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"È arrivata l’ora di cambiare la legge 40", di Roberta Agostini

La Corte di Strasburgo ha messo a segno un altro colpo contro la legge 40. E’ solo l’ultimo atto di una storia di demolizione di una legge crudele ed ingiusta che dura ormai dal 2005, da quando cioè le coppie hanno cominciato a presentare ricorsi e i tribunali ad emettere sentenza sui punti più controversi ed assurdi. La Corte di Strasburgo ci offre l’occasione per riprendere un dibattito, provando ad uscire dalle forzature ideologiche e dalle contrapposizioni che hanno dominato la storia della legge, a partire dalla discussione parlamentare che si svolse durante la sua approvazione.
La Corte ci dice che c’è una sfera della vita e delle relazioni tra le persone che deve essere rispettata e riconosciuta, che non è possibile consentire la diseguaglianza tra le coppie (ora solo le coppie sterili possono accedere alle tecniche, non chi è portatore di malattie geneticamente trasmissibili), che la tutela della salute è un valore fondamentale, così come il rispetto del rapporto medico-paziente.
Per capire la necessità della modifica della legge basterebbe partire da questi tre principi di fondo e prendere atto della storia di questi anni e delle sentenze a partire da quella della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la norma che obbliga all’impianto contemporaneo di tre embrioni che hanno praticamente smantellato il testo e profondamente messo in discussione il suo impianto regressivo.
Basterebbe prendere atto della realtà di migliaia di coppie che compiono in tanti Paesi europei, e non solo, i cosiddetti viaggi della speranza, per rendersi conto che la legge va profondamente cambiata. Chi si sottopone alle lunghe e spesso dolorose tecniche di fecondazione assistita non sta cercando un figlio con gli occhi azzurri, ma semplicemente un figlio, possibilmente sano.
La lezione di questi ultimi anni, quelli che ci separano dal referendum del 2005 e che vide protagonisti molti scienziati, ginecologi, medici, dove misurammo una contrapposizione ideologica e spesso un uso politico della religione intorno ai cosiddetti «valori non negoziabili», sta in questi pronunciamenti della giurisprudenza, nei valori di laicità della nostra Costituzione, nella tenacia di tante coppie che sono state decise nel far valere i propri diritti.
La fiducia verso la responsabilità delle persone ed una legislazione non invasiva dovrebbero essere i principi in base ai quali ridiscutere e modificare le parti più controverse della legge, compreso il divieto di fecondazione eterologa, che ad oggi è uno dei principali motivi dei viaggi all’estero delle coppie che se lo possono permettere. Prima di fare ricorso alla Grande Camera europea, il governo dovrebbe riflettere molto bene sulla storia di questa legge e su quanto avvenuto in questi anni.
La legge 194 fu conquistata in un grande dibattito pubblico, che fece i conti con la vita concreta di tante donne che allora morivano a causa degli aborti clandestini ed ha saputo superare barriere ideologiche sulla base di un principio di fiducia verso le persone, di autodeterminazione, libertà e responsabilità, che ha prodotto una buona legge, consentendo oggi il dimezzamento del numero interruzioni di gravidanza; semmai è aperto il problema di una sua piena attuazione. Fu un passo che segnò un salto di maturazione e di consapevolezza del Paese. La nostra responsabilità, come partito nel quale vivono insieme culture, storie e provenienze diverse è quella di raccogliere la migliore eredità della nostra storia ed aiutare il Paese a compiere nuovamente questo salto provando a riscrivere una buona legge.

L’Unità 30.08.12