attualità, politica italiana

"Da Belsito a Bricolo, il vizietto padano", di Piero Colaprico

Il principio della fine fu forse “il Trota”, il giovane consigliere regionale Renzo Bossi, asino a scuola più del padre Umberto, entrato anche lui in politica. Per “Trota” c´era la laurea albanese. E i diplomi, la paghetta mensile di 5mila euro in contanti, le auto lussuose. Vennero scoperte, si seppe che il tesoriere Francesco Belsito «rubava», gonfiava conti, e Bossi, capo assoluto, e papà, e marito, firmava. Le sezioni leghiste scoprirono così, quasi un anno fa, per via giudiziaria, quella tragica realtà che molti intuivano, e temevano: loro facevano fatica a trovare l´intonaco per i muri scrostati, la famiglia Bossi, quelli del «cerchio magico» con Rosy Mauro in prima fila, più i vari caporioni, vivevano alla grande. Come i «partiti romani». E quindi non sarà una sorpresa per i padani apprendere che oggi è la procura di Roma che si sta occupando dell´uso distorto dei fondi leghisti del Senato, degli euro che diventano un supplemento d´indennità, del denaro pubblico impiegato non per fare campagna (elettorale), ma farsi casa (propria).
Erano state l´»informativa preliminare del procedimento penale 37651/2011», firmata dai carabinieri del Noe, e le perquisizioni del 3 aprile dell´anno scorso, a descrivere nei dettagli molte storie in grado di sconcertare. Chi pagava gli alimenti a Maruska, l´ex moglie di Riccardo Bossi, figlio primogenito del leader? La Lega. E che cosa se ne faceva la Lega dei soldi che lo Stato italiano versava al partito nordista italiano? Acquistava dieci lingotti d´oro e undici diamanti. Anzi, come se fossero in un film, la vicepresidente del Senato Rosy Mauro e il suo collega Piergiorgio Stiffoni vennero scoperti mentre aprivano conti correnti, facevano bonifici alla Intermarket Diamond Business spa (Idb), acquistavano i preziosi e, come rivelò un impiegato, «Entrambi i clienti effettuavano un´attenta verifica e specifica spunta dei singoli preziosi che, alla fine dell´incontro, provvidero a portare via in borse».
Un po´ di diamanti vennero riconsegnati: partirono da Genova verso via Bellerio su un altro simbolo delle allegre spese leghiste, l´Audi A6 acquistata sempre per il Trota, il principe ereditario, con i fondi del partito. Come si può dire questo? Perché dentro una cartella intestata – scritta in un riquadro – a «The Family», c´era vario materiale, come le multe del Trota, la polizza e i lavori sulla casa di Gemonio, l´intervento chirurgico del dentista di Sirio Eridanio. «Se esce qualcosa è la fine», era stata la profetica frase della responsabile amministrativa della Lega Nord, Nadia Dagrada, intercettata al telefono con l´allora tesoriere Belsito. «Se parlo io finiscono tutti in carcere», minacciava lui, mentre l´ex ministro Roberto Castelli e la corrente maroniana del partito chiedevano conto dei buchi di bilancio.
Come quelli per i soldi al Simpa, il sindacato padano gestito dalla «nera» Rosy, consistente come la nebbia, con un numero di iscritti ridicolo, ma sempre foraggiato, perché, come raccontava un´altra segretaria leghista, Daniela Cantamessa, fedelissima di Bossi, «nel cerchio dei familiari bisogna inserire anche Rosy Mauro che di fatto, dopo la malattia del capo, si era “installata” in un´abitazione attigua a quella di Bossi, dal quale non si staccava praticamente mai». Lei e il suo segretario particolare Pier Moscagiuro, cantante e poliziotto in aspettativa, restano indimenticabili. Come la frase con cui la bollò una segretaria: «Per me deve stare attenta, tra un po´ quella non può uscire da casa».
Espulsa dalla Lega, Rosy Mauro è tornata da poco alla ribalta perché quando nel 2008 era consigliera lombarda ha speso ben 7mila euro in computer. Un´altra indagine è in corso e, rispetto a lei, dimostra di aver avuto più fantasia il simbolico Bossi junior, che s´è fatto rimborsare – forse viste le multe che prendeva? – un localizzatore di autovelox (189 euro), una sveglia, un frigo, e anche Mojito, Spritz, Vigorsol e Alpenliebe, Fonzies e Pocket coffee. Quanto all´ex ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli, firmatario della legge elettorale definita «porcata», bisogna ricordare un´intercettazione: «… e invece quelli di Cald come faccio? Come li giustifico quelli?». «Quelli» erano sempre rimborsi.
La Lega ha mutato faccia, come si sa Roberto Maroni la guida, Matteo Salvini le dà voce, però è diventato evidente come l´antico ceppo avesse contratto un virus, un «vizietto», un male poco curabile: quello dei partiti della fu Prima Repubblica, per mantenere le correnti; o di Silvio Berlusconi, con i suoi paradisi off shore, per frodare le tasse e pagare chi gli chi serve. A Roma i magistrati indagano sulle dissipazioni dei senatori leghisti, a Milano ormai da otto mesi il truce Belsito, la sua cassaforte svizzera «Aurora», i presunti rapporti con la ‘ndrangheta sono nel mirino del procuratore aggiunto Alfredo Robledo. C´erano una volta i barbari del Nord che si sentivano autorizzati a parlare di «Roma ladrona», e raccontavano agli elettori delle valli di essere diversi. Ora dove sono? Spariti. Umiliati. Indagati.

La Repubblica 06.01.13