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"Scuola senza soldi le famiglie pagano 100 euro a figlio", di Salvo Intravaia

A carico dei genitori il 30% delle spese per la gestione Quasi 100 euro a studente per far “funzionare” le scuole. Mentre il ministero dell’Istruzione pensa a Tablet e Lim per rilanciare gli istituti, sulle spalle delle famiglie pesano i registri di classe per gli insegnanti come la carta igienica e tutte quelle attività per rendere la scuola al passo coi tempi. Un terzo delle spese che servono alla gestione quotidiana degli istituti sono a carico dei genitori. Il paradosso emerge dagli ultimi dati diffusi dal ministero dell’Istruzione sui bilanci degli istituti: se si escludono le risorse per pagare lo stipendio agli insegnanti (quasi 38 miliardi di euro) e quelle per la pulizia affidata a imprese esterne (360 milioni), si scoprono le dimensioni corpose del contributo. E se mamme e papà decidessero all’improvviso di chiudere i cordoni della borsa
alla scuola italiana non resterebbe che offrire solo il minimo indispensabile: niente patente per ciclomotore, gite d’istruzione, mensa, assicurazione per gli alunni o certificati linguistici, per citare soltanto alcune attività.
Del resto, quella di chiedere un “contributo volontario” ai genitori è prassi consolidata. In alcuni istituti, come al liceo classico Beccaria di Milano, l’obolo raggiunge la cifra record dell’88 per cento del totale dei finanziamenti, è l’86 per cento all’istituto internazionale statale Spinelli di Torino. Lo scorso 18 maggio, l’Asal (l’Associazione delle scuole autonome del Lazio) — cui aderisce quasi il 40 per cento delle scuole della Regione — ha spedito una lettera alle famiglie per spiegare la situazione degli istituti dopo “la drammatica stagione dei tagli degli scorsi anni”.
E denunciare l’emergenza che sarebbe scattata con la ripresa delle lezioni: “I finanziamenti per assicurare aspetti fondamentali del funzionamento degli istituti sono stati, nel triennio, drasticamente
ridotti: quasi completamente azzerati per i corsi di recupero delle superiori, ridotti del 71 per cento quelli per il miglioramento dell’offerta formativa, gravemente insufficienti quelli per gli acquisti di materiali di consumo, fotocopie, manutenzioni, sicurezza, ecc”. “In questa situazione — ammette la missiva — molte scuole, anche dell’obbligo, hanno deciso di richiedere contributi alle famiglie che rappresentano effettivamente una valida risorsa per migliorare il servizio”.
Ma quanto spendono gli italiani per consentire alle scuole statali di funzionare e offrire agli alunni una formazione che almeno assomigli a quella auspicata dai partner europei? E quanto spendono enti locali e Regioni, lo Stato e l’Unione europea? Dai dati del ministero si deduce che su oltre due miliardi e mezzo di finanziamenti per le spese di funzionamento, le famiglie scuciono 744 milioni, pari al 30 per cento di tutti i finanziamenti ricevuti dalle scuole per il funzionamento didattico e amministrativo. Nelle regioni dell’Italia centrale questa quota sfiora il 40 per cento, mentre al Sud scende al 22 per cento. Gli enti locali, obbligati ad affiancare lo Stato nel sostenere le scuole pubbliche, non vanno oltre il 17 per cento di quanto inserito nei bilanci scolastici. Lo Stato si sobbarca il 37 per cento delle spese per il funzionamento generale e una quota consistente, ma solo al Sud, arriva anche dall’Unione europea soprattutto attraverso i fondi destinati alle regioni meridionali. Nell’elenco dei più tartassati invece spiccano alunni e genitori del Lazio: dove il contributo delle famiglie tocca quota 42 per cento.
La Repubblica 15.10.12