attualità, politica italiana

"Quel che manca alla manovra", di Guglielmo Epifani

Sia pure faticosamente, tra migliaia di emendamenti e di voti controversi, la legge di stabilità sta cambiando profilo. Le correzioni vanno quasi tutte nella giusta direzione.
Era la richiesta che tanti avevano avanzato. È scomparsa la retroattività delle norme fiscali rispettando lo statuto dei contribuenti e i comportamenti dei cittadini onesti. Si rinuncia a ridurre le aliquote fiscali in favore dell’eliminazione dell’aumento dell’Iva del 10 per cento – che riguarda generi di prima necessità compresi gli alimentari – di una diversa rimodulazione di tetti e franchigie alle detrazioni e deduzioni, e di un intervento in favore dei redditi da lavoro e delle famiglie numerose. Così riscritta, la manovra è sicuramente più equa e sostenibile, prevedendo un vantaggio più distribuito tra le diverse aree sociali. Privilegia due condizioni – lavoro e famiglia – e alleggerisce l’effetto sull’inflazione per tutti e soprattutto per i più indigenti. Si tratta ora di selezionare con attenzione le voci da escludere dai tetti delle detrazioni e dalle franchigie delle deduzioni, avendo come priorità casa e spesa sanitaria, in una fase in cui i costi dei mutui tendono a salire e la compartecipazione ai costi della sanità anche. Vanno rimossi quegli interventi più odiosi sulle pensioni di guerra e sugli altri aspetti che hanno suscitato fondate reazioni, come nel caso dei malati di Sla. È stato giustamente cancellato l’aumento delle ore di insegnamento che portava, oltre a insormontabili questioni di principio, anche effetti di blocco delle assunzioni, condannando ad un progressivo invecchiamento una funzione che ha bisogno di tenere assieme esperienza e rinnovamento. Questo aspetto riguarda in generale l’insieme dei settori pubblici ed è un problema troppo irresponsabilmente lasciato cadere. La riduzione della spesa pubblica, l’eliminazione di sprechi ed inefficienze, la razionalizzazione dei centri di spesa, la semplificazione degli assetti amministrativi, non possono condizionare l’equilibrio generazionale dei dipendenti. Ciò vale soprattutto per le professionalità che richiedono tempo per essere formate e per quelle che dal ricambio dell’età traggono nuove motivazioni, facilità verso nuovi linguaggi e sistemi di comunicazione.
Infine restano aperti un problema ed una questione di fondo. L’aumento dell’Iva è confermato per l’aliquota più alta e ciò avrà un effetto sui prezzi e sui consumi a partire da metà del 2013. Se non si può fare altrimenti, per i saldi di bilancio, si potrà almeno rinunciare all’aumento delle accise sui prodotti petroliferi in modo da ridurre l’effetto sull’inflazione? La questione di fondo riguarda il rapporto tra la manovra e economia reale. Il 2013 non si presenta ancora come un anno di svolta. La crisi si prolunga e socialmente si aggrava. I provvedimenti hanno ora più equità ma gli effetti restano modesti per invertire le tendenze reali. Né si può chiedere questo ad un governo che si avvia alla fine della legislatura. Toccherà al governo che uscirà dal voto raccogliere questo problema, sperando che il quadro europeo non si deteriori e che il nuovo esecutivo abbia la forza e la stabilità necessarie. Qualcosa si è fatto ma il più resta ancora da dare.
L’Unità 04.11.12