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"Con il Cavaliere il più alto aumento di tasse", di Marco Ruffolo

Ci risiamo. La crociata berlusconiana contro le tasse è ripartita, con tutto il suo corredo di rito: gli attacchi al governo Monti che le ha alzate e le puntuali promesse elettorali, dalla cancellazione dell´Imu prima casa alla riduzione di Irpef e Iva. Fino all´opzione zero-tasse per chi assume giovani. Insomma, si torna al passato, quando la destra minacciava scioperi fiscali, strizzava l´occhio agli evasori e annunciava operazioni “libera tutti”. Musica già sentita, partitura già letta. Ma questo déjà vu tributario finisce per mischiare le carte della memoria, per far comparire avvenimenti mai accaduti o per cancellare fatti realmente successi. Sembra quasi che prima di Monti abbia governato una maggioranza capace di ridurre o quanto meno tener ferma la pressione fiscale. In realtà, non è andata così. Anzi, a conti fatti, con le ultime manovre il governo Berlusconi-Tremonti ha finito per alzare la pressione fiscale esattamente il doppio di quello che ha fatto poi il suo successore.

NIENTE RIDUZIONE
Quando il Cavaliere arriva a Palazzo Chigi nel maggio 2008 il peso delle tasse sul Pil è al 42,7 per cento. L´anno dopo, nonostante l´abolizione dell´Ici sulla prima casa, la pressione sale al 43,1. Negli anni successivi si riporta ai valori iniziali e fino al 2011 non cambia. Dunque, nessun forte aumento delle tasse ma neppure la caduta verticale promessa in campagna elettorale: secondo il programma del centrodestra sarebbero dovute scendere sotto il 40 per cento del Pil.

ANNUS HORRIBILIS
Poi arriva l´annus horribilis, il 2011, con l´Italia screditata sul piano internazionale per l´inerzia su conti pubblici e riforme e per gli scandali del premier. Lo spread parte al galoppo, e Tremonti vara una prima manovra. Le previsioni saltano, la pressione fiscale è destinata a salire a ridosso del 44% nei tre anni successivi. Lo dicono gli stessi documenti del Tesoro. Ma i nuovi interventi non riescono a risollevare l´immagine del nostro Paese che torna rapidamente ad essere bersagliato dai mercati. Così arriva il semi-commissariamento ad opera di Bce e Ue. Pressato dalla inusuale lettera di Trichet e Draghi, che detta misure e tempi, Giulio Tremonti si impegna a raggiungere il pareggio di bilancio con un anno di anticipo: nel 2013. Le misure necessarie, secondo l´”invito” europeo, dovrebbero consistere soprattutto in un taglio delle spese. Tremonti punta invece tutto sulle tasse. E qui si apre un capitolo ancora poco conosciuto.

BOMBA A SCOPPIO RITARDATO
Problema: come fare a far digerire al Paese un aumento delle imposte dopo aver sbandierato per anni e anni la liberazione degli italiani dalle spire di un fisco troppo soffocante? L´idea di Tremonti è un capolavoro di equilibrismo: coprire i miliardi mancanti scaricando l´onere fiscale sul futuro governo. Con il beneplacito del premier e di tutti i ministri, viene inserita nella manovra una clausola che, ai fini del bilancio, fa scattare non subito ma negli anni successivi tagli lineari del 20 per cento a regime su tutte le agevolazioni fiscali. Gettito previsto: 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 nel 2014. Circa ottocento euro a famiglia, secondo le prime stime della Cgia. Queste misure potranno essere evitate solo se la futura riforma dell´assistenza darà altrettanto gettito. Cosa assai improbabile, visti gli intollerabili tagli al welfare che comporterebbe.

STANGATA IRPEF
Dunque, taglio di tutte le agevolazioni fiscali, ma a scoppio ritardato. Si dirà: che male c´è. Tutti i governi cercano più o meno con successo di sfrondare qualche aiuto tributario a questa o a quella categoria. In questo caso, però, il governo Berlusconi-Tremonti va decisamente oltre, perché tra le agevolazioni tagliate non ci sono solo sconti più o meno ingiustificati come quelli sulle spese veterinarie o sul costo delle palestre. Ci sono anche quegli sgravi basilari che hanno lo scopo di alleviare il carico fiscale delle famiglie meno agiate e dei nuclei più numerosi. Ossia le detrazioni per lavoro dipendente e per carichi familiari. Insomma, si tagliano proprio gli aiuti che attribuiscono al nostro sistema fiscale una certa equità sociale. E non è finita. Con un´aggiunta a dir poco sorprendente, dal momento che arriva da chi ha sempre tuonato contro le tasse sulla casa, si decide di abolite l´esenzione Irpef sull´abitazione principale.

PESANTE EREDITÀ
Riassumendo, prima di andarsene il governo di allora lascia in eredità al successivo nuove pesantissime tasse per le famiglie con figli e con redditi bassi e per tutte quelle che vivono in abitazioni di loro proprietà. Così quando arriva Monti, il nuovo governo si trova subito tra i piedi questa bomba ad orologeria e si affretta a sostituire la stangata Irpef (socialmente insopportabile) con un aumento più o meno differito dell´Iva. Nelle previsioni ufficiali per il 2013 e 2014, intanto, la pressione fiscale sale ancora: non più verso il 44 per cento ma a ridosso del 45. Tutto questo avviene prima del governo Monti, che poi, a sua volta, innalza ulteriormente la pressione fiscale portandola, come denuncia la Corte dei Conti, quasi un punto più su, appena sotto il 46%. A conti fatti, Silvio Berlusconi aumenta le tasse di due punti percentuali e Mario Monti di un altro punto. Risultato finale: due a uno.

La Repubblica 13.01.13