Giorno: 20 Agosto 2012

"Fuoricorso: le tasse più alte colpiscono gli studenti lavoratori", di Andrea Cammelli*

Il recente provvedimento del Governo sulle tasse più alte per i fuoricorso, in base al reddito, fa molto discutere. Così come si moltiplicano gli interventi degli atenei a favore di chi è bravo. Ma per affrontare questi temi, occorre prima leggere la realtà attraverso i numeri: secondo i dati AlmaLaurea tra i laureati 2011 i fuoricorso sono il 62% nei percorsi triennali, il 52,8% in quelli biennali e il 65% nelle lauree a ciclo unico. Tutti uguali? Non è così, come vedremo. Senza dimenticare che nel 2000, prima dell’avvio della riforma, fuori corso erano 90 laureati su 100. Undici anni dopo, distinguendo fra chi studia e lavora (magari per mantenersi agli studi) e chi studia soltanto, emerge che fra i laureati di primo livello del 2011 a dedicarsi esclusivamente allo studio, sono soltanto 27 su cento. Degli altri, quasi il 10% conclude gli studi avendo lavorato continuativamente, a tempo pieno, per almeno la metà del percorso universitario; altri 64 su cento hanno avuto esperienze lavorative durante gli anni di studio. Il ragionamento sarebbe diverso se …

"L'allarme sociale non deve frenare le riforme penali", di Giovanni Negri

Il rischio adesso è che l’aumento dei reati, in controtendenza rispetto ai dati dell’ultimo triennio, rappresenti un ostacolo sulla via delle riforme. Che in parte sono già delineate e, di certo, non possono ancora slittare. Se l’allarme sociale, che è reazione giusta oltre che comprensibile, sfocia in allarmismo oltranzista, il pericolo di un impasse alla ripresa dei lavori parlamentari è assai concreto. Anche perché tra qualche settimana saremo all’inizio della volata elettorale che si concluderà in primavera e si sarebbe troppo facili profeti nel ritenere che le forze politiche (tutte) avranno poca o nessuna voglia di spendersi su temi a elevata sensibilità come quelli della criminalità e delle carceri. Si tratterebbe però di un errore grave. Perché un Governo che ha avuto la temerarietà di condurre in porto riforme scomode come quella sulla geografia giudiziaria, ha senz’altro le carte in regola per fare approvare anche misure altrettanto serie come quelle in agenda sulla depenalizzazione e le misure alternative al carcere. Provando in questo modo a coniugare obiettivi di civiltà (le condizioni delle nostre carceri da …

"Ancora caldo africano: ecco Achim. Si scioglie anche la vetta del Bianco", di Luca Mercalli

Il caldo africano dell’anticiclone Achim non concede tregua almeno fino a metà settimana, con massime fino a 37-39 gradi sulla pianura padana e sulle zone interne di Sardegna e regioni tirreniche, ma diffusamente intorno ai 34-36 gradi altrove. Le giornate si mantengono ovunque soleggiate, con lieve rischio di isolati temporali di calore sulle Alpi, oggi sui settori di confine con Francia e Svizzera, domani anche sulle vallate di Alto Adige e Veneto. Da metà settimana il caldo più intenso si sposterà al CentroSud, mentre al Nord le temperature caleranno di qualche grado, mantenendosi comunque sempre pienamente estive; sulle Alpi ci sarà qualche rovescio o temporale in più nelle ore pomeridiane, che localmente potrà sconfinare sulle alte pianure con rischio di forti acquazzoni e grandinate. Si tratterà comunque di fenomeni puntiformi. Da domenica è possibile un cambiamento, per l’ingresso di una perturbazione con aria più fresca che potrebbe portare temporali più diffusi tra Alpi e pianura padana seguiti da un sensibile calo termico. Una temporanea attenuazione del caldo intenso si è avuta attorno a Ferragosto, per …

"Il conto salato della crisi. Trentamila attività chiuse", di Felicia Masocco

Dalla A di Adelchi alla X di Xerox: in mezzo c’è l’elenco di 86 aziende, l’ordine alfabetico della crisi. Del loro futuro si discute al ministero dello Sviluppo, si cerca una soluzione perché non chiudano, ma i tavoli sono totalmente aperti, e c’è molto (se non tutto) da fare. C’è poi un’altra lista che va dall’A. Merloni alla Yara: 53 tavoli di vecchia data, questi, per i quali è più facile confidare in qualche esito. In tutto 141 imprese che cercano di non sparire e più di 168mila lavoratori che sperano di non diventare esuberi. Va detto che è una parte soltanto del conto pagato alla recessione dal sistema produttivo italiano. Ci sono tutti i settori, nessuno escluso e tutte le regioni sono interessate: dal 2009 ben 30mila imprese hanno chiuso i cancelli. I mali dell’industria sono tornati sul proscenio nelle ultime settimane, il dramma dell’Ilva e di Taranto ha restituito il carattere dell’urgenza alla politica industriale, grande assente degli ultimi anni. Ottimismo e omissioni Il laissez-faire del governo Berlusconi, quell’ottimismo a ogni costo mentre …

"L'anomalia italiana: lavora solo 1 su 3, persi 450 mila posti", di Federico Fubini

L’anomalia italiana: lavora solo 1 su 3, persi 450 mila postidi FEDERICO FUBINILa crisi globale che dura ormai da 5 anni ha cambiato in profondità la condizione del lavoro in Italia. Secondo Eurostat gli occupati nel nostro Paese sono attualmente (al primo trimestre di quest’anno) 450 mila in meno che nel 2007, quando esplose quella che allora si chiamava la crisi dei subprime. Oggi, in Italia, su una popolazione che l’Ufficio statistico europeo valuta in 60,8 milioni di persone, in base alle definizioni dello stesso ufficio, ne lavorano 22,3 milioni. È una quota del 36,8%, superiore (di poco) solo a quella della Grecia. Nello stesso periodo la Germania ha creato il 6,3% dei posti di lavoro in più. Sono passati, rispettivamente, cinque e dieci anni. È tempo di un bilancio: l’Europa sta offrendo una dimostrazione di potenza produttiva e allo stesso tempo attraversa qualcosa di simile alla Grande depressione. Quanto all’Italia, queste tendenze bipolari convivono in modo se possibile più estremo. Sono passati cinque anni — siamo appena entrati nel sesto — da quando Jean-Claude …

"Più Stato nel mercato: il modello è l'Eni, non l'Iri", intervista a Giulio Sapelli di Marco Ventimiglia

«Per salvaguardare il patrimonio industriale del Paese è bene che, laddove serve, intervenga direttamente lo Stato, rilevando quote di aziende private ed investendo in grandi progetti industriali». Nell’intervista pubblicata ieri, Susanna Camusso ha riportato in vita un concetto che sembrava sepolto in lunghi anni di liberismo: il capitale pubblico al servizio della crescita come antidoto alla crisi. Giulio Sapelli raccoglie quella che non reputa affatto una provocazione. «Tutt’altro – dice il docente di Storia Economica all’Università Statale di Milano – le parole della Camusso hanno il grande pregio di sottolineare la necessità di una svolta rispetto al pensiero a lungo dominante, quello che reputa la presenza dello Stato nell’attività economica un nemico della crescita. Mi permetto invece di dissentire relativamente alla modalità con cui bisognerebbe agire». Per quale ragione? «Se ho ben capito le parole del segretario della Cgil, l’idea è quella di un’azione duplice: da un lato l’assunzione da parte dello Stato di un ruolo attivo in grandi progetti industriali, dall’altro l’ingresso nel capitale di aziende in difficoltà con l’obiettivo di traghettarle fuori dalla …

"Prima che sia tardi: il coraggio di una nuova Europa", di Giuliano Amato

Vedo i passi che si fanno nelle sedi europee per rendere più integrate, e quindi più efficaci, le politiche volte a stabilizzare l’euro e a raddrizzare i bilanci nazionali dai quali tale stabilizzazione oggi dipende. E vedo le reazioni che ciò suscita tra i nostri cittadini, in un crescendo di ostilità reciproca tra le opinioni pubbliche nazionali e di ostilità comune verso l’Europa. Chi reagisce a misure di austerità che sente imposte dagli altri, chi al vincolo di pagare per gli altri e tutti protestano per le lesioni delle rispettive sovranità. Lorenzo Bini Smaghi ha scritto il 7 agosto sul Financial Times che è la sopravvivenza dell’euro a richiedere queste interferenze nelle sfere nazionali, conseguenze naturali della maggiore integrazione politica. Perciò politici e commentatori – così concludeva – non possono chiedere più Europa e poi lamentarsi per le perdite di sovranità. Sembra una conclusione inesorabile, ma a me pare assurdo che l’integrazione politica ricercata e promossa per anni da molti di noi per dare più strumenti comuni e quindi più forza agli europei sia fonte …