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"La guerra sulle regole. Si cerca la mediazione", di Simone Collini

Faccia a faccia, telefonate, incontri riservati. Nel Pd si lavora per evitare che all’Assemblea nazionale di domani si vada senza rete, ma ancora i nodi da sciogliere e i punti d’attrito sono molti. E con essi, le incognite su come si chiuderà l’appuntamento convocato all’hotel Ergife di Roma. Oggi la commissione Statuto si riunirà per definire la norma transitoria che consentirà a Matteo Renzi di partecipare alle primarie (allo stato può infatti correre per la premiership soltanto il segretario) e gli indirizzi generali delle regole da approvare poi la prossima settimana insieme alle altre forze della coalizione (Sel, Psi, Api). Per istruire la pratica ieri c’è stata una riunione ristretta dell’organismo, e se il fronte pro-Renzi ha fatto marcia indietro rispetto a quanto dichiarato fino a 48 ore fa e accettato albo pubblico e doppio turno, il fronte pro-Bersani ha messo in chiaro che ci si potrà registrare il giorno stesso (non al gazebo in cui si vota, che sarà esclusivamente «elettorale», ma magari in uno a fianco), che le firme per potersi candidare possono essere meno del previsto (finora si era parlato del necessario sostegno di 90 delegati dell’assemblea o 18 mila iscritti) e che non necessariamente potrà votare al secondo turno soltanto chi lo ha già fatto al primo. Basterà per assicurare domani un’Assemblea tranquilla? Non è detto. Da ambo le parti non mancano infatti ali più radicali, totalmente contrarie alle primarie o, all’opposto, a qualunque vincolo che possa restringere la partecipazione.
PRESSING SU BERSANI
Le pressioni che in un senso o nell’altro sta ricevendo Bersani non sono poche. Si va dalla lettera scritta da 29 parlamentari Pd (tra i quali Gentiloni, Ceccanti, Vassallo, Ichino, Morando, Tonini) in cui si chiede al segretario «di impedire assurde limitazioni burocratiche, foriere di probabili contestazioni diffuse», alla lettera scritta da 7 deputati ex-Ppi vicini a Fioroni in cutroni, è andato di persona alla sede del Pd per esprimere a Bersani la sua preoccupazione per come si sono messe le cose. Il senso del ragionamento che ha fatto al leader del Pd è questo: dovete trovare un accordo con Renzi prima di sabato, altrimenti all’Assemblea si rischiano tensioni devastanti, e poi bisogna garantire un’ampia partecipazione alle primarie.
CLIMA DI SOSPETTI
Bersani non intende dar seguito alle pressioni e continua a ritenere giusto, visto che «il Pd ha deciso di cedere sovranità» agli elettori del centrosinistra per la scelta del candidato premier, chiedere a questi stessi elettori di «assumersi una responsabilità nel sostegno al centrosinistra».
Ma nel gruppo dirigente del Pd c’è anche chi vorrebbe regole più stringenti e in questo clima i sospetti su ipotetici sabotatori per l’appuntamento di domani si sprecano. Al punto che la stessa lettera di convocazione spedita ai 950 delegati dalla presidente dell’Assemblea Pd Rosy Bindi (notoriamente contraria alla sfida ai gazebo per come è stata impostata) ha fatto scattare l’allarme in chi teme domani manovre che possano portare a una fumata nera: la missiva ai delegati ha escluso la ricetta più semplice, quella della deroga, per la quale sarebbe bastata la maggioranza semplice dei membri presenti dell’Assemblea. Bindi ha invece scritto nella lettera di convocazione che quelle di domani saranno «votazioni in ordine a modifiche statutarie e regole di accesso per la partecipazione di candidati del Pd alle primarie di coalizione». Per le quali è necessaria la maggioranza degli aventi diritto: domani dovranno cioè essere presenti e votare sì alla norma che permette a Renzi di correre almeno 476 delegati. E poi c’è un’altra incognita: il voto avverrà per alzata di mano o a scrutinio segreto?
LE USCITE DI VENDOLA E DI PIETRO
Le uscite di Renzi stanno provocando molti malumori tra il gruppo dirigente del Pd («non sono d’accordo a mettere limiti che diano il senso della paura del gruppo dirigente», ha detto ieri sera). Dice il membro della segreteria Davide Zoggia dopo aver saputo quanto detto da Renzi a Prato: «I cittadini e le cittadine che si riconoscono nel centrosinistra, sicuri di votare alle primarie, sono per Matteo Renzi “truppe cammellate”. Cosa intende dire con queste parole? Serve rispetto, soprattutto nei confronti degli elettori di centrosinistra, definirli “truppe cammellate” è un’offesa inaccettabile». E poi ci sono anche uscite extra-Pd che non aiutano a rasserenare il clima. Come l’annuncio di Antonio Di Pietro, che fa sapere che se saranno primarie di programma l’Idv parteciperà. Sul doppio turno chiuso a chi ha votato al primo turno dichiara invece Vendola: «Se fosse vero che può votare al secondo turno solo chi ha votato al primo mi sentirei più un candidato di un reality show che delle primarie».

L’Unità 05.10.12