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"Veneto come la Catalogna, bufera su Zaia", di Nicola Pellicani

L´opposizione: statuto secessionista. Bossi: Stato delinquente, l´Idv lo denuncia. Il no dei finiani: così i residenti saranno favoriti nei concorsi pubblici. C´è la bandiera con il leone, c´è l´inno, ci sono gli ambasciatori. Ma ci sono soprattutto “i veneti”, che vengono prima di tutti gli altri. La maggioranza di centrodestra, guidata dal leghista Luca Zaia presenta la bozza dello statuto regionale, ed è subito polemica. Il presidente è stato di parola: “Prima i veneti” era lo slogan della sua campagna elettorale che l´ha portato a stravincere le elezioni, ma adesso quello slogan potrebbe diventare uno dei punti di forza dello statuto. Basta leggere l´articolo 4 (comma 6): «La Regione si adopera in particolar modo a favore di tutti coloro che dimostrano un particolare legame con il territorio». Tradotto significherà avere una corsia preferenziale nei bandi per la casa, nei concorsi e così via.
Del resto l´articolo in questione è coerente con la politica leghista, un po´ meno con quella del Pdl, ma la bozza dello statuto è ora nero su bianco, come annuncia euforico lo stesso Zaia: «Prima il Veneto: è evidente nel testo questo principio che ispira la nostra azione politica, che non è affatto sinonimo di egoismo, ma della volontà di riconoscere la nostra identità. Siamo a uno spartiacque cruciale nella storia del Veneto – annuncia – con questo statuto abbiamo l´occasione di dare al popolo veneto la sua Carta fondamentale, e di fare della nostra regione un avamposto di modernità che abbia come suo faro illuminante il federalismo e le sue radici nell´identità condivisa della nostra comunità. È uno di quei momenti in cui un governatore può dire di essere orgoglioso della sua squadra».
Già, governatore. È l´altra novità contenuta nello statuto. La parola nuova: non più presidente della Regione, come sta scritto nella Costituzione, bensì governatore. Il Veneto come la Catalogna. Una volta scelto l´inno e gli ambasciatori, il governatore potrà contare su uno statuto che gli offre la possibilità di mettere la fiducia, per rendere più agevole l´azione di governo e scongiurare l´eccesso di manovre ostruzionistiche da parte dell´opposizione. L´obiettivo di Zaia è approvare lo Statuto entro marzo 2011. «Se entro un anno non approviamo lo statuto, mi dimetto», aveva detto all´indomani dell´incoronazione. Il conto alla rovescia è partito, anche se questa bozza arriva dieci anni dopo la prima, presentata con altrettanto entusiasmo dall´ex presidente della Regione Giancarlo Galan – rivale in tutto e per tutto di Zaia – si vantò di essere stato il primo in Italia a tagliare il traguardo. La realtà è che oggi il Veneto, assieme a Molise e Basilicata, è l´unica Regione a non avere ancora la sua “carta”.
Intanto, l´opposizione spara a zero contro la bozza-Zaia. Le parole più dure arrivano dall´Idv. Mentre da Messina il segretario dell´Italia dei Valori Salvatore Mammola, con la benedizione di Di Pietro, presenta l´ennesima denuncia a Bossi per vilipendio (il Senatùr aveva parlato in un comizio di «Stato delinquente che ha portato via le risorse al Nord»), tocca a Leoluca Orlando bollare come «razzista e secessionista» la bozza di statuto del Veneto. Critiche anche dal Pd. «La Lega si attarda su problemi inutili buoni solo a distogliere l´attenzione dalla crisi» – dice il veneziano Davide Zoggia, responsabile nazionale degli Enti Locali – Se gratti sotto il verde, ormai trovi solo la ruggine». Per il finiano Benedetto Della Vedova è invece «irragionevole, affermare il principio secondo cui prima vengono i veneti. È una formula inconsistente». Critica anche l´Udc: «I principi fortemente autonomisti enunciati in quella bozza – dice Antio De Poli – nel migliore dei casi rimarranno parole al vento».

La Repubblica 13.08.10