Giorno: 1 Giugno 2013

"Se perfino l’università ora è made in China", di Giampaolo Visetti

Dal ristorantino all’università. Dal barbiere low cost al manager della multinazionale. La Cina cambia volto ed esporta nel mondo anche l’istruzione del futuro. Lo sbarco in Europa non è di basso profilo: un ateneo nel centro di Londra, cuore della conoscenza nel vecchio continente, a due passi da Oxford e da Cambridge. ad aprire il campus, stile anglosassone e metodi asiatici, l’ università dello Zhejiang, tra le cinque migliori nella seconda economia del pianeta. Accordo fatto con il glorioso Imperial College, che da lunedì metterà a disposizione le proprie aule agli insegnanti reclutati dal ministero dell’ Istruzione di Pechino. Cattedre a contratto e stipendi più ricchi rispetto alla media degli atenei inglesi: gli studenti potranno trovare docenti cinesi, ma pure di altre nazioni del mondo. La grande novità sono i programmi: rigorosamente cinesi, con la garanzia di una laurea a prova di Oriente, l’area più concorrenziale, ricca e in crescita del secolo. Tra gli obbiettivi, attività accademiche congiunte, ossia l’integrazione totale dei corsi dell’ Imperial College e dell’Università dello Zhejiang, gioiello della regione più industrializzata …

"Spesa per ricerca ai minimi così l'Italia non innova più", di Rosaria Talarico

Pochi capitali, pochi brevetti, poca ricerca e sviluppo. La diagnosi di Banca d’Italia sulla situazione delle imprese italiane è impietosa. «Le determinanti del ritardo innovativo dell’Italia vanno ricercate in alcune caratteristiche del sistema produttivo e finanziario privato» si legge nella relazione annuale di Bankitalia «e nella difficoltà del settore pubblico di creare un contesto istituzionale e regolamentare favorevole all’innovazione e di sostenere direttamente l’attività innovativa». Inoltre il 40 per cento circa della spesa in ricerca e sviluppo è effettuata dal settore pubblico. Una produzione scientifica che non sfigura nel confronto con altri paesi, sebbene le nostre strutture universitarie siano meno presenti nelle posizioni di eccellenza delle principali graduatorie internazionali. Ma nonostante i recenti progressi, la collaborazione tra il sistema di ricerca pubblica e il settore privato è scarsa. «Gli incentivi pubblici all’innovazione delle imprese hanno conseguito risultati modesti. La loro efficacia ha risentito negativamente della frammentazione degli interventi, dell’instabilità delle norme e dell’incertezza sui tempi di erogazione». Un parametro per misurare l’innovazione è il numero di brevetti. Nel 2010 le domande depositate presso l’Ufficio europeo …

"Trovata l'intesa sulla rappresentanza", di Nicoletta Picchio e Giorgio Pogliotti

È intesa tra Confindustria e sindacati sulla rappresentanza. Ieri alle 17 il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi ha incontrato i leader di Cgil, Cisl e Uil – rispettivamente Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, e Luigi Angeletti -, con l’obiettivo di portare l’affondo finale al tavolo; dopo quattro ore di confronto si è arrivati alla firma del testo che defmisce d criteri per misurare la rappresentatività, per stabilire la titolarità a negoziare e rendere esigibili i contratti. «Una bella notizia l’accordo appena firmato Confindustria- Sindacati. È il momento di unire, non di dividere, per combattere la disoccupazione» ha subito commentato il premier Enrico Letta su Twitter. Soddisfatto anche il numero uno degli industriali: «Abbiamo ottenuto un risultato storico – è il giudizio di Squinzi -, dopo 6o anni è stata finalmente raggiunta l’intesa per definire le regole della rappresentanza. Si rende misurabile il peso dei sindacati con l’intesa che regola i rapporti per avere contratti nazionali pienamente esigibili. In un momento come questo l’accordo ha un significato importante anche sotto l’aspetto della coesione sociale ». Nel merito, …

"Diamo ai cittadini le scelte di finanziamento dei partiti", di Walter Tocci

La riforma del finanziamento dei partiti è un passaggio ineludibile per migliorare la credibilità della politica e per rafforzare il prestigio del Parlamento. L’unica via che può legittimare un contributo pubblico è il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte di finanziamento. Ed è possibile solo se viene assicurata la massima trasparenza sull’utilizzo delle risorse e sui rapporti con i poteri economici e mediatici. La proposta che abbiamo elaborato in un gruppo di lavoro composto da deputati e senatori del PD individua tre strumenti: contributo pari all’uno per mille del gettito Irpef da ripartire secondo le indicazioni dei contribuenti; credito d’imposta per le libere donazioni private; rimborso parziale delle spese elettorali effettivamente sostenute. Per rendere credibile quest’ultimo aspetto della proposta il PD dovrebbe rinunciare volontariamente alla parte di rimborsi elettorali non spesi per la campagna elettorale 2013. Sono escluse, quindi, tutte le forme di finanziamento diretto dello Stato che non siano legittimate dalla scelta dei cittadini. Pur trattandosi di un testo normativo compiuto, è una proposta aperta che ha lo scopo di promuovere una discussione e un …

"Italia in ritardo, colpa di politici e imprese", di Luigi La Spina

C’era un malcelato orgoglio nell’elenco dei ringraziamenti che Ignazio Visco ha rivolto a coloro che, dalla Banca d’Italia, sono andati a ricoprire posti importanti nel governo, nell’amministrazione pubblica e, perfino, alla Rai. E c’ era molta curiosità tra la platea che ascoltava le sue «considerazioni finali» per capire come il governatore avrebbe marcato la distanza con il suo ex direttore generale, Fabrizio Saccomanni. Quel Fabrizio Saccomanni da solo un mese a capo del ministero dell’Economia, il tradizionale interlocutore degli ammonimenti che, ogni anno, vengono lanciati da via Nazionale al governo. Il potenziale imbarazzo di Visco è stato schivato con abilità, ma senza reticenze, pur nell’ancor più rigoroso rispetto della funzione del governatore e dei limiti del ruolo. Così il messaggio alla politica, anche questa volta, è stato chiaro, ma si è esteso, con maggior forza del passato, a tutta la società italiana, in particolar modo alle imprese e all’ alta dirigenza burocratica del nostro Paese. Nella consapevolezza di una vasta corresponsabilità per il drammatico ritardo competitivo che l’Italia ha accumulato negli ultimi 25 anni. La …

"Addio Franca Rame tra donne in rosso e Bella Ciao", di Natalia Aspesi

La gente è così tanta — c’è chi parla di 7-8mila persone — che anche Dario Fo e i parenti faticano a raggiungere il sagrato del Teatro Strehler, dove, sotto una gigantografia di Franca Rame in scena, c’è il feretro che se la porta via per sempre. Ma va bene così: ciò che conta, dirà poi il premio Nobel, sfinito, a funerale terminato, dopo aver tumulato la salma nel famedio, il cimitero dei grandi di Milano, casualmente e teneramente proprio accanto all’amico Enzo Jannacci, «ciò che conta, è che finalmente tutti abbiano potuto salutare Franca». Ed è stato, quello di ieri, un saluto umanissimo e civile ai mille volti di Franca Rame: le centinaia di donne vestite di rosso a cantare “Bella ciao” per «la Franca che ha lottato per noi»; gli handicappati in carrozzella per la donna che li ha sostenuti coi soldi del Nobel; i vecchi amici di “Soccorso rosso”, Oreste Scalzone e altri, a ricordare le battaglie politiche col pugno alzato e l’Internazionale, suonata a molti opaca, incongrua, remota. E poi i …

"Chi paga il conto", di Massimo Giannini

Quello del governatore «è il mestiere più facile del mondo: stringi la liquidità, la allarghi, e in tutti i casi non devi rispondere davanti all’ elettore degli effetti concreti delle tue scelte ». Era una vecchia lezione di Guido Carli, che negli anni ’70 e ’80 temeva il «vuoto», politico e anche sociale in cui la Banca d’Italia finiva spesso per rinchiudersi, mentre “fuori” dilagava la democrazia del deficit, la partitocrazia usava la spesa pubblica per comprare consensi, e la tecnocrazia di Via Nazionale non poteva far altro che restringere il credito per frenare il disastro. Il grafico dell’ inflazione e quello della massa monetaria erano un’arma di difesa, l’unica e l’ ultima, da brandire contro le «invasioni barbariche» dell’epoca. Era un bene, perché così si tutelava l’economia nazionale. Ma per alcuni era anche un male, perché la Banca finiva per essere percepita come un corpo a sé, distinto e distante dal Paese. Quarant’anni dopo molto è cambiato. La lira non c’è più. Sui tassi di interesse decide l’Eurotower, non più Palazzo Koch. Ma quella …