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"Perché l’area Marino sostiene Bersani", di Michele Meta

In questi anni chi si è ritrovato nell’area “cambia l’Italia”, dopo aver sostenuto alle scorse primarie di partito (circa 500.000 elettori) la candidatura di Ignazio Marino, ha svolto un ruolo di proposta culturale e politica in modo libero, schietto e unitario. Ha affermato tante personalità, a partire dai suoi leader, che hanno arricchito la politica della sinistra e del nostro Paese. Crediamo che se il Pd ha fatto dei passi in avanti sui temi riguardanti i diritti civili e delle persone, sul miglioramento dei servizi, sul rinnovamento del Partito, sull’apertura alla società e sull’unità delle forze progressiste, in parte sia anche merito nostro. Non ci siamo mai sentiti una corrente; semmai un pezzo critico e pensante della nostra comunità politica, teso a un lavoro costruttivo. Certo, non ci sono mancati limiti e difetti, ma l’impegno è stato davvero sincero.
Oggi siamo di fronte alla prova delle primarie per la scelta del candidato premier. È un passaggio delicato e decisivo. Ci impegneremo, prima di tutto, per fare in modo che il più alto numero di cittadini vada a votare. Crediamo nelle primarie; che certo non sono la soluzione di tutti i problemi, ma costituiscono uno degli antidoti rispetto alla drammatica lontananza dei cittadini dalla politica, confermata dai risultati siciliani. Nella loro diversità, tutti i candidati, sottolineo tutti, vanno rispettati e ascoltati. Semmai il mio richiamo è che la battaglia, pur inevitabilmente accesa, non disperda e danneggi un dato incontrovertibile: il Pd, nel disfacimento della democrazia italiana, rimane tuttora la sola ancora di salvezza.
L’area Marino ha deciso di sostenere Bersani. Le ragioni sono forti ma semplici:
1) Di fronte alla più grave crisi che l’Italia abbia vissuto dal dopoguerra, il compito del Pd è avanzare una proposta di governo credibile, che chiuda la pur importante parentesi tecnica e che sia capace di indicare una guida politica, autorevole, equilibrata, competente e di riconosciuta esperienza. L’attuale segretario del Pd corrisponde a queste esigenze.
2) È assai dubbio che una ricetta liberista possa far riprendere il Paese. È stata l’idolatria del mercato e della rincorsa alla ricchezza attraverso la finanza, che ci ha cacciato nel baratro. Tagliare va bene. Ma non basta. Occorre creare ricchezza e mobilitare le energie. La condizione per tutto ciò è la coesione sociale e la giustizia. È proprio ciò che è mancato in questi mesi; che Monti non poteva dare. Bersani ne è consapevole. Renzi non mi pare.
3) La devastazione che dobbiamo cominciare a riparare non è solo economica e sociale. È anche (soprattutto?) democratica, morale e culturale. È decisivo, per questo, l’esempio. Sono decisivi i comportamenti, lo stile, la sobrietà, il senso del noi, la percezione dei propri limiti, la laboriosità di un lavoro costante e di lunga lena. Berlusconi ha lasciato immagini di cartapesta, una politica urlata, sprezzante e offensiva, l’idea che uomini soli al comando calcando palchi desertificati dalle loro ambizioni e narcisismi, possano essere capaci di imprese tanto grandi e veloci, quanto bugiarde e impossibili. La replica dei fatti è stata micidiale. Oserei dire che occorre una modificazione antropologica rispetto alla politica berlusconiana. Bersani in questo senso ha qualcosa di diverso e di autentico. Assai più dei suoi competitori.
4) La rottamazione rischia di eliminare i migliori. I simboli di una storia, che hanno guidato le formazioni politiche fondative del Pd: D’Alema, Veltroni, Castagnetti. Rischiando di salvare, invece, tanti bravi compagni ed amici che tuttavia, dopo quasi, o addirittura, più di vent’anni di Parlamento, possono benissimo dare il loro contributo da altre postazioni. Sono per un rinnovamento radicale, ma non per il taglio delle nostre radici. Errori, anche gravi, stanno alle nostre spalle. E tuttavia siamo giunti alle soglie di una possibile nuova prova di governo. Il nuovo nasce con il coraggio di uno stacco rispetto al passato, non con un taglio velleitario e avanguardistico che ci porterebbe a un salto nel buio.
Ecco le ragioni di un nostro sostegno a Bersani. Naturalmente critico su molte cose. Prima di tutto sul Partito. Occorre una riflessione franca e spietata sulla nostra forma politica. Non regge più un campo democratico frammentato in tanti partiti, e poi in correnti, sottocorrenti, cordate elettorali. Si dice: c’è l’antipolitica. Preferisco dire c’è una politica diffusa non rappresentata che inevitabilmente si incarognisce nel rifiuto o nella protesta sterile. Ecco perché è nostro compito riaccendere i canali di una partecipazione individuale, responsabile, libera e pulita dei cittadini alla gestione del potere. Ridando forza alla parola degli iscritti, alle loro decisioni, alla loro voglia di contare attraverso forme di democrazia diretta e trasparente. Mi fermo qui. È un lavoro enorme da fare. Guai, se dovessimo governare il Paese, trascurare ancora una volta il rinnovamento del Partito e la promozione di una nuova classe dirigente.
L’Unità 05.11.12