attualità, politica italiana

"Il suicidio politico della Seconda Repubblica", di Marcello Sorgi

L’ondata di corruzione che sta portando al suicidio politico la Seconda Repubblica non si arresta. Anzi, negli ultimi giorni ha subito una recrudescenza: ieri con l’arresto di Franco Fiorito, il «Batman» di Anagni, attorno a cui ruota lo scandalo del Pdl del Lazio. E lunedì con la richiesta di rinvio a giudizio di Penati, il regista del «sistema Sesto» che ha fatto emergere una rete di tangenti destinate al Pd e distribuite con un ingegnoso sistema di falsi acquisti e false caparre. Ci si aspettava, di fronte a un quadro del genere, un’accelerata nell’approvazione della legge anti-corruzione giacente da mesi in Parlamento: ma per quanto il ministro della Giustizia Severino si sia impegnata, negli ultimi giorni, per arrivare a un compromesso che possa mettere d’accordo la maggioranza, il Pd continua ad accusare il centrodestra di voler far passare sottobanco gli emendamenti «salvaRuby» che dovrebbero servire a far cadere l’accusa di concussione pendente contro Berlusconi nel processo per il «bunga-bunga». Il segretario del Pdl Angelino Alfano ha tentato di parare, presentando un altro emendamento, cosiddetto «anti-Batman», per aumentare le pene per chi si appropria a fini personali dei fondi pubblici dei partiti. E il presidente del Senato Schifani, vista la confusione che continua a circondare la discussione, non ha potuto promettere di meglio che cercare di far concludere l’iter parlamentare del testo entro due settimane.
Nel frattempo, le novità che giorno dopo giorno vengono fuori dalle inchieste sono enormi. L’arresto di Fiorito (che ha dichiarato: «In carcere troverò gente migliore di quella del Pdl») è stato deciso perché dai primi accertamenti è emerso che si era appropriato di un milione e mezzo di euro (e su altri 4,6 sono in corso accertamenti), soldi usati anche per comperare la villa al Circeo e, lo scorso inverno, anche un fuoristrada (poi rivenduto) per far fronte alle nevicate che si erano abbattute su Roma!
In casa Pd la richiesta di rinvio a giudizio per Penati, fino a poco tempo fa vicepresidente del consiglio regionale lombardo, sta creando molta agitazione. Ci sono pressioni per farlo dimettere. Tra gli altri, insiste Pippo Civati, uno degli esponenti più critici della nuova generazione. Anche Bersani è in imbarazzo. Ma Penati continua a resistere: difeso, guarda caso, dal governatore Roberto Formigoni, anche lui alle prese con guai giudiziari e con richieste di dimissioni che si trascinano da mesi, e che potrebbero portare la Lombardia al voto regionale anticipato la prossima primavera.
La Stampa 03.10.12