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"Il diritto laico", di Stefano Rodotà

È accaduto con la sentenza della Corte di Cassazione che ha respinto la tesi secondo la quale il “vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” sia dannoso per “l´equilibrato sviluppo del bambino”. Una operazione di supplenza o, peggio, un´indebita invasione delle competenze parlamentari, come vuole il copione che da tempo viene adottato quando si vuole respingere una decisione giudiziaria politicamente o ideologicamente sgradita? Niente affatto, e per molte ragioni.
Considerando le argomentazioni finora rese note, la Cassazione si è mossa su diversi piani. Ha affermato che, di fronte alla mancanza di evidenze scientifiche, l´affermare l´incompatibilità tra pieno sviluppo del minore e vita in una famiglia omosessuale altro non è che un “pregiudizio”, che non può essere posto a fondamento di una decisione giudiziaria (anche se ora viene invocata un´unica e controversa ricerca sugli effetti negativi). Ha preso atto della situazione concreta, sottolineando come fossero proprio le pretese del padre a creare una situazione dannosa per il bambino. Ha adottato una idea ampia di famiglia, che corrisponde al riconoscimento di tutte le “formazioni sociali” contenuto nell´articolo 2 della Costituzione e alla parificazione dei diversi modelli familiari operato dall´articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea. Nessuna forzatura, dunque, ma un coerente svolgimento di principi ben radicati nell´ordinamento italiano e in quello europeo, che mostrano come non possa essere attribuito valore normativo alla tesi che collega il corretto sviluppo della personalità dei bambini all´esistenza di una “doppia figura genitoriale”, dunque a genitori di sesso diverso.
Si possono comprendere le ragioni per le quali, in particolare l´Arcigay, ha definito quella di ieri una sentenza “storica”. Ma è bene ricordare piuttosto che si tratta di una decisione che si inserisce in un orientamento della Cassazione già molto chiaro per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali. Sviluppando una linea indicata nel 2011 dalla Corte costituzionale, che ha riconosciuto la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali, proprio la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4184 del 2012, ha affermato che, in specifiche situazioni, alla coppia omosessuale spetta “il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Una volta di più, con la sentenza di ieri, la prima sezione civile della Cassazione, presieduta da un giudice lungimirante come Maria Gabriella Luccioli, ha mostrato come sia possibile seguire con rigore la strada che conduce al pieno riconoscimento dei diritti delle persone.
Ma questa sentenza interroga direttamente la politica. In un momento in cui si moltiplicano le “agende”, dunque le indicazioni che dovrebbero guidare negli anni prossimi l´azione delle forze politiche, scopriamo quasi ogni giorno un fondo di omofobia, al quale si accompagna il tentativo di confinare le questioni riguardanti le scelte sessuali in un´area preclusa a qualsiasi intervento del legislatore, perché saremmo di fronte a “valori non negoziabili”. Proprio ieri un giornale pubblicava in prima pagina una foto con la quale si dileggiava un omosessuale candidato nella lista Monti. E le gerarchie vaticane stanno “negoziando” il loro sostegno a liste e candidati riproponendo appunto una richiesta di fedeltà alle posizioni della Chiesa.
Viene così aperta non solo la questione della laicità della politica, ma della sua legittimazione di fronte ai cittadini come politica “costituzionale”. Non è possibile ignorare, infatti, che la Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati, vieta esplicitamente ogni discriminazione che sia fondata sulle “tendenze sessuali”, riprendendo una indicazione già contenuta nel trattato di Maastricht. Più che il riferimento alle norme, tuttavia, sembra oggi che un mutamento venga proprio da un´accresciuta consapevolezza sociale della necessità di affrontare le questioni riguardanti le persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) grazie a significative manifestazioni pubbliche e all´azione appassionata di associazioni e di singoli parlamentari.
Nei programmi delle forze di sinistra vi sono espliciti impegni ad intervenire su queste materie. Ma questa è solo una dichiarazione di intenzioni, che dovrà superare un duplice test. Il primo riguarda il modo in cui saranno affrontate specifiche questioni, che possono essere sinteticamente indicate parlando del riconoscimento dell´omogenitorialità. E soprattutto: come si reagirà alle prevedibili resistenze che verranno da quelle forze moderate con le quali sembra indispensabile il dialogo? Ancora una volta i diritti civili saranno sacrificati sull´altare di un povero realismo politico? Se le cose continueranno ad andare in questo modo, speranze e fiducia avranno nella magistratura l´unico riferimento, e la politica si scoprirà ogni giorno più povera.

La Repubblica 12.01.13