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Bersani: il governo ascolti di più la gente «No alle ammucchiate», di Maria Zegarelli

Tornare alla normalità. Questo il messaggio di Pier Luigi Bersani, prima nel corso di un’iniziativa a Gorizia e poi a “Che tempo che fa”. Basta formule di emergenza, nel 2013 destra e sinistra torneranno a confrontarsi. A tutti quelli che dopo Monti auspicano ancora Monti, una sorta di grande coalizione ad oltranza, Pier Luigi Bersani pressato non soltanto dai desiderata centristi ma anche da una buona fetta dei suoi, a partire da Letta e Veltroni risponde che no, non riesce a immaginare «che si possa andare alle elezioni proponendo l’eccezionalità».
No all’eccezionalità senza fine in un Paese sempre in emergenza e no all’accordo che attraverso «un autorevolissimo ambasciatore» Silvio Berlusconi gli ha proposto sulla gestione della Rai. «Recedi dalle tue posizioni intransigenti sulla riforma della governance e troviamo una soluzione, fa tu i nomi che vuoi nel Consiglio di amministrazione», questo il senso del discorso, fatto per interposta persona. «Ringrazio Berlusconi, considerato che potremmo anche avere la maggioranza, ma il Pd non cambia idea: la politica deve uscire dalla Rai», è stata la risposta del segretario Pd.
Tornare alla «normalità», davanti agli elettori, «pretendendo una democrazia normale, dove ci siano progetti alternativi, e poi le figure tecniche sceglieranno, vedranno. Per l’amor di Dio, grande apertura, non ci sarà il manuale Cencelli, quando candidammo Prodi era un tecnico, quando Ciampi era nel nostro governo era un tecnico», ma il punto resta politico. C’è bisogno, dice, di una maggioranza politica, coerente, in grado di sostenere le riforme che il governo che verrà dovrà fare. Tornare alla normalità in politica ma conquistare la normalità in Rai, dove a decidere non possono più essere i partiti e la logica spartitoria che fino a oggi ha caratterizzato le sorti del servizio pubblico.
E a chi gli chiede a margine di un’iniziativa a Gorizia se ci sarà il Monti bis, Bersani risponde con domande che sembrano rivolte ai leader di Terzo Polo e Pdl, ma anche a molti democratici da tempo alla ricerca del nuovo leader da giocarsi alle politiche del 2013. «Nel 2013 ci sarà consentito di essere una democrazia come le altre? Ci sarà consentito di vedere un sistema politico riformato, con le riforme elettorale e istituzionale, e dopo i due polmoni della democrazia che si confrontino, come avviene negli Usa, in Francia e in Germania?».
«TUTTI FACCIANO UNO SFORZO»
Ma intanto bisogna arrivarci a quell’appuntamento e il segretario Pd sa che è da questo momento in poi che l’appoggio al governo Monti diventa gioco di alta acrobazia per il suo partito: la riforma del lavoro sarà il banco di prova. Bersani, dopo il colloquio con il premier, si è mostrato cautamente ottimista, eppure puntualizza: «Il governo deve non solo asupicare, ma lavorare per l’accordo, francamente se guardo al merito della discussione, penso ci siano le condizioni per fare un buon accordo, di innovazione. Vorrei essere sicuro, però, che tutti facciano lo sforzo necessario in questa direzione, perché in qualche momento mi sembra che non tutti ci puntino con determinazione». Evidente il riferimento al ministro Elsa Fornero e a molti colleghi in Parlamento: «Sull’articolo 18 mi sono permesso di alzare un po’ la voce, lo faccio quando vedo che i binari cominciano ad andare fuori asse. Per giorni ho sentito dire che se l’accordo non ci fosse stato lo avrebbe fatto comunque il governo. Mi sono detto:
ma vogliamo scherzare?». Il punto, spiega, non è se l’esecutivo ascolta o no il Pd: il punto è che «qualche volta si ha l’impressione che l’orecchio sulla vita comune dei cittadini non sia sufficiente da parte di questo governo, ma spero che questa cosa nelle prossime settimane si possa correggere». Perché, in fase di recessione ha ribadito Bersani ieri sera ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” le riforme «devono essere frutto di un accordo», per garantire la coesione sociale. Partire dalla precarietà, aggiunge, fare una riforma degli ammortizzatori sociali trovando le risorse necessarie e poi, dato che l’appoggio a Monti «è leale» ma critico, bene lo sviluppo, «ma bisogna abbassare il prelievo fiscale sul lavoro, sulle imprese che investono e sulle famiglie che hanno consumi così bassi». Sarebbe stata «una notizia positiva» sapere che il ricavato dell’evasione sarebbe andato all’abbattimento della pressione fiscale.

L’Unità 26.02.12

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