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“Il calvario delle diocesi: danni per 700 milioni”, di Stefano Luppi

Il ministro Ornaghi ha fatto il punto sul patrimonio artistico danneggiato «L’87% degli immobili è stato messo in sicurezza». Lesionati 146 edifici sacri. Degli oltre due miliardi di danni ai beni culturali avvenuti su 2800 edifici di pregio storico colpiti per ora abbiamo le stime precise e ufficiali sui danni alle chiese. Il sisma di primavera ha causato problemi gravi a 515 chiese dei territori delle province emiliane colpite con una certificazione dei danni pari a 329 milioni di euro. Le province più gravi sono la nostra e quella di Ferrara: il Modenese ha visto lesionate 146 edifici sacri per un danno economico di 162 milioni di euro, mentre il Ferrarese conta 88 milioni di euro di danni su 164 chiese. Il mondo dell’arte, dell’architettura, della cultura, fa il punto a sei mesi dal terremoto che a più riprese, tra il 20 maggio e il 3 giugno, ha portato morti e feriti in Emilia: dolore a cui si aggiungono i problemi al patrimonio identitario storico. Questi ultimi, come si sa, hanno riguardato centinaia di chiese, edifici rurali, e palazzi antichi della Bassa che letteralmente si sono sbriciolati con il susseguirsi delle forti scosse primaverili. I danni generali al patrimonio religioso, tra le diocesi di Modena e Carpi, è stato calcolato superiore ai 700 milioni di euro. A tutto ciò ha accennato ieri il ministro della Cultura Lorenzo Ornaghi – presente a Carpi, a palazzo Pio, a presiedere il convegno “A sei mesi dal sisma” – spiegando che: «Sei mesi sono il tempo utile per un bilancio serio e rigoroso, anche se moltissimi nodi restano da sciogliere. Siamo in prima linea e abbiamo messo in sicurezza l’87% degli edifici colpiti e in più abbiamo attivato immediatamente gruppi di lavoro per affrontare i problemi relativi ai campanili. Ma non illudiamoci: il Natale sarà per le chiese ancora incerto. Finora per i beni culturali sono stati erogati 7 milioni di euro di cui 4 milioni grazie alla legge 122 del 2012 e gli altri direttamente dal Ministero, ma abbiamo deciso a suo tempo di affidare tutto al commissario straordinario per la ricostruzione Errani». Il convegno, organizzato dalla Direzione regionale dell’Emilia Romagna e dal Comune, era stato aperto dal sindaco carpigiano Enrico Campedelli: «Per fortuna con il forte terremoto del 1996 facemmo molti interventi al nostro patrimonio storico e ora stiamo ripartendo, ovviamente non solo dal punto di vista dei beni culturali, del resto noi emiliani siamo noti per rimboccarci le maniche. Però il peso sulle nostre spalle è molto grande e abbiamo bisogno che le istituzioni nazionali siano al nostro fianco per ripartire visto che il sisma ha colpito un’area altamente produttiva con un prodotto interno lordo che incide molto a livello nazionale. E c’è un problema che chiedo di risolvere in fretta: Carpi e Mirandola hanno beni demaniali in centro. Il Demanio statale dovrebbe assegnare al Comune la sua parte di Palazzo dei Pio perché non può essere mantenuta ancora chiusa e non restaurata»
La Gazzetta di Modena 21.11.12
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«Adesso si decide che futuro vogliamo», di Stefano Luppi
I sindaci in coro: «Progetti per evitare la desertificazione dei centri. Recupero delle sedi istituzionali». La giornata ieri si è conclusa con una tavola rotonda con i sindaci modenesi, reggiani e ferraresi dei comuni colpiti. Ognuno di essi ha messo in rilievo priorità, problemi ancora aperti e visione del futuro, ovviamente in continuità con l’imminente legge regionale che governerà la ricostruzione. Spiega il sindaco di Mirandola Maino Benatti: «La prima cosa è stata riprendere con le scuole e il lavoro, mentre per il recupero dei beni culturali invece serve una maggiore riflessione e la legge regionale sulla ricostruzione l’abbiamo condivisa tutti. Aspetto fondamentale è ovviamente la messa in sicurezza dei beni pubblici perché chi va al castello dei Pico deve poter essere sicuro mentre vede una mostra. Nella consapevolezza comunque che siamo un territorio sismico. In centro occorre anche puntare sulla innovazione architettonica, mentre la biblioteca dal punto di vista culturale ora è la priorità: la sposteremo in uno dei due palazzi storici che abbiamo in centro». Sul tema la di Francesco non è d’accordo. «Sul terremoto il governo sta però scantonando sinceramente. Con il terremoto del 1996 – spiega il sindaco di Carpi Campedelli – facemmo dei lavori di consolidamento in centro perché avemmo dei danni: i musei civici e biblioteca li riaprimmo tra 2004 e 2008 e la Sagra l’abbiamo restaurata due anni fa. Ora il teatro comunale è la nostra priorità artistica, con i problemi sulla copertura: facciamo giovedì una variazione di bilancio per recuperare i fondi. Riaprire presto anche la chiesa di San Nicolò e i musei civici che per visitatori sono i secondi dopo quello Ferrari di Maranello». Il rischio che i sindaci paventano è una desertificazione dei centri storici, un evento da evitare a tutti i costi. «Le soprintendenze – spiega Sergio Maccagnani di Pieve di Cento – ci sono state vicine visti i beni culturali strategici che hanno subito molte lesioni. Una dozzina i nostri beni inagibili». Infine l’intervento del sindaco di Finale Fernando Ferioli: «Abbiamo 16mila abitanti e 12 chiese inagibili o distrutte: saranno recuperate tutte? In passato le chiese erano usate tutte e sono al centro dell’identità come il castello, ma occorre fare i conti con la mancanza di fondi. Le scuole di origine fasciste sono incredibilmente energivore e nessun bimbo ci andrà più: cosa ne facciamo? Prima di stanziare soldi dobbiamo decidere come impostare il nostro futuro».
La Gazzetta di Modena 21.11.12