"I bambini in armi", di Vittorio Zucconi
Dove si uccidono bambini, anche i bambini uccideranno. Per i Taliban, il fatto che sia stato un ragazzino di 11 anni a colpire Giuseppe La Rosa e rimandare in Italia la 53esima bara dall’Afghanistan, non è un orrore, è un vanto, da esibire come un trionfo. Il nostro governo — in attesa di ricostruzioni sicure — sospetta che sia solo propaganda: ma non sarebbe certo la prima volta che viene armata la mano di un ragazzino dai signori della guerra. Come non ci sono più confini geografici allo strano, quanto atroce conflitto che insanguina il mondo da Boston al Pakistan, da Manhattan alla Somalia, così non ci sono più confini anagrafici. Undici anni di età, il tempo nel quale il crepuscolo dell’infanzia lascia il posto all’alba dell’adolescenza, possono sembrare pochi per chi vive nelle società relativamente ordinate e scandite dal ritmo della scolarità e dei censimenti. Ma per i figli della violenza quotidianamente subita e inflitta, quegli undici anni sono ormai la piena maturità dell’orrore. Li chiamano “I figli di Dio” nei campi di addestramento …