attualità, politica italiana

"La destra anarchica e i rischi per il paese", di Giorgio Ruffolo

Per non essere sopraffatti da quello che Giorgio Napolitano ha definito il “bailamme” in cui è precipitata la condizione politica del paese, bisogna tentare di districare dal gioco degli inganni e dalle scandalistiche “rivelazioni” le grandi costanti che rendono comprensibile la storia politica del paese.
Lo fa lucidamente Eugenio Scalfari quando individua la più importante di queste costanti: «il fiume carsico» di una destra anarcoide, che può assumere attraverso il tempo forme apparentemente contraddittorie, come quelle del totalitarismo fascista e quella del privatismo berlusconiano, ma sostanzialmente omogenee nel populismo: e cioè nel disprezzo delle istituzioni democratiche e nella delega dell´azione politica a un capo carismatico. Niente di più illiberale. Pure, grandi pensatori liberali come Benedetto Croce sostennero, quest´ultimo per breve tempo, il fascismo. Non c´è da stupirsi se oggi liberali meno insigni sostengano il berlusconismo.
Il populismo privatistico è dunque la forma berlusconiana della costante anarcoide della destra italiana. Una novità importante è costituita dalla sua alleanza con l´altra forza dirompente emersa nella storia recente del nostro Paese: la Lega. Insieme, queste due forze rappresentano una minaccia di disgregazione della democrazia e dell´unità nazionale.
Ora, è proprio questa minaccia (lasciamo stare le ambizioni personali, sarebbe strano che non vi fossero) che ha motivato Fini e una pattuglia della destra nel tentativo di frenare questa deriva e di fare emergere una destra liberale e democratica: insomma, una destra “normale”.
Come reagiscono i “liberali di casa nostra”? Esortando Gianfranco Fini e i suoi a rientrare nella disciplina berlusconiana per scongiurare crisi e ricorso alle elezioni. Non un «rientro all´ordine» ma piuttosto, data la natura anarcoide del berlusconismo, un «rientro al disordine».
E la sinistra? Che cosa propone la sinistra «riformista»? Di liberarsi di Berlusconi, grazie a una maggioranza che non esiste. E che, se mai esistesse, diverrebbe subito il più ambito bersaglio della demagogia berlusconiana. Non mi sembra una grande idea.
Sia ben chiaro. Andrea Manzella ha perfettamente ragione quando afferma che è in Parlamento, e non in un ricorso continuo alle elezioni, che si formano e si ricompongono, democraticamente, le maggioranze.
Ma qui si tratta di sapere se ci sono, o no, le condizioni politiche per nuove maggioranze. In caso di crisi, questa prerogativa appartiene esclusivamente al Capo dello Stato. E non vi sono dubbi che in tal caso egli la eserciterebbe con il consueto rigore. Ma tocca alla sinistra, come a tutte le parti politiche, manifestare la sua posizione nel merito.
Penso che la proposta di un governo di transizione tradisca la paura di perdere. Che è il miglior modo di perdere effettivamente, sia che non sia possibile realizzarla; sia, soprattutto, che lo sia.
Mi pare che abbia ragione Ilvo Diamanti (Repubblica, 9 agosto). Non dobbiamo temere le elezioni, che sono l´occasione di recuperare finalmente una iniziativa politica smarrita affrontando i grandi problemi del Paese, dalla economia al federalismo alla giustizia, con proposte chiare e distinte. Dobbiamo temere assai più «l´assenza di alternative e di speranze», il silenzio della sinistra, salendo su un vascello fantasma.
Silvio Berlusconi è una minaccia provvista ancora di un largo consenso. Lo si deve affrontare e battere in campo aperto, non lo si può sgambettare.

La Repubblica 13.08.10