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"Le mani sulla storia. Ma chi accusa non sa di cosa parla", di Bruno Gravagnuolo

Le mani sulla storia, atto terzo. E dopo le sortite di Storace nel 2001 e di Adornato nel 2002, sulla «storia di sinistra» a scuola da ricalibrare e filtrare, torna la guerra civile culturale della destra sulla manualistica. Con la proposta di legge Carlucci, intesa come Gabriella, di istituire una commissione di inchiesta sull’imparzialità dei libri di testi scolastici, depositata il 18 febbraio scorso, e sottoscritta da 18 deputati Pdl. Le prime due puntate, come è noto, naufragarono in un mare di ridicolo. Con Storace che rimase completamente isolato, e Adornato, a quel tempo forzista, a sua volta costretto a rimangiarsi l’idea da lui lanciata in Commissione cultura alla Camera (con i buoni uffici dell’indimenticabile sottosegretario Valentina Aprea). E cioè: occorreva vigilare istituzionalmente sull’«oggettività della storia». Minata dalla faziosità imperante della cultura egemo nica di sinistra. Aquel tempo ad Adornato e Storace diede torto persino Giovanardi: «Discorso irricevibile», dixit Giovanardi medesimo, benché il problema «esistesse», di là «del modo ». E oggi però tornano sia il modo che la sostanza di allora. Segno che questa destra perde il pelo ma non il vizio. E cioè: il Pdl invoca controllo e censura preventiva sui libri di storia nelle scuole, e contesta tutta una serie di manuali in vigore. A detta di Carlucci, e dei magnifici 18, «vergognosi». Per giudizi di merito sugli ultimi decenni e su Berlusconi. E insomma storia da sorvegliare e punire, previa esclusione dai programmi di certi libri non graditi.Amotivo del loro «tentativo di indottrinamento per plagiare le giovani generazioni a fini elettorali». Il tutto, argomentano i «carlucciani», in base a una visione della storia «asservita al centrosinistra » e di pura marca gramsciana, intrisa di «casamatte» da presidiare e conquistare, e di subdola egemonia comunista. Equali sono i testi incriminati? Eccoli: Della Peruta-Chittolini- Capra (Le Monnier); Camera-Fabietti (Zanichelli) e De Bernardi-Guarracino (Bruno Mondadori). Nel piccolo ridicolo campione (ridicolo in quanto esiguo)mancano altri importanti testi aggiornatissimi. Ad esempio Il Salvadori (Loescher), il Villari (Laterza), il Sabbatucci-Giardina- Vidotto( Laterza), il Trainiello(Sei), per non dire del celebre Saitta, marxista divenuto liberale. Ma il campioncino di testi altresì illustri, grottescamente manipolato o frainteso, previe citazioni estrapolate, basta ai deputati Pdl per gridare allo scandalo. Ad esempio si inorridisce perché nel Della Peruta, massimo studioso del Risorgimento vivente, si legge che «Togliatti era duttile, intelligente e capace di visioni generali ».Che «Berlinguer erauomodi profonda onestà, alieno dalla retorica». E che «De Gasperi era uno statista formatosi nella tradizione cattolica ». Così come, citando passim dall’interrogazione Pdl, ci si indigna perché nel Guarracino si sostiene che la Costituzione «era uno degli obiettivi delle forze di sinistra e democratiche » (invece di dire magari che l’obiettivo erano golpe e gulag). Infine due giudizi positivi, uno su Oscar Maria Scalfaro e l’altro su Rosy Bindi, uno nell’ Ortoleva- Revelli (Bruno Mondadori) e l’altro nel Camera- Fabietti fanno fremere di rabbia i 18, più che mai decisi a smascherare l’inganno di un’ideologia comunista e giudiziaria, che soprav vive e si rilancia «malgrado il crollo del Muro di Berlino». Intanto, oltre alla ripetitività, colpisce l’ignoranza degli estensori della proposta di legge sulla super-commissione. Non solo essi ignorano che giudizi come quelli sul Togliatti, Berlinguer eDeGasperi sarebbero sottoscritti persino da Reagan e Bush Jr, oltre che esserlo già dagli storici più seri. Ma non hanno alcuna percezione e nozione di che cosa sono, e quanti sono i manuali di storia in uso nelle scuole. Di che pasta sono fatti, e di quali questioni soriografiche sono impastati, a partire dagli ultimi decenni. Intanto è falso che quei testi siano di sinistra gramsciana. Non lo è il Salvadori, critico di Gramsci e assertore della visione comparatista: tra totalitarsismi di destra e di sinistra. Non lo è, «gramsciano», il Sabatucci- Giardina-Vidotto, testo ispirato piuttosto a Rosario Romeo e Renzode Felice, e al più liberal-progressista con un occhio alla revisione dell’idea del fascismocome«male assoluto ». Non lo è, gramsciano e comunista, il Trainiello, aperto aDeFelice, all’antigiacobino Furet, e naturalmente al popolarismo di Don Luigi Sturzo. Quanto ai tre manuali demonizzati dai 18, l’ispirazione di sinistra è evidente,manon è vero , come ripete a pappagallo la destra, che il Camera- Fabietti non parli delle foibe (lo fa con dovizia e chiamate di responsabilità precise a Tito e al Pci, nelle pagine sul dopo-45). E d’altra parte alcuni giudizi negativi su Berlusconi in certe pagine dello stesso manuale sono ampiamente compensati da giudizi più «realistici» nel Sabbatucci, che in Berlusconi bene o male vede un artefice del bipolarismo. La verità è che questa destra è ancor più censoria del fascismo, che non aveva commissioni preventive sui libri, ma manovrava a valle la censura. Mentre oggi si vuole tornare alla legge Casati del 1859, che prevedeva filtro ministeriale a monte, abolita nel 1945-46. Perché? Per «occupare» la storia, e riscrivere le basi costituzionali della Repubblica. Ma anche per buttare la palla in tribuna, infuocare la rissa ideologica e lucrare sul vittimismo del Caimano. Su «assist» del medesimo. vive e si rilancia «malgrado il crollo del Muro di Berlino». Intanto, oltre alla ripetitività, colpisce l’ignoranza degli estensori della proposta di legge sulla super-commissione. Non solo essi ignorano che giudizi come quelli sul Togliatti, Berlinguer eDeGasperi sarebbero sottoscritti persino da Reagan e Bush Jr, oltre che esserlo già dagli storici più seri. Ma non hanno alcuna percezione e nozione di che cosa sono, e quanti sono i manuali di storia in uso nelle scuole. Di che pasta sono fatti, e di quali questioni soriografiche sono impastati, a partire dagli ultimi decenni. Intanto è falso che quei testi siano di sinistra gramsciana. Non lo è il Salvadori, critico di Gramsci e assertore della visione comparatista: tra totalitarsismi di destra e di sinistra. Non lo è, «gramsciano», il Sabatucci- Giardina-Vidotto, testo ispirato piuttosto a Rosario Romeo e Renzode Felice, e al più liberal-progressista con un occhio alla revisione dell’idea del fascismocome«male assoluto ». Non lo è, gramsciano e comunista, il Trainiello, aperto aDeFelice, all’antigiacobino Furet, e naturalmente al popolarismo di Don Luigi Sturzo. Quanto ai tre manuali demonizzati dai 18, l’ispirazione di sinistra è evidente,ma non è vero , come ripete a pappagallo la destra, che il Camera- Fabietti non parli delle foibe (lo fa con dovizia e chiamate di responsabilità precise a Tito e al Pci, nelle pagine sul dopo-45). E d’altra parte alcuni giudizi negativi su Berlusconi in certe pagine dello stesso manuale sono ampiamente compensati da giudizi più «realistici» nel Sabbatucci, che in Berlusconi bene o male vede un artefice del bipolarismo. La verità è che questa destra è ancor più censoria del fascismo, che non aveva commissioni preventive sui libri, ma manovrava a valle la censura. Mentre oggi si vuole tornare alla legge Casati del 1859, che prevedeva filtro ministeriale a monte, abolita nel 1945-46. Perché? Per «occupare» la storia, e riscrivere le basi costituzionali della Repubblica. Ma anche per buttare la palla in tribuna, infuocare la rissa ideologica e lucrare sul vittimismo del Caimano. Su «assist» del medesimo.

L’Unità 13.04.11

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“Libri di storia: Il Pdl vuole la commissione di inchiesta”, di Fabio Luppino

Definire Alcide DeGasperi «uno statista formatosi nel clima della tradizione politica cattolica» è un«tentativo subdolo di indottrinamento» presente nel libro di storia contemporanea scritto da della Peruta-Chittolini- Capra. Un testo eversivo a tal punto, questo come altri, da richiedere l’istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare «sull’imparzialità dei libri di testo scolastici», in particolare quelli di storia. La prima firmataria del progetto di legge è Gabriella Carlucci, mai deputati indignati del Pdl sono già 19 e il testo presentato il 18 febbraio è stato assegnato alla commissione Cultura della Camera il 14 marzo. Quindi, se ne discuterà presto. Un’«emergenza nazionale» che il Pdl vuole risolvere subito. Secondo i firmatari i libri di storia sono pieni di «visioni ufficiali» asservite al centrosinistra e pericolose per le giovani generazioni. Per esempio è incredibile leggere nel DeBernardi-Guarracino che dal 1948 «l’attuazione della Costituzione sarebbe diventato uno degli obiettivi dell’azione politica delle forze di sinistra e democratiche »; ancora più grave trovare nell’Ortoleva-Revelli, noti storici sovversivi, questa definizione di Oscar Luigi Scalfaro:uomo distintosi «per il rigore morale e la valorizzazione delle istituzioni parlamentari». Ancor più colpevole il Della Peruta- Chittolini-Capra che definisce Enrico Berlinguer «un uomo di profonda onestà morale e intellettuale, misurato e alieno alla retorica». Per gli affaccendati deputati Pdl sarebbero tutte descrizioni false e soprattutto fuorvianti. E così, interpretando a loro dire una preoccupazione nazionale, si chiedono nella premessa del progetto di legge: «Può la scuola di Stato, quella che paghiamo con i nostri soldi, trasformarsi in una fabbrica di pensiero partigiano?». Gli illustri deputati dovrebbero ricordare che i nostri soldi vengono spesi anche per pagare i loro ricchissimi stipendi in nome della Costituzione repubblicana, in virtù della quale non era pensabile che un giorno qualcuno avesse la bella idea di presentare un progetto dal vago sapore fascisteggiante. Gelmini e Carlucci soggiungono che il problema c’è. In realtà non è la Storia che interessa gli scriventi. La memoria che loro devono salvaguardare è quella del loro capo carismatico, Silvio Berlusconi. Nel testo di Revelli, per esempio, è scritto che nel ‘94 «l’uso sistematicamente aggressivo dei media, i ripetuti attacchi alla magistratura, alla Direzione generale antimafia, alla Banca d’Italia, alla Corte Costituzionale e soprattutto al presidente della Repubblica condotti da Berlusconi e dai suoi portavoce esasperarono le tensioni politiche nel Paese». Anche questo un falso eclatante, un giudizio non storico. Sarebbe tedioso e cattedratico spiegare come si fa Storia a chi si vuole ergere a difensore di una storia, quella di Silvio Berlusconi. Anche perché questo progetto è in piena armonia con la definizione data dal premier sugli insegnanti della scuola pubblica che «inculcano valori diversi rispetto a quelli delle famiglie ». «Se non ci fosse da preoccuparsi ci sarebbe solo da ridere – osserva Francesca Puglisi, responsabile scuola pd -La maggioranza in tre anni ha progressivamente distrutto la scuola pubblica, umiliato chi ci studia, offeso chi ci lavora». A mala pena si fa, l’ora di Storia.

L’Unità 13.04.11

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Alberto De Bernardi: ” E dire che io sarei un revisionista”, di Maria Serena Palieri

Alberto De Bernardi, contemporaneista dell’università di Bologna, è autore del terzo volume del manuale di storia per le superiori firmato insieme con Scipione Guarracino ed edito da Bruno Mondadori. E ha un dubbio: «Chi fa queste selezioni guarda le statistiche. Il nostro manuale è semplicemente tra i più frequentati nelle scuole. L’onorevole Carlucci ha letto le 5.000 pagine dei testi che mette all’indice? No, avrà incaricato un collaboratore che ha trovato quella frase…». Il passaggio incriminato, in effetti, è nel suo caso particolarmente anodino: dice che dal 1948 «l’attuazione della Costituzione sarebbe diventato uno degli obiettivi dell’azione politica delle forze di sinistra e democratiche». Verità storica o giudizio politico? «È un fatto. Tutta la storia degli anni Cinquanta vede la battaglia per l’applicazione della Costituzione. Da un lato i “democratici”, e qui intendo la sinistra, ma anche azionisti,laici, Calamandrei, dall’altro le forze di governo. Perché fosse creato ilCsmabbiamo dovuto aspettare il 1961, per le Regioni gli anni Settanta. Applicare la Costituzione significava, tra l’altro, applicare l’articolo sul divieto di riorganizzazione del partito fascista, questione che ancora oggi ricorre. Ma questa è verità acclarata. Ne scrive anche Pietro Scoppola nella Repubblica dei partiti». Lei ha studiato la Resistenza e il “modello emiliano”. È stato impegnato nel «Gramsci» emiliano. L’onorevole Carlucci ha visto giusto: è comunista? «Nella mia comunità di riferimento, la comunità degli storici, sono stato classificato molte volte semmai come revisionista. Ho studiato anche il fascismo proprio per rivedere un paradigma classico. E il titolo del mio libro, Una dittatura moderna, è eloquente». È la prima volta che viene messo all’indice? «Successe già ai tempi in cui Storace ideava una specie di comitato di controllo sui libri di testo». Perché vogliono impallinarla? «Per ignoranza. L’onorevole Carlucci non conosce la storia. E quindi attribuisce i fatti a una sorta di centrale comunista storiografica». Lo storico è obiettivo? Può esserlo lo storico del Novecento? «La verità storica non esiste in sé: è il risultato dello sforzo interpretativo di generazioni successive di studiosi. Ma questo non vuol dire che il giudizio scientifico sia accumulabile al parere della persona qualunque. Che lo storico sia di destra come di sinistra. Il contemporaneista ha un lavoro più difficile. Dev e stare attento a non cadere nei tranelli della memoria personale degli avvenimenti che studia«. Ora, professore, cosa pensa di fare? «C’è una mobilitazione degli storici. Nei prossimi giorni faremo sentire la nostra voce».

L’Unità 13.04.11

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Franco Della Peruta: “Messo all’indice? E’ la prima volta”, di Maria Serena Palieri

Al suo manuale vengono contestati i giudizi su Togliatti «uomo politico intelligente e duttile» e quello su Berlinguer: «profonda onestà morale». Accademico dei Lincei, considerato lo studioso maggiore del nostro Risorgimento, 87 anni a giugno, Franco Della Peruta è autore con Giorgio Chittolini e Carlo Capra de La Storia (Le Monnier), uno dei subdoli testi che sarebbero in apparenza manuali scolastici in realtà materiale agit-prop, che la pattuglia pidiellina vorrebbe far scomparire dalla scuola pubblica. Dopo un sessantennio di studi sull’amato Mazzini, su Cattaneo (letto in chiave antileghista), su donne e operai (la storia «vista dal basso») si è concesso il manuale, nel 2003, quasi a ottant’anni:«Un po’ per sollecitazione degli editori. E perché, sulla base di studi accumulati, pensavo di poter fare una cosa non indecorosa » spiega con understatement. Professore, le era già capitato di essere messoall’indice? Eche effetto le fa? «Che io sappia è la prima volta. Resto tranquillo, come prima». Le censurano il giudizio su Togliatti «uomo politico intelligente, duttile e capace di ampie visioni generalì»e su Berlinguer «uomo di profonda onestà morale e intellettuale, misurato e alieno alla retorica». Lei, oggi, li confermerebbe? «Parola per parola». AncheDeGasperi«statista formatosi nel clima della tradizione politica cattolica» non è gradito. «È una verità storica. Ed era una valutazione positiva». Strano che non piaccia, visto che Berlusconi stesso si è paragonato più volte a De Gasperi. Ma veniamo al problema di fondo: lo storico può essere obiettivo? «Puòesistere un’onestà intellettuale. La realtà storica, però, è quella che si forma nella mente dello storico, quindi è soggettiva. Benedetto Croce riassumeva così, magnificamente, la questione in napoletano: “la storia è la capa dello storico che ce sta ‘rentro”. L’obiettività assoluta non esiste, la questione è sempre quella di un equilibrio tra informazione e conoscenza». La storia è scienza? «Sì. Non è fantasia, non è opera poetica, lirica. Poggia su documenti. Ma anche la scienza è soggettiva ». Negli ultimi anni alla scuola sono arrivate sollecitazioni crescenti perché si studiasse il Novecento. Fare storia di un’epoca che si è vissuta in prima persona crea problemi di obiettività maggiori? «No, perché la storia è sempre narrazione di un passato. E che sia il ‘600 o il 1948 il metodo resta quello ». Dal1994imanualiscolastici di storia hanno ricevuto ricorrenti attacchi. Perché, a suo parere? «Storia e scuola sono due grandi agenzie formative. Insegnare storia non è come insegnare latino o matematica: insegni un modo di ragionare, trasmetti dei parametri intellettuali. E, quindi, la politica ha per la storia un’attenzione privilegiata ».

L’Unità 13.04.11

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“Libri di testo comunisti e anti-Berlusconi” Il Pdl chiede la commissione d´inchiesta, di ALESSANDRA LONGO

Ci sono «troppi testi scolastici di storia che gettano fango su Berlusconi». Gabriella Carlucci, un curriculum di spettacolo iniziato con Festivalbar e Cantagiro, ma da tempo votata alla politica, si è presa la briga di scovare i “comunisti” che si annidano ancora nella scuola, peraltro già segnalati al pubblico ludibrio dal premier. Gente abilissima che mette in atto «tentativi subdoli di indottrinamento per plagiare le giovani generazioni a fini elettorali».
Basta, si è detta la Carlucci, dopo aver sfogliato le prove del reato e preso appunti: «È una situazione vergognosa! Bisogna istituire subito una commissione parlamentare d´inchiesta sull´imparzialità dei libri di testo scolastici. A chi è fazioso daremo il tempo di adeguarsi prima di ritirare il prodotto dal mercato». Per la verità, idea non nuova. Era venuta nel 2000 anche al camerata Francesco Storace quando faceva il presidente della Regione Lazio. La Carlucci, però, è del Pdl, il Partito della Libertà. Lei e i suoi, bontà loro, assicurano: «Non manderemo i libri al macero». «Scherzi a parte»? No, è tutto vero: l´idea della Carlucci, la proposta di legge per la commissione, già depositata il 18 febbraio scorso, anche l´avallo del ministro dell´Istruzione Gelmini. Impegnata a Montecitorio, a far scudo giudiziario al premier, Gelmini ieri ha commentato così: «Il problema dell´oggettività dei libri di testo esiste. Valuteremo la proposta della Carlucci, poi il Parlamento è sovrano».
Dichiarazione di mezza sera, quando già l´incendio era divampato, tra ironia e indignazione. Beppe Fioroni (Pd), predecessore di Gelmini, cita Flaiano: «La situazione è grave ma non seria. Chiedo ai parlamentari del Pdl di ritirare la loro proposta da Minculpop». L´elenco dei libri «asserviti a una parte politica», e degni perciò di finire nel rogo virtuale della Carlucci, è lungo. Il duo di autori Camera-Fabietti era già stato avvistato da Storace. In «Elementi di storia», edito da Zanichelli, Carlucci segnala, insoddisfatta, un passaggio sui gulag sovietici. Sgraditi anche i ritratti di Togliatti, Berlinguer e De Gasperi ne «La storia» di Della Peruta-Chittolini-Capra, edito da Le Monnier. Ancora: tracce di comunismo individuate nel volume III di De Bernardi-Guarracino, edito da Bruno Mondadori. Davvero basta un nonnulla per finire all´indice. Per esempio, la coppia Ortoleva-Revelli descrive in «L´età contemporanea» (Bruno Mondadori) il «rigore morale» di Oscar Luigi Scalfaro. Lista nera, cartellino giallo. Marco Revelli, imputato, la prende come va presa: «Sì, ho parlato di rigore morale. Scalfaro non ha mai fatto il bunga bunga. Questa cosa della commissione è al di là del bene e del male in un contesto ormai fuori controllo. Essere messo nella lista nera da un branco di ignoranti mi fa piacere, è come ricevere una medaglia».
Sarebbe anche disonesto prendersela con la sola Carlucci. La sua proposta di legge infatti ha riscosso ampio consenso nel Pdl. Hanno firmato già 19 deputati tra cui Emerenzio Barbieri, capogruppo Pdl in Commissione cultura, cui Wikipedia attribuisce un´interrogazione per lamentarsi della mancanza di un parrucchiere gratuito a Montecitorio per le parlamentari. Nell´intento dei promotori, la Commissione d´inchiesta dovrebbe stanare i libri «faziosi», «partigiani», come li definisce Carlucci. Libri che oscurano la grande figura del Capo e «osannano lo schieramento di sinistra». Piovono reazioni e aggettivi. «La proposta è desolante e vergognosa. Va ritirata», liquida il Pd, mentre la Cgil parla di maggioranza «imbarbarita, fobica e illiberale». Carlucci è serena: «Non vedo lo scandalo. Voglio solo fare chiarezza in una materia molto delicata».

La Repubblica 13.04.11