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"In Europa crescono disuguaglianza e ingiustizia sociale", di di Thorbjørn Jagland

Strasburgo – Non è ancora un anno che sono alla guida del Consiglio d’Europa e sono già molto angosciato per il trend negativo dei diritti umani che percepisco in molti dei 47 paesi che aderiscono alla nostra istituzione, la più antica del continente, preposta alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. Vedo all’orizzonte spettri di cinismo, discriminazione, egoismo, mancanza di sensibilità e umanità. Purtroppo l’Europa sta cambiando, soprattutto nei confronti dei più deboli, dei poveri, degli emarginati, dei diversi. Disuguaglianza e ingiustizia sociale sono ormai tristi realtà molto diffuse.

Purtroppo la crisi in atto ha accentuato il divario tra le classi sociali. Talvolta i problemi economici globali sono addirittura una scusa per calpestare i diritti umani e prevaricare chi è già infelice, indipendentemente dalla crisi. Basta pensare che in Europa 150 milioni di persone su 800 – è l’allarme recentemente lanciato dal Commissario per i diritti umani Thomas Hammarberg – vivono al di sotto della soglia della povertà. Significa che il 20% dei cittadini europei hanno seri problemi di sopravvivenza. Per costoro, quindi, non c’è democrazia né godimento di diritti umani. Per di più aumenta la denutrizione infantile, anziani e disabili vivono in condizioni di estremo disagio, certe etnie come i Rom e gli extracomunitari vivono ai margini della società.

Tutte queste categorie – e i loro problemi esistenziali – sono ignorati dalla politica e dall’informazione. Tanto che – pur essendo spesso vittime di prevaricazioni, soprusi e violenze – non denunciano neppure i reati subiti perché non si fidano né della polizia né dei giudici. A tutto questo – un panorama deludente e molto preoccupante – si aggiunge la corruzione, ora molto diffusa, troppo.
Inoltre, i poveri e gli emarginati debbono pagare per avere protezione e servizi che dovrebbero essere liberi, in regime di solidarietà come quello in cui pretendiamo di vivere. La crisi economica – come dicevo – non fa che peggiorare il disagio, fornendo ai politici l’alibi per colpire le vittime della società, anziché soccorrerle.

Si aprono dibattiti, come quello sul burqa o il referendum sulla costruzione dei minareti, per distogliere l’attenzione dai veri problemi e creare l’impressione che il problema siano le vittime, gli altri, i diversi. Così vengono ignorati, anche dall’Italia, i divieti della Corte europea dei Diritti dell’Uomo a deportare, in paesi come la Libia e la Tunisia, i richiedenti asilo politico. I paesi ricchi agiscono con egoismo: la Norvegia – il mio paese – respinge i rifugiati in Grecia, mentre la Svezia rimanda i Rom in Kosovo.
Per vivere in una società multiculturale dobbiamo sviluppare uno spiccato senso di identità. Ma la crescente disoccupazione e l’emarginazione sono causa di perdita di identità. Quindi, la gente sente il bisogno di opporsi agli altri, a coloro che occupano una parte di territorio e di occupazione (anche se svolgono lavori che gli europei disdegnano). Ecco il terreno più fertile per gli estremismi e il loro messaggio di odio e disprezzo. E’ quello che accadde negli anni 30 nello scorso secolo. Non dimentichiamolo perché non si ripetano gli orrori del passato.

Il primo provvedimento è di ristabilire la giustizia sociale. Un test chiave sulle intenzioni dei governi è il Protocollo n. 12 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo col quale la discriminazione è considerata un reato. Tutti i paesi lo hanno ratificato? L’unanimità dei 47 stati europei sarebbe un messaggio forte e chiaro nel 60° anniversario ella Convenzione (che fu firmata a Roma il 4 novembre 1950), il messaggio che ci vuole in questo momento critico per gli equilibri sociali in tutto il continente.

(Thorbjørn Jagland è Segretario Generale del Consiglio d’Europa)

Il Sole 24 Ore 08.08.10