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Tobin Tax, l’offensiva del Pd: «Il governo non perda tempo», di Bianca Di Giovanni

L’iniziativa del gruppo alla Camera in vista del Consiglio europeo: «Pronta
la nostra mozione». Il governo decida subito. E non solo: decida su indicazione politica del Parlamento. Questo il messaggio del Pd indirizzato al premier Mario Monti e al suo ministro dell’Economia Vittorio Grilli sulla posizione del nostro Paese riguardo l’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie. Ora che Germania e Francia hanno espresso esplicitamente il loro appoggio all’ipotesi di prelievo «anti-speculazione», anche il nostro Paese deve schierarsi, e sostenere in Europa anche una decisione a cooperazione rafforzata, cioè con il sì di almeno 9 Stati. I democratici avvisano l’esecutivo: se non ci sarà una risposta chiara entro il prossimo consiglio europeo di fine ottobre «potremmo valutare l’ipotesi di presentare una mozione in Parlamento dove una grande maggioranza vuole la Tobin tax – dichiara Francesco Boccia (Pd) – così il governo avrebbe un chiaro mandato». In effetti sull’ipotesi Tobin da approvare anche a maggioranza in Europa potrebbe confluire anche l’Udc, «a patto che la cooperazione sia abbastanza forte, cioè coinvolga tutti i 17 di Eurolandia», sostiene Rocco Buttiglione.
Tutto nasce dall’ambiguità di Grilli, il quale nei giorni scorsi aveva dichiarato che «l’Italia ha tenuto una posizione aperta, vedremo al prossimo Ecofin se riusciremo a trovare una convergenza all’interno dell’Europa». Stop. Nulla di più. Un po’ poco rispetto alla presa di posizione netta dei leader francese e tedesco, che hanno scritto una lettera congiunta di sostegno alla proposta. «Nessuna irritazione per la lettera», aveva aggiunto il ministro italiano, sempre mantenendo molta cautela. Quasi una conferma per chi assicura che il ministro sia in realtà contrario a quell’ipotesi. «Come è sempre stato – spiega Boccia – visto che tutte le volte che il Pd avanzava proposte in quel senso, Giulio Tremonti rispondeva di no, anche ridicolizzandoci. Ho il fondato sospetto che il suo direttore generale fosse d’accordo con il ministro. In ogni caso voglio ricordare che questa è una decisione politica: è il Parlamento che decide».
Se Grilli frena, Monti tace. Ma la posizione del premier dovrebbe essere più aperturista: molto probabilmente sta cercando di giocare tatticamente l’adesione dell’Italia alla proposta, magari incassando qualche punto sul tema incandescente delle condizionalità per l’accesso al fondo salva-Stati (Esm). «Il premier si deve esprimere, e la cooperazione raf- forzata va decisa all’Ecofin di metà ottobre – aggiunge Sandro Gozi (Pd) – Personalmente credo che dica di sì. Il Parlamento italiano ha già preso posizione più volte, credo anche che ci siano le condizioni per una mozione unica. Lo stesso Ppe in Europa è su questa linea».
I NO DI TREMONTI
In effetti la storia della Tobin tax nei Palazzi della politica italiana ha già segnato alcune tappe. Il Pd dà battaglia dal 2009. «Dopo vari no di Tremonti – racconta Boccia – abbiamo depositato una proposta di legge primo firmatario Bersani. Il testo prevedeva un prelievo dello 0,05% a valre per metà sul compratore di titoli e per metà sul venditore. Il 50% del gettito era destinato alla riduzione del debito, il 25% alla cooperazione internazionale e l’altro 25 alle questioni climatiche. Naturalmente oggi le necessità sono mutate. All’epoca la Francia di Sarkozy era contraria. Oggi c’è il sì di Francia e Germania. L’Italia non può perdere questa occasione».
Nel gennaio scorso la Camera votò una mozione unitaria che impegnava il governo ad «appoggiare l’introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l’opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell’Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell’Unione europea». Allora la maggioranza fu netta. Il passo avanti di oggi sarebbe quello di aprire a un percorso a maggioranza. «Siamo aperti, anche se gli Stati coinvolti devono essere realtà importanti – spiega Buttiglione (Udc) – Per quanto mi riguarda ho sempre sostenuto questa ipotesi, anche quando ero in Europa. Credo che il gettito debba essere destinato a interventi per la crescita. In Parlamento penso sia importante coinvolgere tutte le forze di maggioranza, incluso il Pdl».
Il partito di Berlusconi è l’unico a presentarsi molto diviso al suo interno. I fedelissimi dell’ex premier sono contrari a una scelta che non includa anche gli Usa e la Gran Bretagna (che non aderirà mai). Ma molti al contrario spingono per una decisione anche limitata ai maggiori Paesi europei. Gli altri partiti voterebbero tutti a favore di una mozione che inviti il governo ad allinearsi con Francia e Germania. In Europa, tuttavia, il dibattito è ancora aperto. Parigi ha già introdotto una forma di prelievo, limitato però soltanto alle azioni (sono escluse le obbligazioni) di società con oltre un miliardo di capitalizzazione. Un fronte contrario invece è quello del nord, dove la Svezia ricorda ancora il fallimento degli anni ‘80, quando la tassa sulle transazioni (poi eliminata) dette un gettito inferiore del 70% del previsto. Ma quello fu l’effetto perverso di una decisione presa in solitudine.

L’Unità 02.10-12