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"Imu alla Chiesa, tutto da rifare", di Giacomo Galeazzi

Il Consiglio di Stato boccia il regolamento: serve una legge. Il ministro Grilli: l’obiettivo è far pagare chiunque. L’Imu applicabile ai beni della Chiesa vale circa 600 milioni di euro. In ballo ci sono 600 milioni di euro, più le sanzioni in arrivo dall’Unione europea. Il Consiglio di Stato blocca il decreto che estende l’Imu alla Chiesa. La scure di Palazzo Spada cala sulla tassazione degli «immobili di Dio» e subito riesplodono le polemiche attorno alla «vexata quaestio» che dal 1992 spacca trasversalmente la politica tra laici e cattolici.
Entro la fine dell’anno va riscritto il regolamento, altrimenti dal 1° gennaio niente imposte per le strutture ecclesiastiche. «L’obiettivo del governo resta quello di far pagare tutti, quindi troveremo le soluzioni appropriate», assicura il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, mentre in Cei si auspica che la bocciatura sia l’occasione per un approfondimento della materia e per una «più chiara ed equa definizione del recinto delle esenzioni». Una salutare pausa di riflessione, quindi. Il governo «non rinunci», rilanciano i socialisti.
Il Consiglio di Stato, nel parere in cui stoppa l’applicazione dell’Imu sugli enti non commerciali e dunque anche sulle proprietà ecclesiastiche, invita l’esecutivo alla «prudenza» nella definizione dei casi di esenzione per la Chiesa. Sullo stesso argomento, spiegano i giudici amministrativi, si attende l’esito di un’indagine della Commissione europea che deve verificare se l’esenzione della vecchia Ici si configura come aiuto di Stato. Intanto il regolamento viene respinto in quanto «non è demandato al ministero di dare generale attuazione alla nuova disciplina dell’esenzione Imu». Va individuato, cioè, «lo strumento idoneo a fare chiarezza sulla qualificazione di una attività come non commerciale». Di certo non si può procedere attraverso «il regolamento così come varato dal Tesoro». Il ministero ha «esulato» dalle proprie competenze regolamentari e sono ««eterogenei» i criteri utilizzati per le convenzioni con lo Stato per le attività erogate dalle onlus in campo sanitario, culturale o sportivo. In alcuni casi è usato «il criterio della gratuità o del carattere simbolico della retta», in altri quello «della non copertura integrale del costo effettivo del servizio (attività didattiche) ».
Gabriele Toccafondi, deputato Pdl in commissione Bilancio, mette in guardia il governo dal chiedere «l’Imu ad opere di pura carità che a malapena pareggiano i conti, operano per il bene di tutti e senza di loro lo Stato dovrebbe pagare molto di più». La partita è aperta, al Tesoro la prossima mossa.

Mario Staderini «Monti è stato coraggioso Tiri dritto o ci prende in giro»
È solo una battuta d’arresto?
«Di sicuro il governo deve andare avanti a far pagare l’Imu a chi non l’ha mai pagata, però la brutta figura del decreto scritto male resterà. Non c’è tempo da perdere. L’Unione Europea sta per concludere la procedura d’infrazione contro l’Italia e le sanzioni saranno pesanti. Il passo falso del Tesoro è sospetto, tanto più che dalle carte di Vatileaks sappiamo che Tremonti ha spiegato in Curia come scongiurare il pagamento dell’Imu sia per gli arretrati sia per le future imposte. A pensare male si fa peccato, ma si indovina. Siamo allibiti di fronte a un errore clamoroso per un governo di tecnici ». per sacerdoti che nella pratica sono veri e propri albergo totalmente esentasse. Finora ci si era rifiutati di riscuotere le imposte dovute da chiese e onlus, soggetti sempre esentati. In un momento in cui si tagliano voci essenziali è inammissibile favorire diocesi, ordini religiosi e strutture ecclesiastiche. Monti ha cercato di cambiare le cose, adesso deve completare l’opera o è una presa in giro».

Michele Pennisi, vescovo «Non bisogna avere fretta Si rifletta sulle conseguenze»
Vescovo Pennisi, è uno stop utile?
«Sì se serve a riflettere meglio su cosa comporta davvero estendere l’Imu a strutture ecclesiastiche o cooperative sociali che svolgono una funzione indispensabile. A Palermo il Comune riesce a garantire solo il 7% delle scuole materne necessarie, il resto sono enti cattolici di volontariato. In campo educativo la situazione è drammatica. A causa di questa imposta centinaia di asili e istituti rischiano la chiusura e i costi del loro mancato servizio ricadrebbero sullo Stato. Insomma, per incassare poche centinaia di milioni di Imu, le casse pubbliche rischiano di perdere miliardi in servizi. Non è un problema solo per la Chiesa».
Quali altri soggetti sono a rischio?
«Tutto il “no profit”. Nella fretta di tagliare esenzioni, infatti, si finisce per far pagare l’Imu a a strutture di base che già stentano a sopravvivere. Non si può penalizzare chi porta avanti una delicatissima opera a favore dei bisognosi. Senza una simile presenza sul territorio lo Stato dovrebbe pagare costi insostenibili per assicurare servizi essenziali alla popolazione.

La Stampa 09.10.12