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Errani, assoluzione piena «La verità si è fatta strada», di Giulia Gentile e Claudio Visani

Assolto con formula piena dall’accusa di falso ideologico «perchè il fatto non sussiste». Vasco Errani come Nichi Vendola. La campagna del Giornale e della destra su Terremerse, per tentare di accomunare i due governatori a «Batman», agli scandali nelle Regioni Lazio, Piemonte e Lombardia, è fallita. Gioisce il popolo democratico. Plaudono i sindaci del terremoto, le istituzioni regionali e il centrosinistra a Roma. «Sull’onestà, il rigore e la correttezza di Errani non ho mai avuto un dubbio al mondo. Anzi ne sono buon testimone», commenta Pier Luigi Bersani che è legato al presidente dell’Emilia-Romagna da una lunga collaborazione, da amicizia e stima reciproca. «Vorrei sottolineare – aggiunge il segretario Pd – lo stile che Vasco ha avuto, il grande rispetto per l’inchiesta e per il lavoro dei magistrati. Quando la gente è tranquilla, non ha paura di nulla». E in serata a Bologna, dov’è per una iniziativa dei comitati Bersani, l’ex premier Massimo D’Alema sembra ora “prenotare” Errani per un ruolo nel governo nazionale che verrà: «È una delle personalità di governo più significative che ci siano nel nostro Paese e nell’ambito del Pd», afferma. Ma da Bologna il centrosinistra replica: «Roma chiama, ma Errani deve rimanere qua. Per il terremoto. Per portare a termine la legislatura».
Dopo l’intera giornata di mercoledì chiuso nel palazzo dell’ufficio Gip al piano terra di via Farini, ad ascoltare le ragioni di Procura e avvocati sul caso che lo vedeva imputato, ieri il governatore ha preferito attendere di conoscere il suo destino, giuridico ma non solo, nella quiete di casa. Per tirare un lungo sospiro di sollievo alla telefonata del difensore, Alessandro Gamberini, pochi minuti dopo le dieci del mattino. «Sono contento. Vedo che la verità si è fatta strada – scrive in una breve nota il presidente della Regione, Vasco Errani, all’ora di pran- zo – . In questi lunghi mesi non ho speso troppe parole e non lo farò adesso: ho seguito tutto il procedimento con fiducia e rispetto per il lavoro della magistratura e della giustizia». Ma ora l’incubo è finito: nella vicenda del contributo da un milione di euro assegnato dalla Regione alla coop Terremerse presieduta nel 2009 dal fratello Giovanni Errani, ieri il Gup Bruno Giangiacomo l’ha assolto in rito abbreviato perché il fatto non sussiste. Assolvendo pure, ma perché il fatto non costituisce reato, i due dirigenti della Regione Emilia-Romagna (Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti), che materialmente stilarono la memoria difensiva sull’assegnazione del contributo a Terremerse, per la costruzione di una cantina vitivinicola che non venne terminata entro i termini contenuti nel bando.
Allo rivelazione del caso sulle colonne de Il Giornale della famiglia Berlusconi, il governatore accompagnò quel dossier fatto avere ai Pm con una lettera, certo che la ricostruzione dei suoi tecnici avrebbe chiuso la vicenda una volta per tutte. E invece, paradossalmente, proprio quel documento difensivo convinse i magistrati ad iscriverlo sul registro degli indagati, quando emerse che la ricostruzione conteneva delle incongruenze. «Non posso spiegarvi il perché della mia decisione, li leggerete fra 60 giorni nelle motivazioni della sentenza», dice Giangiacomo. Ma il ragionamento del Gup dovrebbe ruotare intorno a questo assunto: la memoria è sì un atto pubblico con delle imprecisioni, ma Terzini e Mazzotti non avrebbero agito con dolo. Avrebbero pasticciato, o commesso errori: ma non si trattò di bugie intenzionali, come ipotizzato dalla Procura. Di una posizione, cioè, architettata appositamente per sviare le indagini sulla truffa nell’assegnazione dei fondi a Terremerse. Così, né i dirigenti né tantomeno Errani possono essere condannati. Mentre sul filone principale dell’inchiesta, quello sulla ipotetica truffa alla Regione con sei indagati compreso Giovanni Errani, deciderà sul rinvio a giudizio o meno un altro Gip, a febbraio. Per Gamberini, «la promozione dell’azione penale a carico del Presidente» non aveva ragione di essere. Errani «è una persona lineare: un’eventuale condanna avrebbe provocato le sue dimissioni».
L’Unità 09.11.12