rai) e insieme padrone delle tre grandi reti private Mediaset, Berlusconi ha capito subito che ciò di cui aveva sommamente bisogno, per gestire il consenso, era servirsi del suo “inner circle” manageriale, pubblicitario e giornalistico, per dettare l´agenda al Paese. Creare una “squadra”, cioè, nella quale la più grande agenzia newsmaker della nazione, cioè il governo stesso, potesse dettare “i titoli” della giornata all´intero network televisivo-informativo italiano. Per cancellare quelli dannosi, per nascondere quelli scomodi, per enfatizzare quelli utili alla propaganda “di regime”. Questa vergognosa versione italiana del Grande Fratello orwelliano l´abbiamo vista all´opera quattro anni fa, all´epoca del cosiddetto scandalo Rai-Set. Attraverso un´inchiesta sul fallimento della Hdc di Luigi Crespi, la Guardia di Finanza scoperchiò la “rete” inquietante di connivenze e complicità tra manager, dirigenti e giornalisti del servizio pubblico e dell´impero privato del premier (da Agostino Saccà a Deborah Bergamini) grazie alle quali si arrivò al punto di occultare, nei tg della sera e della notte, i risultati negativi di Forza Italia alle elezioni del 2006.
Da allora la Struttura Delta ha continuato a lavorare. Sempre a pieno regime. Basta vedere il Tg1 o il Tg5, per non parlare del Tg4 e dell´infinita varietà di programmi che le reti “ammiraglie” del servizio globale Rai-Set trasmettono nelle ore più impensate del giorno (Mattino 5, La vita in diretta, Pomeriggio sul 2). Ed ha anche affinato i suoi strumenti, in una spirale sempre più cinica e violenta che ha trasformato la macchina del consenso in macchina del fango. Incrociando sempre più spesso le televisioni e i giornali. Basta vedere il linciaggio al quale si sono dedicati i mass-media “di famiglia”, dal Giornale a Panorama, contro chiunque abbia criticato il Cavaliere: da Dino Boffo a Gianfranco Fini. Anche un mese fa, il 17 gennaio per la precisione, la Struttura Delta si era riunita, in pieno scandalo Ruby. Dopo il consueto pranzo del lunedì ad Arcore con l´inseparabile Fedele Confalonieri e i figli Piersilvio, Marina e Luigi, il premier aveva convocato per un caffè l´intera squadra dei suoi “spin”: l´onnipresente Mauro Crippa, direttore generale dell´informazione a Mediaset e primus inter pares della Struttura, l´immancabile Alfonso Signorini, direttore di Chi, ancora Sallusti, e poi il direttore di Panorama Giorgio Mulè e il direttore delle relazioni esterne di Fininvest Franco Currò. I risultati di quel vertice “privato” sono stati almeno tre. L´intervista di Ruby alla trasmissione Kalispera su Canale 5, nella quale la ragazza marocchina ritratta tutto ciò che aveva detto nelle intercettazioni e nelle comunicazioni rese ai pm di Milano. La discesa in campo delle «ministre» a difesa del Cavaliere: la Gelmini a Porta a Porta, la Carfagna a Matrix e la Santanchè ad Annozero. La valanga di videomessaggi autoassolutori e intimidatori dello stesso premier alla tv o ai Promotori della Libertà.
Ora, nella fase più disperata per il presidente del Consiglio, c´è un ulteriore salto di qualità. La Struttura Delta si riunisce direttamente nella capitale, a Palazzo Grazioli. In una inaccettabile sovrapposizione di ruoli e di funzioni, il capo del governo convoca i suoi referenti e i suoi dipendenti, portando ancora una volta alla ribalta, ma stavolta in campo aperto, il velenosissimo conflitto di interessi che intossica politica e informazione. Insieme, il premier e il suo anomalo “think tank” elaborano le offensive politiche e organizzano le offensive mediatiche. Il Pdl non esiste più (ammesso che sia mai esistito). Il partito, come filtro della rappresentanza democratica, è definitivamente scavalcato e surrogato dalla Struttura Delta. La “squadra degli spin” diventa un vero e proprio “gabinetto di guerra”. Dove i giornalisti, dopo aver indossato la “mimetica” a Palazzo Grazioli, tornano in redazione a scrivere editoriali ispirati e a dettare cronache addomesticate. Anche in questo caso, i risultati si vedono. Sono due, per adesso. Il primo: Giuliano Ferrara intervista Berlusconi sul Foglio, lo fa urlare contro «il golpe morale», gli fa dire che «il popolo è il mio giudice ultimo», e che quelle di Milano sono «inchieste farsesche, degne della Ddr». Giusto la sera prima, all´improvviso, la Rai aveva deciso di cambiare il palinsesto, per trasmettere sulla Rete Due Le vite degli altri, il film in cui Von Donnersmarck racconta le tragedie umane prodotte dai metodi spionistici della Stasi, la polizia segreta della Germania comunista di Honecker. Qualcuno può pensare che sia stato solo un caso? Il secondo: ancora Ferrara irrompe alle otto al Tg1 di Augusto Minzolini, parla per sei minuti filati (un tempo televisivo infinito) attacca «il gruppo Espresso di De Benedetti e dei professoroni del Palasharp, che vogliono abbattere il governo con metodi extraparlamentari», e spara a zero contro «il puritanesimo brutale che vuole tagliare la testa al re».
Cos´altro faranno il Giornale di Sallusti e le News Mediaset di Brachino lo scopriremo solo oggi e nei prossimi giorni. Cos´altro ha fatto e farà ancora la Struttura Delta, al riparo dall´ufficialità e dalle coincidenze che possiamo ricostruire solo ex post, forse non lo scopriremo mai. Ma intanto il nuovo “palinsesto”, politico e giornalistico, è scritto. Nel cuore ferito dell´immenso conflitto di interessi berlusconiano, il “gabinetto di guerra” ha deciso di combattere la battaglia decisiva, forse l´ultima. Gli “assaltatori” sono all´opera. Contro la verità. Contro la responsabilità. Contro la dignità. E poi c´è ancora chi dice che questa non è una vera “emergenza democratica”.

La Repubblica 11.02.11